Faylen, figliastra del Re di Gwindililing, biblioteca della Corte dei Sospiri, Corte dei Sospiri, Shattevel.
Rabbrividii di fronte a quel buio sconfinato e a quegli immensi scaffali. Rabbrividii nell'udire le ombre bisbigliare negli angoli più bui della biblioteca; si raccoglievano, si raggomitolavano e frusciavano contro gli stipiti in legno, sibilando come dei serpenti a sonagli pronti ad attaccare. Si avviluppavano e sembravano volermi inghiottire e inghiottire tutto ciò che incontravano nel proprio cammino. Chiusi gli occhi e la mente.
Da quanto tempo ero lì? Perché l'emissario mi aveva abbandonata in una biblioteca buia? In un luogo che mi ricordava troppo bene la mia prigionia a Gwindililing durante la pubertà? E quella vampira, Cornelia, perché non la smetteva di studiarmi come se dovesse decidere quale parte di me iniziare a mangiare per prima?
"Ho bisogno del tuo aiuto, silfide." Il suo tono strascicato non mi tranquillizzò, così come la strana luce che brillò nei suoi occhi quando incontrò il mio sguardo impaurito. "Sei qui per un motivo ben preciso, quindi alzati da quel divano e aiutami."
Mi portai le ginocchia al mento e mi rannicchiai ancora di più sul piccolo divano rosso sgualcito, l'unico che godeva della luce di una piccola lampada ad olio incastonata nel legno della biblioteca. Studiai con circospezione le figure incappucciate che si muovevano fra gli scaffali e mormorai una preghiera agli spiriti di Gwindililing.
"Hai perso la lingua?" La vampira si chinò su un grosso tomo e il suo abito scuro seguì docile quel movimento, rivelando la sua magrezza. "Allora?"
Incontrai i suoi occhi millenari e deglutii terrorizzata.
"Non siamo sole," bisbigliai.
"È una biblioteca," mi rispose la vampira con ovvietà, come se stesse parlando con un idiota. "Non potremmo essere sole nemmeno se lo volessimo." Chiuse un tomo e ne aprì un altro. "Mallorik, il re di questa Corte, ci permette di usufruire della biblioteca in cui le sue sacerdotesse vivono e, se fossi in te, non vorrei far arrabbiare nessuno, la situazione è troppo precaria." Sospirò. "Fin troppo precaria per un bel faccino come te, Mera sarebbe molto contenta di averti come bocconcino."
"Mera?"
"Niente di cui preoccuparti"—fece scintillare i canini—"o almeno per adesso." Si sistemò la crocchia con movimenti studiati. "Se ci aiuti, non dovrai mai vedertela con Mera, ma se non ci aiuti, probabilmente è lì che Damien ti spedirà."
Deglutii e mi guardai in giro. Mi rannicchiai ancora di più dentro il divano e respirai a fondo, ignorando la velata minaccia di quella vecchia pazza.
"Non posso," bisbigliai. "Non posso."
"Non dirmi che una fatina ha paura del buio?" Sorrise alla sua battutina. "Gwindililing non è tenebrosa?"
Sfarfallai le palpebre e chiusi la bocca in una lunga linea rigida: ebbene sì, avevo paura del buio, ma non perchè fossi fifona, più perché quel buio era stato una parte costante nei miei mesi vicino alla pubertà, insieme a molto molto molto altro. Cornelia dovette aver intravisto qualcosa nella mia espressione, qualcosa di oscuro e terrificante, tanto che la sua espressione si addolcì un poco. Prima che potesse continuare nel suo discorso, la porta da cui l'emissario mi aveva scaraventato dentro senza alcuna premura, si aprì con un cigolio; saltai sull'attenti pronta a fuggire, ma l'espressione di Drystan e tutto quel sangue sull'armatura mi bloccarono a metà strada.
Dovetti abbracciarmi il corpo con forza per impedirmi di fiondare tra le sue braccia, barcollai all'indietro e mi abbandonai sul divano senza vita. La porta dietro le spalle del Fae si era chiusa con forza e senza degnarmi di uno sguardo era avanzato dritto alla scrivania in cui Cornelia stava sistemando le carte. Mi portai di nuovo le gambe al petto e scrutai con attenzione il buio, alla ricerca di una possibile minaccia.
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THE FALLEN | A Gods' Novel
AdventureSerrise era il luogo in cui ero nata e cresciuta, o almeno così avevo creduto per i primi cento anni della mia esistenza; la Città Celeste era una delle poche e caratteristiche costruzioni che conoscevo di Shattevel, il nostro mondo, e questo perchè...