XVIII

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Lucifer, Dio della Fiamma della Creazione. Altromondo.

Nell'Altromondo Lucifer, o Ares, come aveva deciso di farsi chiamare da quando il Padre era stato ucciso dalla Madre, sapeva, che non appena avesse aperto gli occhi, si sarebbe ritrovato a dover fronteggiare quel pesante velo nero dietro il quale la Dea della Creazione si nascondeva. Doveva trovare la forza di affrontarla, di superare l'affronto e cercare Apollo, perché doveva radunare un gruppo di Dei al più presto possibile per capitanare le forze del Re Damien.

Non potendo procrastinare oltre la durata del tranquillante che Ercole gli aveva preparato, sfarfallò le palpebre e con gesti lenti si sollevò dal piccolo divano. Percepì lo spostamento d'aria ancor prima che la Madre calasse impietosa la mano sulla sua guancia.

"Dovrai risponderne, Lucifer."

Il Dio si leccò il labbro inferiore e nonostante la vista annebbiata cercò di ghignare feroce verso la direzione in cui la Madre doveva trovarsi.

"Questo e altro pur di salvare mia figlia." La voce gli uscì arrochita, ma riuscì nel suo intento. "Sempre."

"Prendetelo e portatelo in piazza." Due grosse guardie che la Madre era riuscita a trasportare durante l'esilio lo sollevarono dal giaciglio. "Legatelo al centro e avvisate tutti i miei figli che questa sera al tramonto avverrà la sua fustigazione."

Ares non permise al terrore di offuscargli la mente. Durante la sua vita millenaria più e più volte aveva dovuto avere a che far con questo tipo di punizioni, quindi non era quello il suo problema, quanto più che il salvataggio di sua figlia e della discendenza del Fae più forte degli ultimi duemila anni dovesse attendere ancora. Sollevò il capo ed incontrò gli occhi adombrati di Ercole.

È ora sillabò per poi farsi scortare lungo il piccolo villaggio in cui era stato esiliato insieme alla sua famiglia; non l'avrebbe data vinta a quella pazza squinternata, non quando poteva essere a poco dalla sua liberazione, da quella di Helentya, dal salvare sua figlia e da redimere Shattevel; non quando avrebbe potuto mettere un punto alla parola sopruso, non quando... le catene gli graffiarono la carne, così come il terreno sterrato sulle ginocchia, ma non avrebbe implorato o piagnucolato.

Sollevò il capo e sorrise.

"Non avrete la soddisfazione di udirmi pregare, Madre." Penetrò il velo nero con un'occhiata omicida. "Nemmeno una singola ed insulsa preghiera nei vostri confronti."

La Dea fremette all'interno del suo vestito nero. "Sei sempre stato il più indisciplinato."

"Felice che l'abbiate riconosciuto."

"Ma, Lucifer caro, anche i bastardi della cucciolata finiscono per rispondere ai propri padroni." La sua mano guantata di nero gli sollevò il mento sbarbato ed impossibilmente immortale. "A suon di bastonate."

Con predatoria lentezza Lucifer espose i canini, che purtroppo non erano così lunghi come quelli di un Fae.

"Allora divertitevi pure, Madre."

L'ultima cosa che Lucifer si ricordò prima che un buio impenetrabile lo inghiottisse, fu un singulto proveniente dalla Dea non più di due passi lontano da lui. Si risvegliò qualche ora dopo, sudato ed incatenato come un cane ad un palo; cercò di tirare le catene in ferro, ma a nulla valse la sua forma fisica.

"Non si romperanno."

La voce melodiosa che Lucifer aveva iniziato ad odiare con il tempo, lo indusse a sollevare la testa di scatto e ringhiare.

"Vattene, Athena." La voce gli raschiò la gola ed un potente desiderio di idratarsi lo travolse. "Vattene via."

La bella Dea della guerra e della saggezza con tutta calma decise di accomodarsi su una panchina della piazza, a pochi passi da lui e sorridergli.

THE FALLEN | A Gods' NovelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora