𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 37° - 𝑨𝒏𝒊𝒎𝒆 𝒊𝒏 𝒇𝒊𝒂𝒎𝒎𝒆.

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La notte non tardò a calare e Maria quella sera tardi finì gli ultimi lavori che, assieme ad una domestica, portò a termine. Memorizzò subito i vari cassetti nei quali posare le tovaglie e, più passarono i giorni, più conobbe quel castello fino in fondo. Si sentì neutra quella notte, si offrì di terminare il lavoro della donna che l'aiutò, così questa andò via e Maria posò le ultime tovaglie bianche. Con sé, però, tenne la lettera che probabilmente Kaulus le scrisse, proprio quando posò la seconda tovaglia, la lettera cadde dalla manica della propria vesta. Quella carta sul lillà la incuriosì parecchio, anche troppo, così posò velocemente le ultime due tovaglie e subito raccolse la propria lettera per poterla leggere con calma. Così, corse verso i corridoi esterni del castello e raggiunse i giardini, la luna illuminò le piante e la grande fontana centrale: il suo rumore mise pace in Maria. Mentre camminò, infatti, aprì con cura la lettera e, raggiunta la fontana, si fermò proprio sotto il fascio di luce lunare, così che potesse leggere con più facilità, dunque, iniziò a leggere...

“Spero leggerai questa lettera, Maria.
E spero con tutto il cuore che tu possa comprendere ogni parola.
Ho viaggiato per anni lungo i vari regni e posso dirti di conoscerli a memoria perfettamente, sin da ragazzo.
Tu provieni dall'Est, la tua terra madre...
Un regno vasto e incredibilmente in verde.
Le particolarità di quel regno mi colpirono sempre, poiché centrato fra le montagne e non sul mare.
Ma, la cosa affascinante che ammirai dell'Est, quando soggiornai lì per settimane, fu la vista del mare dalle montagne e, con esso, anche l'intero regno.
Appartieni ad una terra bella, non devi avere vergogna di questo.
Sei nata da una famiglia umile, due bellissimi mercanti dal cuore d'oro che ti amavano tantissimo.
Anche se il vento li portò via, tu, da piccola, trovasti comunque il coraggio di vivere ancora, fino a quando arrivò Jackson.
Lui ti cambiò la vita.
Riuscì a crescere una piccola ragazzina che adesso è una donna piena di vita e sapienza, come mia moglie Enia e mia figlia Luna.
Sai Maria, insegno a Luna la bontà delle cose e l'amore in ogni cosa, insegno a lei la forza e questo l'avrai sicuramente notato: sei molto intelligente e astuta.
Comprendi ogni cosa, hai memoria, hai coscienza anche se, le tue insicurezze, a volte, sembrano prevalere.
Ma no, Maria, credimi, non sei sbagliata.
Sei umana.
Sei una delle umane più forti che io abbia conosciuto.
Sopratutto alla tua età così giovane.
Sei cresciuta troppo in fretta per i dolori della tua vita, e questo, di certo, è quasi traumatizzante per te.
Però ti sei rialzata.
Lo so, perché ho visto ogni passaggio della tua vita in poco tempo, quando poggiai la mano sulla tua fronte.
La tua anima è sofferta, ferita e ancora debole ma, qualcuno, saprà riparare ogni cosa.
Imparerai cos'è la forza, sempre di più.
Tu sei già forte e imparerai presto.
Scaccia via le tue paure e fidati, prima di te stessa però.
Detto questo, cara Maria, Kaulus, Enia, Luna, e la città del deserto, ti auguriamo un buon diciannovesimo compleanno...
L'avevi dimenticato, vero?

con affetto, la famiglia Zafir. ”

Maria si coprì la bocca e, fra sorrisi e piccoli singhiozzi, lacrimò e lesse ogni singola parola che le colpì l'anima come un tuono. Si sentì felice, davvero tanto e, quando realizzò le ultime parole scritte, quasi ridacchiò: «È vero, domani è il mio compleanno... ora lo ricordo.» pensò e con amore strinse la lettera al petto. Pensò allo stregone, a sua moglie e alla tenera Luna, pensò ai loro volti e sorrise, poi pensò anche a come sarebbe stato visitare la città del deserto. Si morse le labbra con malinconia, poi si voltò verso il giardino e camminò un po' pensierosa. Toccò le rose rosse e chiuse gli occhi, così respirò il loro bellissimo profumo e, quando li riaprì, con curiosità osservò una parte del giardino che non visitò mai...
«Cos'è...?» pensò con curiosità Maria, aggrottò la fronte e osservò una piccola cattedrale poco lontana dal giardino principale. «Voglio vederla.» pensò ancora, così si guardò intorno come una volpe, si morse le labbra e subito corse verso la cattedrale abbandonata. Intravide dietro di essa la luna alta nel cielo che le fece luce e la guidò e, una volta arrivata, strinse la lettera in una mano e con l'altra aprì lentamente il grande portone in legno rovinato. Questo scricchiolò parecchio, così la fanciulla entrò subito e con lentezza lo richiuse. Il rumore rimbombò in quel posto, Maria alzò subito lo sguardo e, con meraviglia, sgranò gli occhi e spalancò di poco la bocca alla vista dell'interno di quel posto così tetro, oscuro ma affascinante. Gli occhi di lei brillarono e viaggiarono da una parete all'altra, da un quadro all'altro, su ogni finestra colorata e rotta, e così via. Poggiò la lettera su una panca così da non perderla, poi, camminò con lentezza lungo il centro della cattedrale e con le dita toccò ogni panca. Si guardò intorno, la luna illuminò ogni cosa, sopratutto l'altare in marmo davanti a lei. All'improvviso un piccolo rumore la spaventò ma, per sua fortuna, vide solo un piccolo topo sopra dei pezzi di legno che subito scappò via. Si toccò il petto e sospirò con sollievo, poi ridacchiò e, curiosa, si chinò verso dei fogli proprio sotto quei pezzi di legno e li prese. Si rialzò subito dopo e lesse con calma le canzoni che ci furono scritte a mano e, fra quelle, ne trovò una che conobbe sin da piccola... la ninna nanna della mamma.
«Canta questa ninna nanna... che dolce ti accompagna...» Maria iniziò a cantare e a muoversi fra le panche: «Non piangere, io sarò con te, con in braccio un bel bebè... canta, canta, mia bambina! Che presto arriva la mattina! Dormi, dormi, mio angioletto... su questo tuo bel letto... Nana...Nanana!» Maria ridacchiò e cantò a squarcia gola, fece delle giravolte e la sua voce acuta rimbombò ovunque. I suoi capelli corvini si mossero sulla sua schiena e sulle sue spalle e quando finì di cantare, posò il foglio su una panca e con tranquillità si voltò di nuovo verso l'altare.
«AH!» Urlò spaventata alla vista di un'ombra alta e possente proprio davanti l'altare, strinse le mani al petto e sgranò gli occhi mentre una forte risata maschile e scura rimbombò contro le mura. La corvina si soffermò sulla figura del ragazzo, il quale divenne subito serio e la fissò con le braccia conserte strette sul petto: «Cosa ci fai quì.» domandò Sebastian con dominanza e Maria arrossì. «Non stavo scappando, lo giuro. Ero fuori e... volevo vedere questo posto prima di andare a dormire.» rispose lei con le gambe tremolanti. Il principe assottigliò gli occhi e con tranquillità si spostò dall'altare e camminò verso di lei con lentezza. «Eri tu che cantavi?» domandò Sebastian quasi incredulo ma mostrandole sempre indifferenza e freddezza, Maria annuì con timidezza e non si mosse dal suo posto, bensì lo guardò.
«Perchè stai tremando?»
«Ho... f-freddo.»
«Certo...»
Sebastian scattò dietro di lei senza preavviso e poggiò due mani contro i suoi fianchi, poi respirò sul suo collo da dietro, «Non voglio che esci di notte, non devi farlo.» disse Sebastian con serietà contro il collo di Maria. Lei sussultò e strinse le sue mani, tremò ancor di più per l'emozione e trattenne gli ansimi. Sebastian le strinse un polso e, di colpo, si ritrovarono proprio davanti l'altare, lui la strinse contro di esso, poggiò i palmi delle mani ai lati del suo corpo e avvicinò il volto a quello di lei con pericolosità. «Sai perchè non voglio?» domandò lui con calma. Maria sgranò gli occhi e respirò velocemente, portò le mani sul suo petto e d'istinto si strinse contro il marmo dietro la sua schiena.
«Perchè... Sebastian?»
«Perchè sono geloso di ciò che mi appartiene.»
A quella risposta Maria perse quasi un battito, il suo respiro quasi si bloccò e la voglia matta di baciarlo si intensificò. Nei loro occhi ci fu pura attrazione. Ci fu desiderio e voglia. Non riuscirono a controllare quei loro istinti, specialmente Sebastian. «Quando dici il mio nome... in quel modo così innocente e allo stesso tempo voglioso... mi fai impazzire.» disse lui con voce scura, il suo sguardo fu pericoloso e le sue mani corsero alle cosce di lei che subito afferrò e strinse. Alzò Maria da terra e la fece sedere proprio sopra l'altare, scoprì le sue gambe e passò le sue forti mani lungo la pelle di lei ripetutamente. Maria si strinse a lui e tremò ancor di più, lo desiderò con tutta se stessa, come la prima volta. Amò quel suo dannato tocco così forte e sicuro, come amò quella sua dannata bellezza eterea e quella sua virilità che la distrusse. «Lo so che mi vuoi.» disse Sebastian col respiro veloce, passò una mano lungo la spalla della fanciulla e poi le baciò il collo con foga mentre le abbassò le spalline della vesta. Maria non si trattenne più, ansimò e gemette, strinse le sue mani fra i suoi capelli biondi e strinse le gambe chiuse. Un forte bruciore fra di esse la infastidì tremendamente, sentì formicolio e la forte voglia di sentirlo contro di sé fu all'estremo. Le labbra di Sebastian scesero lungo il petto di Maria, andarono sulle sue spalle, fra il petto, sulle clavicole, sul collo e sulla mascella. Più la baciò, più impazzì.
«Seb..S-Sebastian...»
«Ti voglio... ti voglio adesso. Sto impazzendo.»

Sebastian si staccò dal suo collo e i suoi occhi furono dipinti di rosso puro. Guardò le cosce piene di lei con voglia e subito le strinse fra le sue mani con pura soddisfazione, «Apri le gambe.» ordinò, e Maria obbedì mentre lo guardò con innocenza, con voglia ma anche con paura, Sebastian lo notò. La guardò negli occhi e subito capì che lei fu ancora troppo pura per poter accontentare la sua violenza. «Guardami... pensa a me.» disse lui, strinse un braccio attorno alla sua vita e l'avvicinò a sé di colpo, i loro bacini si scontrarono per un attimo, così il principe portò l'altra mano libera contro i propri pantaloni. La guardò negli occhi con sicurezza, con sensualità, con virilità e voglia di farla sua sempre di più. Maria ricambiò il suo sguardo e strinse la sua maglia nera e larga sul petto, così guardò il suo collo e, inaspettatamente, avvicinò le proprie labbra contro la pelle di lui. Sebastian si bloccò e sgranò gli occhi, si sentì alle stelle a quel gesto.
Non riuscì a fermarla.
Non l'avrebbe mai fermata.
«Tu... tu vuoi che io ti distrugga stanotte.» disse lui in un ringhio e senza preavviso afferrò le sue cosce e entrò in lei. Maria gemette fortissimo di puro piacere misto a quel poco di dolore che presto sarebbe andato via. Strinse i suoi capelli con una mano mentre l'altra la portò dietro la sua schiena, poi gli morse la mascella e Sebastian si spinse in lei velocemente e con forza. «Senti come ti sto facendo mia? Mh?» Sussurrò lui contro l'orecchio di lei e, subito dopo tre forti spinte, Maria portò la testa indietro e quasi urlò di piacere. Sebastian la guardò con soddisfazione e più la sentì, più si eccitò. I loro corpi si bramarono a vicenda, le loro mani furono ovunque, i loro respiri si unirono come nebbia e montagna. I loro occhi si osservarono a vicenda, le loro labbra viaggiarono sulla pelle di entrambi. Le loro voci si chiamarono a vicenda, le loro anime si toccarono come fuoco e legna. Sebastian guardò i loro bacini unirsi con perversione, guardò il corpo di lei sotto il suo dominio e la strinse a sé, le graffiò la schiena e le baciò il collo. Le strinse i capelli lunghi, poi le aprì di più le gambe e danzò fra le sue cosce e si spinse più in profondità contro il sesso caldo e pulsante di lei che lo accolse. Maria desiderò baciarlo su quelle sue labbra tanto belle e piene ma, se l'avesse fatto, lui l'avrebbe rifiutata. Strinse le sue mani sulle braccia di lui e lacrimò di piacere, si sentì all'apice del piacere proprio come lui, non avrebbero resistito per molto. I gemiti di Sebastian la fecero impazzire e il respiro del ragazzo fu forte come quello di un leone e i suoi occhi fini e cattivi come quelli di un predatore. Lo sguardo di Maria si trasformò di nuovo, Sebastian la guardò e impazzì: «Mi fai impazzire così.» ringhiò lui, poggiò la fronte contro quella di lei e spinse ancor di più.
In quel momento parvero un leone e una leonessa.
Si unirono per la seconda volta e, di nuovo, i loro corpi combaciano alla perfezione.
Sebastian fu la legna, Maria il fuoco: lui accese lei, lei lo bruciò.
Maria fu la montagna, Sebastian la nebbia: lui passò dentro il bosco, lei lo accolse.
Bruciano come anime dannate, si guardarono pericolosamente negli occhi e, quando furono vicini, Sebastian uscì da lei prima di venire e la strinse a sé con forza. La graffiò sui fianchi e sulla schiena mentre si riversò fra le gambe di lei. Maria urlò quasi e il suo corpo tremò quando venne, lo strinse a sé e circondò i suoi fianchi con le gambe e lo strinse, lui respirò contro il collo di lei, lei invece contro quello di lui. Entrambi ripresero fiato mentre le gambe di Maria tremarono, dopodiché, il biondo lasciò sul collo di lei tre semplici baci e poi la guardò negli occhi: i loro respiri si unirono ancora e i loro nasi si sfiorarono. Sebastian la guardò con gli occhi ancora rossi e famelici, Maria invece lo guardò con occhi lucidi e con stanchezza. Il principe le coprì le cosce con la vesta e le strinse di nuovo con gelosia. Quando la campana della chiesa della città suonò a mezzanotte, Sebastian le sussurrò con un ghigno...

«Buon diciannovesimo compleanno, Maria.»



𝐈𝐥 𝐏𝐫𝐢𝐧𝐜𝐢𝐩𝐞 𝐞 𝐥𝐚 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora