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«Ti tranquillizzi per favore?» urlai, posizionandomi davanti alla porta del suo appartamento per non farlo uscire.
«Fammi passare.» scossi la testa e lo spinsi indietro, appoggiando le mani sul suo petto.

«Ascoltami Jaden. Smettila di fare di testa tua per un secondo.» lanciò una pallina di baseball a qualche metro da me cercando di spaventarmi, inutilmente. «Non mi farai male, non ho paura di te.» indietreggiò di colpo e iniziò a camminare furioso.
«Non mi provocare, non sai di cosa sono capace.»

«Perché? Mi faresti male sul serio?» non era un momento di egoismo, stavo cercando di farlo pensare a qualcos'altro.
«Lasciami passare.» incrociai le braccia al petto e lo sfidai con uno sguardo.

«Sei uscito di testa, vuoi uscire veramente senza maglia?» il suo corpo si plasmò velocemente contro il mio, le sue mani si scontrarono contro la porta in legno e le nocche bianche delle sue mani si ferirono.
«Lasciami andare.» sibilò a denti stretti a qualche centimetro dalle mie labbra.

«Vai a metterti una maglia e poi ti ci porto io Jaden, ma non ci andrai in questo modo.» i suoi occhi si aprirono di colpo e mi guardarono confusi.
«Vado da solo.» scossi la testa.
«Vengo con te.» appoggiai le mani sulle sue guance e poi gli lasciai un bacio a stampo sulla fronte quando la sua mano scivolò sui miei fianchi.

Lui si allontanò da me e si chiuse in camera sua mentre io mi lavai e cambiai in bagno con la paura che potesse essere già andato via, uscii dalla stanza con un mio solito outfit street style e i capelli legati in una coda alta.

«Datti una mossa.» presi il mio borsone e lo guardai mentre afferrava dal tavolino le chiavi della jeep.
«Mi hai aspettato?» chiesi, una volta nelle scale per raggiungere il parcheggio della palazzina.
«Muoviti se non vuoi che ti lasci qui.»

Stranamente, mi lanciò le chiavi ma confusa non riuscii a prenderle così le feci cadere a terra. Sorrisi e poi le raccolsi rapidamente, cercando di non farmi vedere. «Se mi frantumi la macchina, la ripaghi.» sì, se ci fossi stata ancora Jaden!

«Sali dentro e fai poche storie Reyes.» aprii la portiera e mi posizionai sul comodo sedile, ma non arrivai ai pedali così lo avvicinai ai comandi. Lui cercò di nascondere un sorriso, girandosi verso il finestrino e io abbassai lo sguardo sui vari comandi.

«Devi metterla lì dentro la chiave per accenderla.» alzai gli occhi al cielo.
«So che va lì, non sono un'imbranata cronica. Ce l'ho anche io una macchina.» commentai, accendendo il motore del veicolo e uscendo dal parcheggio in cui ci trovavamo. «Dove l'hanno portato tuo fratello? In che ospedale?»

«A Santa Barbara.» corrugai la fronte e cambiai marcia, prima di fermarmi al semaforo.
«Come mai quaggiù?» mi ricordai infatti del fatto che lui abitasse con i genitori a Oxnard o comunque da solo ma sempre in quella città.
«Fatti i cazzi tuoi.» bene, tutta la gentilezza della sera precedente era scomparsa!

Con destrezza, raggiunsi il piccolo ospedale e chiusi la macchina quando entrambi scendemmo a terra.
«Jaden, respira e mantieni la calma. Te lo chiedo per favore.» senza nemmeno ascoltarmi, iniziò a camminare verso l'ingresso e io fui costretta a seguirlo.

«Dov'è Dylan Reyes?» urlò quando le porte girevoli dell'ospedale si aprirono.
«Jaden.» circondai il suo bicipite con le mie mani e provai a tranquillizzarmi, sorridendo in modo gentile ai presenti all'interno della stanza.

«Scusi, lei lavora qui?» il signore si fermò di colpo, squadrandoci e poi annuendo. «Un ragazzo dovrebbe essere stato portato qui per un incidente, lui è il fratello.» indicai alla fine il ragazzo al mio fianco che non si mosse di un millimetro.
«Guardate, io sono solo l'elettricista. Per le informazioni di questo genere dovete andare alla reception. Là a destra, all'inizio del corridoio.»

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