Seraphine, consorte di Damien, Re della Corte del Tramonto, Terre Mortali, Shattevel.
Incontrai lo sguardo di Damien solo per pochi brevissimi istanti e poi finsi. Finsi e seppi, nel momento in cui presi quella decisione, che i quattro guerrieri ci sarebbero rimasti male; anzi, che sarebbero impalliditi pensando ad un mio tradimento, ma avevo un'unica occasione per salvarli tutti. Per salvare la mia famiglia in quella circostanza. Quindi, deglutii e finsi.
Calcai la maschera della cherubina perfetta che avevo lasciato cadere quando avevo messo piede a Serfall e incontrai lo sguardo duro di Micheal.
"Micheal?" Mi portai una mano al petto e mi girai verso di lui con occhi allucinati, cercando di non far scorgere i canini. "Micheal?" Due grosse e finte lacrime mi scivolarono lungo le guance. "Oh, Micheal." Feci un passo verso l'angelo, la cui espressione si addolcì alla vista del mio panico, ma Florian bloccò il mio avvicinamento all'arcangelo per un braccio. "Lasciami andare."
Lo strattonai ed intontito, come il resto dei guerrieri, mi lasciò percorrere la distanza che mi superava dall'arcangelo gongolate in trionfo. Soffrii e quasi quelle lacrime furono vere perché da Damien giunse una strana sensazione acida, quasi come limonata andata a male sulle papille gustative, di angoscia e incomprensione, ma non potevo svelare nulla, non quando avevo quel pugnale ed una posizione di vantaggio. Sarebbe stato semplice fargli male con i miei poteri, ma non sarebbe bastato, non per porre fine alla sua stupida vita immortale e la mia rabbia non sarebbe stata placata, non fino a quando tutti sarebbero morti. In quel momento agognavo vendetta, una vendetta così cieca, che minava la mia lucidità.
"Cosa ti hanno fatto, Seraphine?" Mi sollevò il mento con le mani. "Cosa?"
Nel momento di stupore generale, Micheal non si accorse di essere in minoranza ed io sfruttai quel vantaggio.
"Non lo so," bisbigliai e gli presi le mani, sapendo che poteva percepire la mia angoscia e paura, ma non il motivo di essa. "Non lo so, io-io non-non ricordo nulla."
E forse a causa della sua parte non ancora danneggiata, non ancora persa nel suo potere come lo era Raphael, non si accorse delle mie bugie.
"Adesso torniamo a casa, okay?" Mi abbracciò di slancio e le sue ali sfrigolarono. "Andiamo a casa, Seraphine."
Annuii nel suo abbraccio, ma prima che potesse aprire le ali e scomparire, la mia mano scivolò all'interno della mia coscia. Non udii le minacce dei quattro guerrieri dietro di me, mi estraniai, ma forse solo Cedar, alla mia destra, si era reso conto del mio sottile movimento e cercò di guadagnare un po' di tempo.
Mi stava concedendo del tempo per agire.
Un mio angolo della bocca si sollevò verso l'alto e con l'ennesimo insulto percepii un accenno di sorriso anche nel tono di Cedar; quasi sospirai dal sollievo. Mi concentrai, arricciai le mani sull'elsa del pugnale ed esclusi qualsiasi altro rumore dalla mia testa.
Con estrema lentezza sollevai il braccio e quando puntai al cuore del guerriero, inclinai la testa verso di lui. I suoi occhi si spalancarono nel momento in cui comprese che cosa stesse toccando le maglie della sua armatura, ma spinsi senza donargli il tempo di comprendere il mio gesto.
Spinsi la lama fino all'elsa, la spinsi fino a quando non potei spingerla oltre e durante quell'azione, lo guardai dritto negli occhi con un sorrisino di pura vittoria e la mia integrità si ruppe, valicai quella sottile linea che mi aveva permesso di non crollare, di non vendicarmi e divenni l'erede di mio padre. Lasciai libero il mio potere imbrigliando l'arcangelo e quando ritrassi la lama, sobbalzò solo leggermente. Senza pensare, spinsi la mia mano tra le carni di Micheal e mi obbligai a non registrare le informazioni degli organi che stavo toccando.
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THE FALLEN | A Gods' Novel
AdventureSerrise era il luogo in cui ero nata e cresciuta, o almeno così avevo creduto per i primi cento anni della mia esistenza; la Città Celeste era una delle poche e caratteristiche costruzioni che conoscevo di Shattevel, il nostro mondo, e questo perchè...