capitolo 93

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Ci rivestiamo e torniamo a sederci su una poltroncina accoccolati l'uno all'altro mentre LouLou mi accarezza i capelli e io, come faccio sempre ormai, ripasso con l'indice il contorno del suo nuovo tatuaggio.
"Ti piace tanto quello eh?" mi chiede a bassa voce per non rovinare la quiete.
Io non rispondo, semplicemente annuisco e continuo a giocare.
"Perché?" chiede lui sorridendo.
"Perché è nostro" rispondo semplicemente e lui mi posa un bacio in fronte cullandomi come un bambino mentre canticchia una canzone che da li a poco, mi fa addormentare.
"Ragazzi, stiamo atterrando" nuovamente la dolce voce di Arist ci fa svegliare e noi ci ricomponiamo prima di avere il via dall'hostes di scendere e recuperare i nostri bagagli.
"Bonjour, je m'appelle louis" esclama il mio ragazzo appena atterriamo e noi tutti ci mettiamo a ridere.
"Andiamo che è meglio" rispondo io prendendogli la mano e seguendo il signor Wernest.
"Ottimo ragazzi, adesso andremo in hotel, abbiamo le stanze separate, una davanti all'altra, per qualsiasi tipo di problema non esitate a bussare okay?" ci spiega Stuart e noi annuiamo.
"Questo è un punto in più alla nostra teoria Sherlock" sussurra Lou.
"Di che parla collega?" domando leggermente confuso.
"Harry abbiamo due stanze, e siamo in quattro, a meno che Arist non dorma sul pavimento, condivideranno la camera e il letto" mi spiega quasi scocciato.
"Oh...oh!" esclamo poi sgranando gli occhi.
"Tutto bene ragazzi?" domanda curiosa Arist.
"Alla grande" rispondiamo in coro e ci mettiamo a ridere.

"Bonjour, vous devez être monsieur Wernest et madame Kerin" dice la signora di mezza età davanti a noi.
"Oui c'est nous" risponde sorridente Arist mentre Lou e Stuart rimangono a bocca aperta.
"Si so parlare francese, e ora smettetela di fare quelle facce" sorride girandosi verso di noi.
"Je suis Michelle, suis-moi, je t'emmène dans les chambres" risponde la donna stringendole la mano e prendendo due chiavi da una piccola scatoletta.
"Ho capito solo che è Michelle" annuncia Stuart.
"E ha detto di seguirla così ci porta alle camere" aggiungo io e di nuovo quelle facce sbalordire compaiono nei volti del mio capo e del mio ragazzo.
"Ho studiato francese alle superiori, mi ricordo ancora qualcosa" spiego sorridendo e loro sgranano gli occhi.
"Venite" ci incita la signorina e noi la seguiamo al piano di sopra.
Le nostre camere sono la numero 14 e la numero 17, una davanti all'altra, come ci aveva accennato il signor Wernest.
Le stanze sono di media grandezza, c'è una cucina e un tavolo con quattro posti, c'è poi un piccolo bagno con la doccia e la camera matrimoniale che profuma di pulito.
"Per qualsiasi cosa, io sono al piano di sotto" ci dice la signora in inglese e noi tutta la ringraziamo e la salutiamo.

Entriamo nella nostra stanza e iniziamo a disfare le valige, io mi occupo dei vestiti mentre Louis sistema tutto il resto, meglio non fargli piegare i vestiti.
"Sono stanco morto" faccio io lanciandomi sul letto.
"Chissa come mai" mi prende in giro Lou venendomi vicino.
"Louis!" lo rimprovero.
"Oh andiamo, ormai non sei più il piccolo innocente Harry, mi chiami daddy quando scopiamo e ti piace se ti tiro i capelli, devo continuare?" mi provoca sistemando il cuscino.
"No grazie" chiudo io la conversazione stendendomi con lui e abbracciandolo.
"Dormi un po' che poi dobbiamo andare a pranzo e penso che rimarremo fuori tutto il pomeriggio" sussurra Lou coccolandomi e io seguo il suo consiglio senza troppo sforzo.
"Principino, alzati, è l'una" mi accarezza dolcemente il viso Lou.
"Nin hai fame?" chiede divertito dai miei capricci.
"Si ma il letto è così comodo" mi lamento.
"No Lou! Louis che combini!".
Si alza dal letto e mi carica in spalla come se fossi un sacco di patate, mi porta in bagno e mi scarica con a dir poca gentilezza mentre le nostre risate rimbombano in tutta la stanza.
"Forza sistemati" aggiunge e io allora mi sistemo i capelli e mi sciacquo il viso prima di annunciare di esser pronto.
"Andiamo?" chiede e io annuisco.

"Eccovi qui, andiamo, vi porto nel ristorante migliore della città!" esclama estasiata Arist e tutti e tre la seguiamo.
"E questa da dove viene?" domanda Lou indicando la macchina in garage.
"L'abbiamo affitata" spiega Stuart salendo e noi facciamo lo stesso.
Dopo una ventina di minuti arriviamo in un ristorante un po' appartato, vero la periferia.
Le musée culinaire de Gianpierre, tradotto, il museo culinario di Gianpierre.
"Sapete, quando eri ragazzina i miei venivano spesso a Parigi, è qui che si sono conosciuti, e ogni volta venivamo qui a mangiare per il loro anniversario, Gianpierre era molto amico con mio padre, ora la gestione è passata al figlio Adrein, siamo cresciuti insieme io e lui" ci racconta tutta sorridente Arist.
"Je rêve?" dice una voce maschile appena entriamo e Arist corre incontro all'uomo.
"Che cosa vuol dire?" bisbiglia Lou al mio orecchio.
"Sto sognando?" rispondo guardando con gioia i due amici che dopo chissà quanto tempo si sono ritrovati.


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