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Seraphine, rinnegata di Shattevel, Castello del Principe Damien reggente di Serfall.

Avevo avuto giusto il tempo di indossare un semplice abito verde, arricchito da due strascichi di tulle che partivano dalle spalle di un dolce color verde mela, prima di recarmi nel luogo in cui Damien avrebbe condotto la riunione. Mi lanciai dentro lo studio e per poco non sbattei contro Rachele.

"Seraphine, la grazia." Il Principe Damien mi fece l'occhiolino e lo raggiunsi sollevando la pesante gonna di velluto. "Sei sempre stata molto graziosa, qualcosa ti turba?"

Le sue labbra si sollevarono in un sorrisino civettuolo.

"Sì, scusate Vostra Altezza." Ma la verità era che l'incontro con Raphael mi aveva davvero destabilizzato. "Solo sfortuna."

Trascorsero un paio di minuti nei quali Cornelia terminò di scrivere degli appunti da un grosso tomo e noi tutti cercammo di intrattenerci, occhieggiando qua e là lo studio sommerso dai libri in un lieve imbarazzo generale, ma fu una doccia fredda quando la vampira parlò.

"Devo vedere le cicatrici." Si avvicinò con letale determinazione come un avvoltoio con la propria preda ed indietreggiai, negando potentemente con il capo. "Devo accedere ai tuoi ricordi."

"No." Avvertii il cuore tamburellare contro la cassa toracica ad una velocità inimmaginabile. "No, no e poi no," dissi con una punta di panico.

"Damien, allora dovrai aiutarmi a tenerla ferma." Cornelia fece un cenno del capo al nipote ed oltraggiata mi infuocai, ma lei continuò imperterrita. "È necessario."

"Non potete!" Tentai di eludere quanto più possibile lo sguardo pietoso degli arcangeli. "È una violazione, è quasi uno stupro." Tremai mentre mi addossavo contro la carta da parati. "Principe Damien, voi non lo fareste mai... voi..."

"Mia cara -

"No!" Urlai. "È doloroso e avreste accesso ad ogni mio singolo ricordo." Mi abbracciai il corpo. "Non se ne parla."

Notai perfettamente il cenno di intesa che Cornelia si scambiò con Damien, ma prima ancora che potessi sfarfallare le palpebre, entrambi i vampiri mi furono addosso e gli arcangeli non fecero in tempo a muoversi, perché l'azione dei due oscuri li colse totalmente alla sprovvista.

"Vi prego," sussurrai sconfitta quando ormai non potevo più ribellarmi alla loro presa. "Vi prego, non fatelo." Abbassai la voce ad un flebile pigolio e sentii il legame sfrigolare all'estremità opposta.

Sollevai il capo e tra i capelli biondi riuscii ad intravedere la furia di Raphael; con un po' del mio potere cercai di infondergli un briciolo di tranquillità, che bastò a rilassarlo il tanto da non agire in maniera sconsiderata. Non poteva permettersi di farsi vedere da Astoria in quella condizione, non quando avevo scoperto fosse la figlia del Presidente del Tribunale Celeste. Semplicemente, non poteva o la sua vita sarebbe stata trattata alla stregua di quella di un insetto.

"Mia cara, devi capire che è l'unico modo per -

Ma quell'antipatica di Cornelia mi squarciò il vestito all'altezza della schiena e mi toccò le cicatrici, ancor prima che Damien potesse terminare la frase. La mia coscienza venne catapultata all'interno dei miei stessi ricordi: vagai senza meta nel freddo della solitudine e del dolore, che avevano contraddistinto il periodo successivo alla sentenza. Rabbrividii quando mi resi conto della nebbia, del nulla e della disperazione che avevano albergato in me in quel lasso di tempo: mi ero sentita completamente sola e abbandonata, in un mondo nuovo, con i miei poteri indeboliti, senza ali e la paura di non farcela. Tutto venne sommerso da una nube bianca e quando riaprii gli occhi venni investita da un altro ricordo: ero all'Accademia Celeste ed insieme a Drusilla stavamo assistendo agli allenamenti degli arcangeli. Con un verso di sofferenza la mia mente deviò la sua attenzione su un ricordo più pregnante e soffocante: il primo giorno in cui avevo incontrato Raphael, più precisamente il primo giorno dell'Accademia Celeste; me lo ricordavo perfettamente, come se fosse successo poco tempo prima e non una sessantina d'anni fa. Quella mattina avevo deciso di indossare un pallido vestitino a fiori verde mela, lungo fino alle caviglie con le maniche lunghe ed una scollatura pudica, avevo raccolto i capelli in una coda alta e folta, sopra la quale avevo appuntato un bellissimo fiocco color crema di una sfumatura in accordo con i miei occhi ambrati. Non ero di origini nobili, tutt'altro, la mia famiglia apparteneva alla classe degli angeli numero tre, quella dei lavoratori, quella che dovevi abbandonare quando raggiungevi la maggiore età per trovare la tua strada all'interno di quell'Accademia, dove eravamo tutti uguali agli occhi degli insegnanti. Una volta che varcavi i cancelli dorati, diventavi un allievo: una nuova entità e da lì in avanti ti saresti dovuto costruire il tuo futuro, dimenticando la tua origine, ma questo procedimento non valeva per i figli degli arcangeli e le loro cherubine. No, loro non erano obbligati ad abbandonare le proprie famiglie durante le feste di Samhain, Yule, Imbolic, Ostara, Beltane, Lithà, Lughnasad e Mabon, anzi, veniva incentivato il rapporto con i loro genitori e il rettore gli concedeva il permesso di tornare a casa durante tali periodi dell'anno.

THE FALLEN | A Gods' NovelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora