𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 60° - 𝑹𝒊𝒗𝒆𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒊𝒏𝒂𝒔𝒑𝒆𝒕𝒕𝒂𝒕𝒂.

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«Impressionante.»

Quella notte stessa, finalmente Alex e Marcus trovarono del tempo per chiarire ogni situazione e parlarne. Camminarono nei corridoi dell'enorme castello, entrambi con le mani dietro la schiena, le spalle aperte e i volti fissi davanti a loro. Camminarono con calma, senza fretta, parlarono semplicemente e Marcus spiegò ogni singola cosa successa. «Cosa?» domandò Marcus subito dopo, «Tutto, Marcus. Tre infiltrate ibride hanno studiato questo regno per anni, e chissà cosa avranno scoperto, chissà come avranno nascosto la loro vera natura... così bene.» rispose subito Alex con stranezza, Marcus lo guardò con attenzione, poi rivolse lo sguardo verso le finestre e, mentre camminò, osservò il regno brillare sotto il suo ferreo sguardo: «Magia, Alex. Quelle tre erano ibride streghe; streghe divenute ibride.»
Ad ogni passo, tutto divenne sempre più silenzioso, fra le varie mura riecheggiarono solo i loro passi, i sospiri lievi di Alex e i loro piccoli ma intensi discorsi fra Re che, come al solito, non tardarono mai a venire. «Lucas e Edward hanno davvero lo stesso carattere di lei; calmi, docili, ma allo stesso tempo distruttivi ma sensibili, coraggiosi, amorevoli, comprensivi ed empatici... Sebastian, invece, è come tuo padre, Marcus... suo nonno Leo. E credo proprio che anche Olivia prenderà quella strada, la trovo molto silenziosa e agguerrita per la sua tenera età.» parlò Alex durante la loro calma camminata, Marcus sorrise lievemente e lo guardò: «Credimi, se ti dico che Darnes è un vero misto fra te e mia sorella... È l'unico nipote che ho, lo amo come un figlio; rivedo in lui le vostre similitudini, in ogni cosa.» disse Marcus, e Alex sorrise ancor di più, poi abbassò leggermente lo sguardo e annuì con leggera tristezza.
«Darnes è un tremendo a volte... mi farà venire i capelli bianchi.»
«Impossibile, data la nostra immortalità.»
«Per questo ho detto che è terribile.»
I due ridacchiarono come due adolescenti, Marcus poggiò una mano sulla spalla del moro e l'altro ridacchiò e ricambiò il gesto. «Saranno forti per affrontare questo, vero?» domandò Alex con sguardo pensieroso e quasi cupo, ma Marcus non smise di sorridere e rispose:
«Caro Alex, i nostri figli sono forti come le montagne e giovani come l'acqua che sgorga da esse; non temere.»

[ . . . ]

Quella notte, per Maria, fu parecchio strana. Avvertì qualcosa, rimuginò troppo sulle parole di Darnes e quasi provò panico, ma non solo per quelle parole, anche per le troppe emozioni passate che lei tirò fuori - involontariamente - davanti a tutti, sopratutto al Re e... Sebastian. Loro non avrebbero mai e poi mai dovuto vedere quel lato di lei così strano e ricco di una vendetta che, per anni, non saziò contro quelle persone che, lei stessa, scoprì solo anni chi fossero realmente; ibridi...
Non pensò minimamente al bacio che Darnes le diede, anche se si toccò le labbra con le dita.
Pensò troppo, però, alle parole del corvino... camminarono quasi sul suo corpo, in cerca di qualche legame coerente, ma non lo trovò. Lì, seduta sul suo letto in quella cella, si isolò da tutto e da tutti; si ritirò presto quella notte, un po' per paura - dopo quello che le successe - ma soprattutto, per ripensare a quelle parole... sopratutto quelle della, ormai, defunta ibrida, Lizzie. Riconobbe solo dopo quelle tre, quei ricordi appartenenti al suo passato quasi la terrorizzarono... come la vista dell'uomo che la violentò due notti indietro. Il vento entrò dallo spiffero accanto a lei, i suoi capelli corvini si mossero ma lei non sentì freddo; la sua amatissima amica, Anna, le diede un abito molto pesante e, non contenta, le fece indossare a forza altri due abiti sotto di esso: “«Se ti ammali, Maria, giuro che ti chiuderò in camera con me fino a quando non guarirai completamente! Voi umani non possedete i nostri stessi anticorpi, anche se il tuo corpo regge parecchio qualsiasi cosa.” le disse la rossa poche ore prima che lei si isolasse in quella cella ormai monotona. Non riuscì a chiudere gli occhi per dormire, così stette seduta e si accarezzò i polsi ancora violacei e un po' dolenti. Sospirò e fissò il vuoto, pensò, si torturò la mente... attorno a lei ci fu silenzio, ma nella sua mente no, ecco perché in quel momento desiderò con tutta se stessa la calma. Parecchi scenari - di ricordi passati - la calpestarono, ma non pianse, però ci ripensò su inconsciamente, senza nemmeno volerlo; perché?
Poco dopo, Maria udì dei leggeri passi provenire dall'esterno della sua "camera". Passi leggeri, ma allo stesso tempo marcati, le trasmisero ansia. La porta in metallo, come sempre, le impedì di vedere la persona prima che entrasse, le sue percezioni non l'aiutarono molto... anzi, la mandarono in estremo panico in quel momento. Si alzò dal letto di scatto, quel movimento brusco le procurò dolore alla schiena ancora dolente dalle violenze subite, lo stesso per le gambe e il ventre, ma non fiatò. Fece una smorfia di dolore e strinse i pugni, fissò la porta con quei suoi occhi neri e sbarrati, le sue gambe tremarono e i capelli, leggermente davanti al suo volto, la fecero apparire quasi accattivante ma, allo stesso tempo, terrorizzata da un qualcosa di sconosciuto che presto sarebbe entrato nella sua cella.
Quando la porta metallica si aprì, con calma, Maria non vide nessuno se non il buio, ciò la terrorizzò completamente ma la riempì di rabbia...
I suoi occhi divennero lucidi, il suo corpo tremò, guardò quel buio davanti a lei con terrore e il respiro divenne così affannoso e tremolante... Le sue labbra rosee e fini tremarono, quasi divenne più pallida in volto.
I passi cessarono per pochi istanti, poi, avanzarono di nuovo verso Maria e, quando la sagoma alta e possente si mostrò alla luce, Maria intravide colui che le rubò il cuore... quel tremendo e affascinante di Sebastian Harsen. Il biondo dagli occhi chiari come il ghiaccio e le lentiggini sul volto si fermò a pochi passi da lei, non fu né troppo vicino, né troppo lontano dal corpo di lei. La guardò con tranquillità e, anche se non le stette vicino, con la sua altezza e muscolatura la sovrastò lo stesso con potenza. «Sono io. Calmati.» disse lui con calma, con quella sua voce così tanto calda, sensuale e scura. Come sempre, e come il resto del reame, fu vestitino in nero quella sera, sempre elegante, pulito e composto. Alcune ciocche mosse caddero davanti la sua fronte pallida, Maria quando lo vide tornò a respirare con calma, il suo corpo smise di tremare e il suo cuore si tranquillizzò all'istante. I suoi occhi quasi si chiusero per la bellissima sensazione che provò, il suo volto si rilassò e ritornò luminoso. «Devo fare qualcosa?» domandò con coraggio lei, fingendosi fredda verso di lui, ma Sebastian percepì ogni sua emozione, sentì il suo cuore palpitare, il sangue pompare nelle sue vene e il suono dei suoi polmoni riempirsi e svuotarsi in quel suo calmo respiro che tanto lo cullò. Sebastian la scrutò, le guardò il collo, poi le guance, gli zigomi, i capelli, il petto e le mani, poi posò i suoi occhi chiari su quelli neri come la notte della fanciulla. «Devo parlarti.» rispose semplicemente Sebastian con serietà e, anche lui, con una falsa freddezza. Maria aggrottò leggermente la fronte e lo guardò, poi annuì lievemente e intrecciò le proprie mani e giocherellò con le proprie dita mentre le guardò; come una bambina. Nonostante tutto, Maria tenne ancora quella sua purezza che tanto Sebastian notò in lei, quel suo lato da bambina che stranamente lo intenerì così tanto... lui stesso, infatti, ad insaputa della corvina, ordinò ad Anna di farle indossare abiti chiari anziché scuri. Si, ammise finalmente che per lui, Maria, non fu come tutte le altre; lei era diversa, e doveva distinguersi, lui stesso voleva questo. «Metti questo.» ordinò il biondo alla ragazza, porgendole un grande mantello nero col cappuccio che lui, però, non indossò, non ne aveva bisogno. Maria lo prese e quando lo mise sentì il profumo maschile del principe sopra di esso... si bloccò.

𝐈𝐥 𝐏𝐫𝐢𝐧𝐜𝐢𝐩𝐞 𝐞 𝐥𝐚 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora