XVI

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Faylen, figliastra del re di Gwindililing, Regno di Gwindililing, Shattevel.

Il mio urlo mi rimbombava ancora nelle orecchie quando due calde labbra lo soffocarono con prepotenza, ma il contatto con la soffice bocca si interruppe troppo presto, troppo precocemente da non poter nemmeno registrare il potente corpo del mio salvatore premuto contro alla blusa che indossavo.

"Faylen?"

La voce roca del Fae che mi stava di fronte mi risvegliò dal mio stupore e come colta da una frustata feci un passo indietro. Sollevai le palpebre e lo osservai, salvo poi ritornare in me e regalargli una bella cinquina su quel volto assolutamente perfetto. Drystan accolse il mio affronto con una luce impertinente in quei due occhi argentei, che si nascose nel nero della pupilla ancor prima di poterla analizzare.

"Come, Come ti sei permesso?" Mi morsicai il labbro inferiore ed imprecai, perché il suo sapore era ancora impresso sulle mie labbra, nonostante il contatto fosse stato breve, troppo breve e quel sapore buono, troppo buono per ignorarlo. "Perché diavolo hai dovuto farlo?" Scrollai la testa cercando di allontanare il fantasma di quel tocco e di concentrarmi sul nostro compito.

"Dovevo farti smettere di urlare e non avevo molte opzioni a disposizione." Si guardò intorno, prestandomi poca attenzione. "Stavi urlando, Faylen e non era un urlo qualsiasi, era un urlo di puro terrore." Si spostò per lasciarmi respirare, come se quel contatto tra di noi non avesse significato assolutamente nulla, come se a lui non fosse rimasto l'eco di quella dolcezza e- "Dovevo farti smettere."

Un'altra frustata e forse più forte della precedente. Raddrizzai la schiena e sollevai il mento.

"La camera è insonorizzata; nessuno avrebbe udito alcun suono, nessuno ha mai udito nulla." Repressi un brivido e atteggiai la mia espressione ad una blandamente annoiata e impassibile, che non aveva nulla a che spartire con l'urlo disperato che era erotto dalla mia gola poco prima. "Dobbiamo andare."

Drystan mi agguantò per il polso.

"Se hai bisogno di tempo, possiamo aspettare." Non mi sforzai a comprendere quale sentimento galleggiò nei suoi occhi, ma deglutii un paio di volte sperando di risultare convincente, almeno ai suoi occhi. "Possiamo aspettare," continuò.

"Non abbiamo tempo." Non lo guardai quando mi liberai dalla sua presa, come non osservai gli attrezzi che per troppi anni avevano solcato il mio corpo, le catene che mi avevano tenuta prigioniera durante un atto che sarei arrivata a ritenere, anni dopo, quasi automatico come riempire un bicchier d'acqua... "Dobbiamo muoverci."

Mi concentrai e permisi al mio potere di ritrovare la via dentro di me, di fluire placido all'interno delle mie vene, assopito e dormiente. Perché io comandavo il mio potere e lui docile mi ubbidiva come un fedele compagno, a me sola e questo era un dato di fatto che nessun uomo in questa stanza nel corso degli anni era riuscito a modificare. Una certezza. Il potere che scorreva dentro di me e che era una gentile eredità della mia povera madre, era sempre stato un punto saldo in cui ritrovarmi, ogni volta che la brutalità della mia vita al Regno di Gwindililing mi soverchiava tanto da non permettermi di respirare regolarmente.

Chiusi gli occhi e mi concentrai sui lineamenti di Madeleine e mi trasformai; percepii lo strappo qualche secondo dopo e le mie gambe arcuarsi per emulare le zampe caprine. Mi mossi con discrezione all'interno della stanza e seguita a ruota da Drystan, troppo silenzioso per essere un emissario a cui piaceva dar ordini, uscii e ricominciai la discesa verso la biblioteca.

Non ci volle molto e per fortuna non incontrammo nessun ostacolo. Poco prima di varcare la soglia della biblioteca in quercia, modificai di nuovo il mio aspetto e nascosi i miei lineamenti al di sotto di un grosso mantello nero ed una maschera anch'essa scura, che ritraeva una farfalla con le corna: lo stemma di Gwindililing, parte della tenuta che gli storici utilizzavano abitualmente.

THE FALLEN | A Gods' NovelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora