𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 3° - 𝑰𝒍 𝑹𝒆𝒈𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝑵𝒐𝒓𝒅.

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Tre anni dopo...

L'oscurità di quei boschi fu tremenda, nonostante fosse mattina, la nebbia avvolse fittamente le montagne di quel regno così oscuro, così solitario quanto potente. Le montagne altissime, verdi e domate da distese di boschi desolati e maestosi, furono il centro di ogni cosa. I fiumi, le cascate: tanto cristallini da produrre un costante luccichio, sia di giorno che di notte per quanto fossero belli, ma la luna, maestra, ogni notte sapeva cosa illuminare. La nebbia, simile al velluto, leggera ma allo stesso tempo soffocante, coprì ogni albero, ogni via, ogni singola visuale per gli umani. Come un deja vu, quella strada per lei fu ormai la stessa da percorrere da anni; i sentieri larghi, avidi, oscuri e quasi maledetti, il forte profumo della natura che, in qualche modo, rendeva quei boschi accoglienti. Il suo respiro si fuse a quello fresco di quella mattinata d'Estate; respirò affannosamente e velocemente, tanto che il petto quasi iniziò a farle male. I capelli corvini, lunghi e mossi, si mossero come meduse nere, come onde marine agitate e rabbiose. I suoi passi veloci si confusero con quelli dei cavalli che, dietro di lei, corsero velocemente, domati da soldati che perpetuavano in quell'inseguimento, senza arrendersi. Lei ne era consapevole... sapeva perfettamente che un giorno l'avrebbero trovata e l'avrebbero catturata, quel giorno era proprio alle porte, poichénon avrebbe più potuto nascondersi nei piccoli villaggi eremiti frai boschi. Si sentì tradita... tradita da quella gente che, credeva accogliente e ricca di empatia proprio come lei, ma le sue aspettative vennero deluse; l'ultimo villaggio che ella incontrò per farne affidamento, agì furbescamente, la sua piccola gente avvisò ogni angolo del regno della presenza di un'umana mai vista da quelle parti, e in quel momento parve ad un palmo di mano da lei. La ragazza lacrimò, pensò al motivo per il quale quella gente si rivolse con una tale cattiveria nei suoi confronti, rendendola vagabonda in mezzo al nulla. Fuggì da quei soldati e, per un attimo, ripercorse una strada del suo passato che non avrebbe mai voluto ricordare: fuggire dai vampiri per vivere.

Perché una tale cattiveria verso una semplice ragazzina di diciott'anni del tutto innocente? Perché recare così tanto dolore ad una ragazzina debole e impaurita che, per tre anni, cercò sempre di vivere onestamente con il proposito di fare del bene ad ogni singolo villaggio estraneo? Perché proprio lei? Forse il destino, quella volta, la guidò davvero verso la morte. Sarebbe morta in quell'oscurità che la tormentava così tanto? Sarebbe stata seppellita viva? Sarebbe morta per colpa di quei vampiri che le stavano alle calcagne come un branco di lupi contro un cucciolo di cervo? Sarebbe morta, dissanguata dai loro morsi, sarebbe morta, l'avrebbero torturata, l'avrebbero mandata chissà dove a lavorare sporco, forse? L'avrebbero violata? La sua innocenza la portò al pensare così tanto alla crudeltà di quella gente che, non notò davanti a sé, un grande ruscello d'acqua fredda. La ragazza scivolò malamente e si ferì contro le piccole pietre che ci furono al suo interno. Pianse più forte, cercò di alzarsi ma il corpo tremò, e solo quando alzò lo sguardo, capì che fu la fine per lei; cinque destrieri furono davanti a lei, altri cinque dietro, con in groppa soldati che, ricchi d'ira, la guardarono con gli occhi rossi. Le loro armature parvero oscure ma lucide, il loro portamento composto, glaciale, tanto da trasmettere indifferenza e potere; quel potere di cui spesso abusavano. Quale dannato Re, addestrò in quel modo così pauroso quegli uomini? Tra essi, spiccava un principe, con l'elmo ancora sul capo; a motivo di una precedente lotta, forse? La fanciulla singhiozzò, guardò con terrore il giovane principe che levò l'elmo dalla testa, rivelando lunghi capelli biondi alla lunghezza delle spalle, volto ben designato da lineamenti sottili, belli e quasi effemminati. Gli occhi, dalla forma leggermente a mandorla e allungati, brillarono di un azzurro glaciale e meraviglioso, sotto l'occhio sinistro portò piccolo neo ben visibile, le sue labbra carnose e il naso grande e ben delineato. «Umana... da quanti anni viaggi nelle nostre terre?» domandò il principe, facendo risuonare la propria voce chiara e cristallina, che nel porre la domanda, non parve priva di malignità. Questo osservò gli occhi grandi e neri dell'umana, i lineamenti marcati ma femminili di questa; la sua mascella magra, il suo collo, le sue clavicole, il suo naso perfettamente dritto, le sue labbra rosee e gentili, il corpo formoso e il seno piccolo e grazioso. Aguzzò gli occhi e pensò che la giovane donna fosse già matura, notata la definizione del suo corpo, paragonabile a quello di una - quasi - venticinquenne. «T-tre.. anni...» rispose la fanciulla con paura, lasciando che il principe e i soldati potessero udire la sua voce acuta e femminile. «Prendetela.» ordinò il biondo, e subito al suo ordine due soldati scesero dai loro destrieri e si avvicinarono per afferrare dalle braccia la fanciulla che si dimenò: «Lasciatemi! Vi prego! Non ho fatto nulla... non ho mai rubato niente! Non uccidetemi!» pianse lei, mentre la rinchiusero a forza all'interno di una piccola carrozza a gabbia. Toccò con le mani le sbarre fredde e metalliche, si guardò intorno con esasperazione e puro terrore, temette il peggio. «Possiamo ritornare!» ordinò il principe dai capelli lunghi, non degnò di uno sguardo l'umana che, afflitta, si strinse in un angolo della gabbia. Un soldato trascinò questa con due destrieri e la carrozza si mosse, la fanciulla guardò ogni angolo dei boschi che pian piano cambiarono, ma mantenne sempre quella sua oscurità, tipica del regno del Nord. Ci fu una discesa abbastanza ripida, la percorsero senza problemi e più furono vicini, più il cuore di lei parve esplodere di angoscia. La sua mente si riempì solo e solamente di scenari orribili di torture, di morti, di morsi. Non avrebbe voluto fare quella fine, quella semplice fanciulla ebbe ancora tanti sogni da realizzare, ebbe una vita avanti, ma quella gente, ormai, infranse ogni cosa. Con i propri occhi, intravide le grandi mura scure di una grandissima città, la quale fu vicinissima, o meglio dire, attaccata al mare. La ragazza guardò indietro, notò che scesero dalle montagne per raggiungere la terra bassa, dove si trovò il mare, la sua più grande paura. Passarono lungo un piccolo ponte per raggiungere le porte, guardò in alto e notò due arcieri sulla cima delle grandi mura. «Il principe Edward è ritornato! Aprite i cancelli!» gridò uno dei due, e subito i grandi cancelli si aprirono in avanti, come due porte metalliche. Il panico si espanse sempre di più nel corpo della ragazza, il respiro aumentò e il corpo tremò sempre di più: L'avrebbero giustiziata?
Entrarono all'interno della grande città protetta da quelle imponenti mura scure, il sole batté, ma quel regno fu oscuro e tetro...
Alcuni abitanti corsero fuori dalle loro abitazioni e dai loro negozi per assistere all'arrivo di una nuova umana nel regno. Sentì bisbigli, risate e voci di bambini, poi vide questi che corsero dietro la carrozza, mostrando i loro occhi arancioni e i piccoli canini. A quella vista, la fanciulla ebbe come un colpo al cuore: vedere quei bambini ridere, con quegli occhietti fluorescenti e quei piccoli canini appuntiti, per lei non fu bello anche se, con tutto il suo cuore, amò i bambini. Sentì varie fanciulle della città che risero, stando poggiate sulle soglie delle loro abitazioni mentre una, dall'abbigliamento fin troppo scollato, si legò i capelli castani: tipica prostituta di città.
Osservò, finalmente, due uomini umani che trasportarono delle sacche e subito questi alzarono gli sguardi verso di lei: i loro sguardi non promisero nulla di buono, bensì la guardarono con tristezza. Due guardie reali aprirono i due grandissimi portoni per l'entrata secondaria del grande castello oscuro, lasciando che la carrozza, dove si trovò lei, si fermasse, così che due guardie potessero aprirla per trascinare l'umana fuori. Lei barcollò, tenne lo sguardo basso per non guardarli e la paura fu così tanta che sentì le vertigini. «Portatela nella sala, mio padre saprà cosa farne.» ordinò il principe con indifferenza, ma, per un attimo osservò la ragazza con lo sguardo pieno di presentimenti, come se avesse notato in lei qualcosa, ma con indifferenza si voltò di spalle e consegnò a due persone delle sacche piene di monete d'oro... coloro che tradirono la ragazza e avvisarono il reame della sua presenza. La corvina lacrimò con lo sguardo basso mentre venne trascinata fino l'interno del grande castello, passarono per un lungo corridoio, fino a quando giunsero dinanzi a due porte grandi e rosse. Le due guardie bussarono, e quando la forte voce di un uomo diede il permesso di entrare, le due guardie aprirono i due portoni, entrando dentro la grande sala reale. La giovane alzò leggermente lo sguardo per osservare gli sguardi attenti e curiosi di un uomo e una donna che stettero seduti su due troni: l'uomo portò una barba leggermente grigia, non troppo lunga ma ben curata e in ordine, capelli biondi e leggermente lunghi fino il collo, gli occhi grandi, fini e azzurri come il principe che incontrò prima, corpo possente e statura alta e composta, ogni suo lineamento venne marcato dai suoi tratti molto maschili e pronunciati: lui fu il Re.
La donna accanto, la Regina, portò dei meravigliosi capelli biondi lunghi fino al petto, gli occhi leggermente dalla forma a mandorla e di un azzurro glaciale, tipico delle donne del nord possedere quei colori tanto chiari. La fanciulla osservò la raffinata bellezza della Regina, le sue labbra carnose e rosse, la pelle perfettamente lattea e giovane come il Re, i lineamenti molto femminili e sottili, mascella pronunciata, naso piccolo e lineato come un'onda, lasciando che la punta spiccasse in su con leggerezza, e d'altronde notò, con stupore, delle lentiggini sul volto di questa. Il Re fece gesto alle due guardie di mollare la ragazza per poterla guardare meglio, così i due obbedirono e lasciarono la ragazza tremolante che, con terrore, guardò i due superiori. «Da dove provieni?» domandò il Re con serietà, toccandosi la barba squadrando la fanciulla, investigando sull'incarico che questa avrebbe potuto ricoprire nel suo regno: osservò, dunque, le spalle larghe della ragazza che la fecero apparire quasi come una piccola guerriera, il corpo formoso, la vita stretta e il bacino largo, la sua statura minuta e fragile, osservò le sue mani esili e tremolanti. Guardò la pelle bianca e perfettamente liscia dell'umana, poi ammirò quasi per un attimo come i capelli corvini, lunghi fino al bacino e mossi, fecero da contrasto, poi, osservò il suo viso: lesse negli occhi di questa la sua purezza e la sua innocenza.

La regina, scrutando i movimenti della ragazza, comprese quanto fu impacciata, spaventata e soprattutto pura, ma in quel momento non importò. «P-provengo dall'Est...» rispose con tono tremolante e incerto. «Come previsto.» parlò l'uomo, alzandosi poi dal trono per mostrarsi meglio all'umana: «Il mio nome è Marcus Harsen, Re di tutto il regno del Nord. Provieni dall'Est, e dimmi... da quanto tempo viaggi sulle nostre terre a mia insaputa?» parlò con autorità il Re di nome Marcus, e proprio quelle parole scatenarono maggior panico nel corpo della fanciulla che, arresa, s'inginocchiò sul tappeto rosso e si chinò fino a terra: «Vi prego... in questi tre anni non ho recato alcun problema al vostro regno, se non accoglienza da alcuni villaggi fra le montagne... non mi uccida, la prego... farò qualsiasi cosa pur di vivere... ma la prego... la prego...» le parole di lei zittirono il Re, mentre la regina guardò il proprio marito con stranezza. Proprio mentre lei singhiozzò, una forte risata scura rimbombò per la sala, facendo sussultare la ragazza che, con stranezza alzò subito lo sguardo per guardarsi intorno. Dietro il trono dei due si sentirono dei pesanti ma calmi passi, la ragazza guardò quel punto dal quale spuntò un ragazzo...

Un colpo al cuore.
Lei perse il fiato...
Gli occhi brillarono e danzarono lungo la bellezza di quel giovane uomo.

Capelli biondi, corti e leggermente ricciolini, parve un sole. Il volto fu di una bellezza così perfetta da incantarla: mascella ben definita da lineamenti effemminati ma maschili allo stesso tempo, con, sui lati della mascella, un po' di barba. Labbra rosse e carnose rivelarono leggermente i suoi canini in mostra mentre questo sorrise con malignità. Gli occhi grandi, leggermente a mandorla e allungati come quelli di un felino brillarono di un azzurro mai visto prima, mentre sotto di essi ci furono delle leggere lentiggini bellissime che lo caratterizzarono alla perfezione. La sua statura fu molto alta, il suo corpo snello, fine, spalle larghe, vita stretta e gambe ben allenate: un corpo degno di un forte guerriero. Lei rimase tremendamente spiazzata dalla bellezza di quel ragazzo così effemminato ma irresistibile allo stesso tempo, rimase spiazzata da quella sua postura rigida, dalla schiena perfettamente dritta e dalla potenza della sua voce scura. Rimase letteralmente senza fiato, tanto che non riuscì più a piangere per quanto fu lo stupore alla vista di quella creatura così tanto perfetta e inimmaginabile. «Il mio primogenito, Edward, ti ha portata fin quì. Lui è il mio secondogenito, Sebastian.» parlò Marcus, osservando il proprio figlio sedersi sul terzo trono leggermente in basso, posizionato accanto alla regina. D'altronde, il principe Sebastian osservò con sguardo fisso l'umana, la guardò con serietà, anche lui con stupore... ma quello stupore non venne mostrato a nessuno. Con quegli occhi grandi ma famelici scese lungo il corpo della ragazza nonostante fosse inginocchiata, e proprio quando il principe rialzò gli occhi verso di lei, questa distolse lo sguardo con paura. «Per le regole infrante dovremmo giustiziarla dinanzi a tutto il popolo, così da farle provare la vergogna.» parlò il Re, la fanciulla alzò di scatto lo sguardo con gli occhi sgranati e tremò. «Ha ammesso, però, di poter fare qualsiasi cosa in cambio della vita.» parlò la regina subito dopo, guardando il proprio marito negli occhi con serietà.
«Kate.»
«Potrà fare qualsiasi cosa, ho detto.»
Il Re e la Regina si consultarono, ma subito dopo Sebastian parlò: «Datela a me, padre.» le parole del principe confusero la fanciulla, infatti lo guardò, ammirando per un attimo il suo naso perfettamente dritto, come un'onda e dalla punta leggermente alzata, come la madre, esattamente come i nasi asiatici. «Si, padre. Sarà la mia schiava personale, lavorerà sodo e dovrà fare qualsiasi cosa per me.» disse con sicurezza il principe, ma con un cenno di malignità in ciò che disse. «Accetta o morirai.» disse ancora, guardando con cattiveria la fanciulla che, arresa, annuì. «Bene...» disse il Re, poggiandosi per bene sul trono, indicando poi a due guardie di prendere la ragazza. «Nella cella di sotto, sapete quale.» disse subito dopo Sebastian, così i due alzarono la fanciulla, «Si, maestà.» risposero in coro, trascinando con loro la ragazza che, con innocenza rivolse di nuovo lo sguardo verso di lui, ma Sebastian la guardò con malizia, ghignando e pensò...

«È mia

𝐈𝐥 𝐏𝐫𝐢𝐧𝐜𝐢𝐩𝐞 𝐞 𝐥𝐚 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora