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Davina Foster's pov

«Prof Evans, sa dov'è Eric?» più mi guardavo intorno più lui non appariva da nessuna parte, era impossibile che non fosse lì!
«E dove dovrebbe essere Signorina Foster? Cerchi in giro, era con me qualche minuto fa.»
«Proprio perché era con lei che sto chiedendo a lei prof.» Aura mi affiancò confusa, trascinandosi dietro l'enorme valigia grigia.
«Non c'è nemmeno nell'altro autobus, ringraziamo le divinità che hanno portato a termine dopo anni di sudore il mio obbiettivo che era quello di farlo sparire.»

«Sarà già tornato a casa.» presi dalla tasca dei pantaloni le chiavi della macchina e mi diressi verso la mia macchina con una sensazione particolare nello stomaco, sentivo che ci fosse qualcosa che non andava ma non capivo cosa. Quando finalmente arrivai a casa mia, non c'era nemmeno la macchina di Catlin nel garage ma parcheggiata poco più lontano dal nostro viale era presente una moto nera lucente. Terrificante, odiavo qualsiasi tipo di moto anche se quella in particolare era di una bellezza disarmante.

Spensi il motore e prima di scendere dall'auto, tolsi gli occhiali da sole e passai la mano sopra lo schermo della radio per togliere la polvere in eccesso. Solitamente la tenevo piuttosto pulita, ma ero mancata una settimana e le chiavi le avevo io perciò Cat non avrebbe potuto aiutarmi. Con lei ero rimasta la stessa, non avevo motivo per non rivolgerle la parola visto che non era lei la mente pensante di quell'orribile piano di mandarmi a New York senza telefono solo per qualche brutto voto.

Okay, forse più di qualche!

Arraffai maldestramente dal baule la valigia e appoggiai sopra essa anche lo zainetto che mi ero portata dietro, spostai i capelli dalla faccia e iniziai a camminare verso la porta d'ingresso. Sperai di non trovarla chiusa a chiave e, quando questa si aprì, esultai mentalmente tutta contenta. Mi addentrai, accendendo la luce e appoggiando il trolley a lato della porta che richiusi lentamente. Sistemai sul mobiletto dell'entrata le chiavi della macchina e portai una mano alla pancia quando questa iniziò a brontolare senza ritegno a causa della fame.

«Cat, sei a casa? Sono tornata.» lanciai lo zaino sul divano e controllai con uno sguardo veloce le riviste sopra il tavolino davanti alla televisione. Era tutto in ordine, ovviamente io e Eric non ci eravamo stati!
«Finalmente ci incontriamo di persona.» saltai in aria dalla paura, cadendo sul divano e portandomi le mani sul cuore. Sentivo il battito accelerato e la confusione mandarmi ancora più in paranoia. Chi era lui e cosa ci faceva in casa mia?

Portava i capelli scuri all'indietro con del gel, la sua espressione facciale era terrificante ma ciò che mi colpii maggiormente fu il fatto che indossasse uno smoking nero. Si sistemò la cravatta con lentezza, appoggiandosi allo stipite della porta che dava nella cucina.

Mi tirai velocemente in piedi, indietreggiando spaventata. Era molto più alto di me, forse di una ventina di centimetri e ciò mi terrorizzava ancora di più. Sentivo il suo profumo alla menta fino a me e mi chiesi da quando fosse lì. Insomma, perché era a casa mia?

«Chi sei? Non ti conosco.» abbassò lo sguardo a terra, sorridendo.
«E invece ci conosciamo, mi hai visto una volta e so che sai anche tu chi sono io.» scossi la testa.
«Beh, ti stai sbagliando.» eppure mi sembravano familiari i suoi tratti del viso.
«Sicura?» avanzò verso il soggiorno e io mi misi sulla difensiva, continuando ad indietreggiare.
«Perché non mi dici come ti chiami?» capii solo in un secondo momento che probabilmente non dovevo avere paura, se avesse voluto farmi del male lo avrebbe fatto subito e senza mettersi a parlare.

«Perché non ci sediamo?» gli feci un cenno del capo verso il divano, ma lui mi diede la precedenza.
«Sto in piedi io.» si sedette, afferrando una rivista di motori di Eric. «Chi sei?» il mio coraggio tentennava, ma volevo capirci di più.
«Andrew McConvey, ti suona familiare?»
«Perché sei qui?» sorrise, chiudendo il giornalino.
«Che ne dici di rispondere alle mie domande invece di farmele? Prima o poi arriverò a dirti tutto.» corrugai la fronte, appoggiandomi al camino.
«Perché invece non rispondi alle mie senza sviare il discorso?»

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