capitolo sette

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Finita la cena riaccompagno mamma alla stazione.
"Sei sicura che non vuoi ripartire domani mattina? È meglio secondo me" provo ad insistere io.
"Harry sono grande abbastanza per badare a me stessa, non preoccuparti" continua a dirmi lei.
"Si ma...".
"Harry...".
"Okay, scusa, non lo facevo con cattiveria, ma sai che mi preoccupo".
"Lo so tesoro, ma sta tranquillo, ti chiamo appena arrivo promesso" mi rassicura lei.
"Va bene" le dico e poi la abbraccio.
Ho sempre avuto un rapporto davvero speciale con mamma, fin da quando ero ragazzo, passavamo tutti i pomeriggi dopo aver fatto i compiti a chiacchierare o a fare lunghe passeggiate, lei mi raccontava di quando era ragazza, spettegolavamo insieme delle nostre vicine strane e ci siamo sempre confidati l'uno con l'altro, perciò adesso averla così distante per un lungo arco di tempo è difficile da affrontare, ma prima o poi questo momento doveva arrivare, e d'altronde non è la lontananza che rovinerà il nostro rapporto.
"Ciao amore, ti voglio bene, verrò di nuovo".
"Ti aspetto, ti voglio bene anch'io mamma, ciao" le dico mentre sale sul treno e poi quando parte torno a casa.
A quest'ora i pullman non passano più, quindi sono costretto a farmela a piedi.
Ho decisamente bisogno di una macchina.

Dopo venti minuti di camminata arrivo all'università, salgo le scale e vado verso la camera ma appena cerco le chiavi mi rendo conto di non averle con me.
"Merda" mormoro ricordandomi di averle lasciate sulla scrivania.
"Ti prego fa che sia a casa" dico tra me e me prima di bussare nella speranza che Lou mi apra.
Busso per dieci minuti.
Nessuno apre.
Vado giù al primo piano e vado subito verso la segreteria che ovviamente e chiusa e non posso chiedere quindi di farmi dare la chiave di riserva.
Faccio un lungo sospiro per cercare di rilassarmi e torno su.
"Non mi resta altro che aspettare, tanto prima o poi tornerà" continuo a ripetermi.
Mi siedo davanti alla porta e dopo dieci minuti sto già dormendo.

"Che diavolo fai fuori dalla porta?".
Mi sveglio di sobbalzo e vedo Lou in piedi davanti a me che mi guarda con aria interrogativa.
"Ho dimenticato le chiavi e tu ovviamente non c'eri, la segreteria era chiusa quindi sono stato costretto a rimanere qui" dico strofinandomi gli occhi.
Louis fa un sospiro di disapprovazione, come una mamma quando raccomanda  figlio di ricordarsi qualcosa e lui puntualmente la scorda, poi apre la porta ed entriamo.
"Ma che ore sono?" chiedo poi.
"Quasi l'una".
"Cosa! Ma che ci facevi fuori fino all'una di notte?" domando fulminandolo con lo sguardo.
"Ho ventuno anni, direi che posso stare fuori quanto mi pare senza dover farlo presente a nessuno, specialmente a te" dice in tono acido.
Lo guardo attonito.
Dopo quella notte lui ha il coraggio di trattarmi in questo modo?
"Fanculo Louis" dico guardandolo dritto negli occhi per poi andare in bagno a mettermi il pigiama e lavare i denti.
Quando esco me lo ritrovo fuori dalla porta appoggiato con la schiena al muro con lo sguardo basso.
"Ho finito, puoi andare" dico mentre mi dirigo verso il letto.
"Non devo andare in bagno" fa lui.
"Che ti serve allora?" dico scocciato.
Lui mi fissa e si avvicina senza distogliere lo sguardo, poi mette le mani in tasca.
"Scusa...".
Non gli rispondo, apposta.
Mi fissa e poi riprende con il discorso.
"Non ti ho nemmeno ringraziato per quella notte, e senza di te, non voglio immaginare cosa sarebbe diventato quell'incubo, ti ho trattato di merda nell'ultima settimana".
"Nelle ultime due settimane" lo correggo io.
Fa un sospiro scocciato ma sapendo di essere in torto non mi attacca.
"Mi dispiace, è che quando vedo visto in tutta quella debolezza il mio istinto mi dice poi di chiudermi completamente e diventare duro con tutti, anche con chi prova ad aiutarmi, ma è sbagliato e non te lo meriti..." finisce il discorso.
"Okay, accetto le tue scuse" gli dico.
Lui mi guarda e sorride, negli occhi torna quella luce che non vedevo da un po' e sento che il nostro rapporto sta riprendendo la piega di prima, questo mi rende felice.
"Ti va di parlarne...?" azzardo poi ma a mia sorpresa lui annuisce e si siede sul letto.

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