Seraphine, consorte del Re Damien della Corte del Tramomto, campo di addestramento della Corte, Shattevel.
"Alza il mento, Seraphine." Il rimprovero di Cedar si aggiunse ai cento che incassavo da due ore. "La guardia."
Mi stufai, feci un passo indietro e buttai i guantoni per terra. Tutti i guerrieri all'interno della palestra si voltarono verso di me e l'essere coperta solo da un paio di pantaloncini di pelle ed una maglia di pelle, sembrava che qui adorassero questo tessuto per allenarsi, non migliorava la situazione, così come non migliorava la situazione il ringhio di Damien a pochi passi dal ring.
"Due ore, Cedar," ringhiai. "Due ore e non ho combinato niente."
Aprii e chiusi le mani di scatto.
"Sei ancora troppo concentrata sui passi e sulla coordinazione, è ovvio che ti risulta difficile comprendere i meccanismi del-
"Ancora." Agguantai di nuovo le protezioni e mossi il capo verso di lui, facendo oscillare la coda lunga. "Ancora, Cedar."
Il Fae guerriero sollevò i pad contro cui avrei dovuto colpire e fui così focalizzata nel mio compito, che non mi accorsi del potere che iniziò a fluire nelle mie mani. Solo quando colpii con le nocche nude la gomma, mi fermai ansimante.
"Seraphine?" Cedar mi prese le mani tra le proprie e tra le mie dita guizzò ancora un po' di energia. "Seraphine, forse dovremmo fare una pausa, così ti farai solo del male."
Prima che potessi replicare, da un portale, di cui ignoravo completamente la presenza, caddero due uomini insanguinati. In meno di mezzo secondo, Damien si precipitò verso il groviglio di gambe, piedi e braccia, ma grazie al mio occhio clinico allenato in Accademia potei osservare con preoccupazione lo stato del guerriero che urlava come se lo stessero torturando davanti ai nostri occhi.
Saltai fuori dal ring e mi feci spazio tra la gabbia di muscoli, che si era creata intorno ai due uomini. Il primo, quello che sorreggeva il ferito peggiore, blaterava circa le barriere e le perlustrazioni, ma la mia attenzione si focalizzò sull'uomo pallido e cianotico sdraiato sul pavimento. Agii senza pensare: mi allungai verso Damien e gli strappai la cintura dalla blusa, gli tolsi le armi e-
"Che diavolo stai facendo?" Cedar mi bloccò a metà del mio lavoro. "Un guerriero è andato a chiamare il medico."
"Certo," sbuffai una risata e tolsi l'ultimo pugnale. "E se aspettiamo altri cinque minuti come minimo morirà dissanguato. È recisa l'arteria femorale"—mi chinai sul ferito, improvvisamente conscia del silenzio e degli sguardi sulle mie mani—"se non si blocca la fuoriuscita di sangue rischia l'amputazione." Con movimenti decisi, perché non era la situazione adatta per farsi sopraffare dal panico, passai la cintura intorno alla coscia dell'uomo, che grugnì dal dolore. "Lo so, a breve finirà tutto." Mi sporcai le mani di sangue e strinsi con quanta più forza possibile la cintura ed iniziai a premere con entrambe le mani; sollevai lo sguardo ed incontrai quello di Damien. "Avete delle garze, del disinfettante e un antidolorifico?"
Ripresosi dallo shock annuì e ordinò ad un soldato di portarmi il tutto.
"Come ti chiami?" Domandai al ferito, sperando che mi rispondesse. "Ragazzo, come ti chiami?"
Lo scossi un po' perché mi parve fin troppo pallido e gli tastai il battito sulla giugulare: lento, ma presente.
"K-Kalashtar," mugugnò il ferito con gli occhi chiusi ed io sorrisi mentre accettai le garze dal guerriero che era andato a recuperarle. "Kalashatar, Vostra Grazia," soffiò con lo sguardo poco lucido.
"Kalashtar, puoi chiamarmi Seraphine." Il plotone alle mie spalle sussultò. "Ascoltami bene, Kalashtar, dovrò pulirti la ferita e potrebbe bruciare, okay?" Spruzzai un po' di disinfettante sulla garza. "Damien"—sollevai lo sguardo sul mio compagno, che fece un passo avanti—"tienigli ferma la testa per favore." Damien eseguì il mio ordine. "Allora, Kalashtar"—alzai volutamente il tono della voce—"ti ricordi per caso quale fosse lo scopo della missione?" Dovevo farlo parlare, dovevo farlo parlare e mantenerlo lucido il più possibile, o non sarebbe sopravvissuto, non con quel brutto squarcio. "Cedar, tieni le mani sulla ferita e premi." Anche lui eseguì il mio ordine e quando applicai la garza, il ragazzo iniziò a sussultare. "Kalashtar, il motivo."
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THE FALLEN | A Gods' Novel
AdventureSerrise era il luogo in cui ero nata e cresciuta, o almeno così avevo creduto per i primi cento anni della mia esistenza; la Città Celeste era una delle poche e caratteristiche costruzioni che conoscevo di Shattevel, il nostro mondo, e questo perchè...