Cinque mesi dopo
Caro papà, lassù in paradiso.
So di non essere mai stata la figlia perfetta in quei pochi anni di convivenza e mi scuso tanto per questo. Mi hai insegnato a nuotare, a parlare, ad andare in bici e a fare tantissime cose di cui non ne ho nemmeno il ricordo perché tu vivi nei racconti di Eric, vivi nell'immagine che io ti dó, vivi nelle foto che ti ritraggono, vivi nei ricordi delle persone qui a Solvang ma non nei miei. Se solo tu fossi stato ancora vivo mi avresti aiutato con i compiti, mi avresti confortato anche nei momenti peggiori e mi avresti difesa sempre e comunque, considerandomi anche da grande la bambina piccola di cui ti eri follemente innamorato. Ricordi? Eri stato tu a dirmelo: io ero l'amore della tua vita e mamma era la tua anima gemella. Io questo ce l'ho impresso nella memoria ed è uno dei ricordi che ho di te che non se n'è mai andato, forse l'unico. Mi manchi. Tipo un sacco papà, tipo che anche la distanza tra la Terra e la Luna non potrebbe equivalere al vuoto che ho nel petto da quando tu non sei più qui con me. E poi nelle giornate peggiori, perché a volte succede di avere giornate pessime, la sera mi butto sul letto e immagino il tuo sorriso e le tue parole di conforto ed è in quei momenti che mi sembra di essere molto più vicina a te. Ricordo tutto di te, anche se non ricordo niente. Ti amo infinitamente papà, ricordalo per sempre questo.
La tua Dee, che ti scrive da quaggiù... Che ti scrive dalla terra.
Infilai la lettera scritta a mano chiusa con un filo di raso rosso per farla rimanere a spirale dentro la bottiglia e la guardai con gli occhi lucidi.
Deglutii e poi la lanciai in mare aperto quando sentii una ventata di aria gelida, afferrai il lenzuolo con velocità e mi circondai il corpo nudo mentre controllavo la bottiglia ondeggiare a destra e a sinistra in quel mare calmo su cui navigavo.
Mi stesi sulla barca e guardai le mie unghie colorate contro sole, poi venni ridestata da un cuscino che mi colpì in faccia con estrema precisione. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai prima di alzarmi per osservare quella peste che mi ritrovavo dietro, appoggiai una mano sopra gli occhi per osservarlo meglio e non riuscii a trattenere un sorriso spontaneo.
Indossava solo i boxer, permettendomi la veduta dei suoi addominali scolpiti e tenuti costantemente in allenamento anche in quel periodo. Aveva lo sguardo di un bambino addormentato, appoggiato all'interno della barca planeante con una mano tra i capelli e l'altra sopra gli occhi per coprirsi dal sole.
«Vieni.» sorrisi divertita dal tono che usò, senza ammettere risposte contrarie a ciò che voleva lui. Lo avevo imparato a conoscere, era bizzarro ma tanto tanto bello sia dentro che fuori.
«Se volessi rimanere qui?» mi alzai in piedi facendo attenzione a coprirmi con il lenzuolo poiché eravamo circondati da altre due navi.
«Ho sonno.» feci alcuni passi verso di lui e per poco non persi l'equilibrio, ma lui non si accorse nemmeno da quanto era ancora addormentato.«Vai dentro, arrivo.» si stropicciò gli occhi e poi guardò la bottiglia a qualche metro di distanza dalla barca.
«L'hai fatto?» annuii e poi lo raggiunsi, circondando i suoi fianchi con le mie braccia esili. «Non mi hai fatto leggere la lettera.» alzai un sopracciglio.«Fatti i cazzi tu...» prima che potessi finire di dire la frase, imitandolo buffamente, le sue labbra premettero sulle mie e le sue mani mi strinsero le guance paffute.
«È la mia frase quella.» sorrisi e feci per sorpassarlo per entrare dentro la cabina, ma inciampai e il lenzuolo mi cadde fino allo stomaco.

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UNhappy
Fiksi RemajaUn passato da dimenticare, un senso di mistero che si cela dietro quegli occhi sempre truccati e una lingua biforcuta hanno sempre caratterizzato Davina Foster. Tutti la conoscono, ma nessuno lo fa veramente. Un animo tormentato e oscuro, una ragazz...