XXVII

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Seraphine, consorte di Damien, Re della Corte del Tramonto, Corte del Tramonto, Shattevel.

Mi sdraiai sul lettino e scrutai con attenzione il medico di Corte con interesse, studiando la sua fisionomia: era piccolino e tarchiatello, con un viso tondo e simpatico, ma quell'aggeggio che era andato a recuperare nello stanzino adiacente, mi aveva sbloccato una serie di brutti ricordi, difficili da dimenticare, legati alla mia vecchia vita nella Città Celeste; d'istinto scivolai giù dal lettino ed inciampai tra le gambe di Damien.

"Non posso." Cercai di avventarmi sulla porta per uscire dallo studio medico, ma il braccio di Damien bloccò la mia ritirata. "Non posso, Dames, non posso." Mi portai una mano al cuore. "No, io non posso."

Il bel Fae si chinò sul mio orecchio e venni circondata dal suo calore, dalla sua presenza e dalla sua forza.

"Ripetilo, tesoro."

"Che-Che cosa?" Sussurrai in preda al panico. "Cosa dovrei ripetere?"

"Come mi hai chiamato?" Mi fece scivolare una mano tra i capelli e notai che il dottore aveva momentaneamente abbandonato l'ambulatorio. "Chiamami di nuovo in quel modo." La sua mano si fermò sul mio fianco destro in maniera possessiva.

"Dam?" Corrugai le sopracciglia e spalancai la bocca quando compresi il significato delle sue parole. "Dames."

Il suo mento si appoggiò sul mio capo.

"Di nuovo," bisbigliò. "Ripetimelo di nuovo."

"Dames," bisbigliai e mi lisciai il camice. "Non ci riesco."

Mi abbracciò e mi prese la mano.

"Ce la faremo." Mi sistemò una ciocca di capelli ghiaccio dietro l'orecchio. "Come abbiamo sempre fatto tutto, tesoro. Abbiamo superato giorni di cammino nella neve, l'isolamento nella baita in montagna, quando siamo stati portati a riva dalla sirena... tesoro, non c'è niente e dico niente su questa terra che potrebbe dividerci e non solo perché il nostro legame l'ha voluto la Dea Viktoria, ma perché te l'ho promesso tanto tempo fa. Sei l'unica e la sola che abbia mai pensato a me come Damien e ti ho giurato che niente e nessuno ti avrebbe mai fatto del male." Mi aiutò a sdraiarmi sul lettino. "Quindi, supereremo anche questo, insieme."

Annuii un po' titubante, chiusi gli occhi e inspirai profondamente.

"D'accordo." Gli presi la mano. "Ma non mi lasciar affogare."

"Mai." Si girò verso la direzione in cui il povero dottore era uscito. "Dr. Cross, siamo pronti."

La porta si aprì e l'ometto ci sorrise.

"Siamo pronti, Vostre Altezze?"

Guardai un'ultima volta gli occhi argentei e amaranto di Damien, per poi annuire e stringergli la mano con più forza.

"Certo, dottore." Sorrisi all'impiegato di Corte che mi passò un bicchiere con una liquido violaceo. "Che cosa è?" Domandai tenendo sempre ben salda la mano di Damien.

"È una pozione per riuscire a studiare il bambino." Fu Damien a rispondere con tranquillità. "Non so cosa si utilizza alla Città Celeste, ma non è nulla di pericoloso."

Sostenni il suo sguardo per qualche minuto e al segno di assenso del medico, mi portai il bicchiere alle labbra, deglutendo senza avere il tempo di percepire il sapore fin troppo dolciastro. Qualche secondo dopo, le mani del medico si appoggiarono sul mio ventre e grazie alla magia venne proiettata una specie di bolla violacea, in cui era possibile osservare un... mi allungai, colpita dalla bolla... era un... una specie di pisellino. Una lenticchia, non più grande di un seme di papavero.

THE FALLEN | A Gods' NovelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora