III

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Cedric Leviassel, Regno delle Weathered Scales, Drackonu Nuileidimas, Mondo Bruciato.

Avevo mentito alla Pricipessa della Corte del Tramonto. Non ero un demone. O meglio, non rappresentavo la loro concezione naturale di demone. Per la verità, ero uno dei figli del Mondo Bruciato, uno di quei regni che parevano completamente dissolti nel nulla nelle guerre precedenti, ma che vivevano floridi non così lontano da Shattevel.

La terra di mio fratello si trovava all'estremo Sud di Shattevel. Era una di quelle isole che nessuno al mondo si era mai sognato di andare ad esplorare. Da una parte perché i mari erano impetuosi e poche delle navi erano riuscite ad arrivare e dall'altra perché non avevamo proprio una bella reputazione.

Possedevamo la strana abitudine di vivere in simbiosi con degli animali irrequieti, del tutto imprevedibili e mortali. I draghi. Il Mondo Bruciato era il regno dei Draghi e noi ci vivevamo all'interno solo per loro gentile concessione. Ma avevamo delle regole ben precise: mai oltrepassare il loro confine e dirigersi nella Valle dei Draghi, li venivano custoditi i più piccoli e quelli che non avevano alcun legame con noi demoni nati con le scaglie sulla schiena. Non tutti erano destinati ad un drago, non tutti erano degni dell'interesse di un drago, ma era accaduto che io e tutti i miei fratelli lo fossimo e questo ci permetteva di essere una delle casate più importanti del mondo bruciato.

Un'altra stirpe che era rimasta nell'ombra era quella delle streghe. Soggiornavano su un isolotto non molto lontano dal nostro e non di rado venivano ad importunarci. Shattevel non ci ricordava. Non ci ricordava perché non ci poteva vedere, perché erano stati condannati ad una guerra con i Titani, ma ora i Leviassel avevano bisogno dell'aiuto della magia pura. I draghi erano irrequieti, in vent'anni si erano seccate più di duecento uova di drago e in salute ne erano nati così pochi che si potevano contare sulle dita di una mano; un numero ancor più esiguo di uomini si univa ai draghi e questo non era un bene per permettere la sopravvivenza di entrambe le specie.

Scrollai la testa e cacciai lontani questi pensieri, la mia missione aveva come scopo il risolvere questo problema, dunque era inutile lambiccarsi il cervello. Mi appoggiai con i gomiti fasciati dalla tuta di scaglie al parapetto e osservai in basso la cava cinerea in cui soggiornavano i draghi. Scorsi Aurelia in pochi secondi, il suo manto di scaglie violaceo e la sua stazza non erano difficili da far passare inosservati; a differenza delle credenze che serpeggiavano tra i popoli, i draghi non ci parlavano nella mente, il mio popolo aveva tramandato la lingua dei draghi. Aurelia schiuse una palpebra viola e nonostante la distanza notai l'occhio giallo fisso nella mia direzione; un mezzo sorriso mi contornò le labbra.

"Kaip laikaisi?", Come stai?

La mia domanda non fu urlata ma solo sussurrata. I draghi avevano un udito invidiale. Per risposta registrai uno sbuffo di fumo grigio che saturò l'aria con altro odore di zolfo; Aurelia chiuse entrambi gli occhi e con estremo impegno spiccò il volo spingendo dalle zampe posteriori. Restavo sempre meravigliato dalla grandezza, con le ali spiegate riusciva a raggiungere i nove metri senza nessuna difficoltà; era uno dei più grossi ma niente a che spartire con il drago di mio fratello, che poteva toccare anche i dodici metri.

A Drackonu Nuileidimas, la nostra città, non tutti amavano i draghi e quando Aurelia piombó sul ponte in marmo che collegava la città al castello di mio fratello, che si ergeva su una scogliera a picco sul mare, molti fuggirono impauriti. A onor del vero, la coda di Aurelia incuteva un po' di paura: lunga die metri e mezzo terminava con una escrescenza bottonuta piena di aculei.

"Ar visada turi taip elgtis?" Devi comportarti sempre in questo modo?

Con un sorriso e una mano guantata per resistere al calore del corpo le accarezzai il collo e si abbassò quel tanto da solleticarle le scaglie dietro le corna verdi. Scoprì lievemente la bocca e scorsi un dente spaccato, scossi la testa e mi chiesi chi avesse azzannato per rompersi un dente grosso quanto un mio dito indice.

THE FALLEN | A Gods' NovelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora