Non fecero altro che parlare, guardarsi e accarezzarsi ogni tanto, durante quei piccoli attimi di silenzio, poggiati ad una finestra, la stessa sulla quale Sebastian si poggiò sempre sin da piccolo. La stessa finestra, sulla quale Maria dormì e attese il suo ritorno durante quei tristi giorni.
La vista perfetta del regno illuminò a malapena i loro volti, i loro corpi rimasero fermi in quella tranquilla penombra, in quel silenzio confortante che loro tanto amarono in quel momento, aggraziati dalla luna che brillò attraverso il vetro. Sebastian respirò lentamente e poggiò il capo contro il marmo dietro di lui, osservando la tenera figura della sua bellissima, ammaliante e preziosa Henula. Dal cielo, le stelle brillarono più del solito, le nuvole non offuscarono quella straordinaria vista dal basso, il che, significò solamente una cosa: «Ti senti a tuo agio.» mormorò il principe, davanti a lei. Maria distolse lo sguardo dalla bellissima vista che si ritrovò davanti, oltre quel vetro, e osservò il suo meraviglioso guerriero dai capelli biondo platino e gli occhi lucenti come il cristallo. Non riuscì a resistere alla tenerezza di quel viso, nonostante i forti lineamenti mascolini misti a quelli dolci e femminei, che sciolsero il suo cuore. Portò un dito lungo le sue lentiggini, toccandole una ad una, come se stesse contando le stelle: «Mi sento a casa... forse, è per questo.» rispose lei.
«Tu sei a casa, adesso.» ribatté lui con calma, lasciandosi toccare il volto in quel modo solo da lei, in quel momento.
«Pensare che il destino ci ha uniti da secoli... mette i brividi. Non sapere di possedere il ritratto di tua madre, affianco a mio nonno, mi ha fatto venire i brividi. Non ho mai provato questa strana emozione, tanto da procurarmi questo effetto.» parlò ancora lui. Maria lo ascoltò attentamente, ripensando davvero a tutte quelle "assurdità" che fecero venire i brividi anche a lei stessa. Osservò ogni singolo angolo del volto del principe, salì con la mano fra i suoi capelli e li accarezzò, perdendosi nella loro morbidezza, in quelle ciocche lisce. Li guardò, passando la mano dall'alto verso il basso... ritornò come bambina, come quando, da piccola, ricordò i bellissimi campi enormi di fiori di tutti i tipi, dentro i quali correva, dormiva e giocava, in compagnia di qualcuno che lei vagamente riuscì a ricordarne qualcosa, se non i capelli... biondi, quasi bianchi, lunghi e mossi come quelli corvini di lei, sciolti lungo una veste bianca, la stessa che da piccola indossava sempre lei. La sua mano, minuta, accarezzò le ciocche mosse e quasi bianche della strana bambina davanti a lei, che corse fra i fiori. Il vento soffiò fra i loro capelli contrastanti e Maria si risvegliò dallo strano ricordo o visione che si innescò, non appena toccò i capelli dell'uomo che tanto amò. Maria sorrise, senza un motivo, come se quel ricordo le avesse recato soltanto che spensieratezza. Sebastian, nel frattempo, chiuse gli occhi a quelle carezze, e quando lei si fermò, li riaprì. Incrociò il suo sorriso e ridacchiò: «Che c'è?» domandò.
«Sembravi un gattino.» rispose Maria, ridendo.
Sebastian si avvicinò a lei e sfregò i loro nasi, come se fosse un felino: «Un gattino o un leone?» sussurrò lui. Maria ricambiò il suo gesto, con le mani poggiate sopra le sue, contro il marmo sotto di loro. «Un leone dal manto bianco.» rispose lei, ridacchiando. Sebastian la guardò, perso, pazzo, innamorato di lei. Poggiò anche la fronte contro quella di lei e sfregò leggermente, poi si spostò sul sulla sua guancia e poi sul collo, attratto dal suo calore, dalla sua morbidezza e dal suo profumo. Come un docile felino, accarezzò con quei gesti del volto la sua amata, come un leone che coccola la sua leonessa con premura.
Maria alzò le spalle per i brividi e scoppiò a ridere, «Mi fai il solletico così. Dai... Seb-» la voce della corvina venne interrotta dal forte suono dei corni e dalle improvvise urla della gente. Sebastian si bloccò subito, sentì un colpo al cuore, come se una voragine si fosse aperta nel suo petto, come un'enorme ferita. Si voltò lentamente verso la finestra, mentre le luci delle fiamme illuminarono i loro volti e i loro occhi. Quella luce calda si accese sempre di più davanti ai loro volti, e come un orribile deja vu, Sebastian si allontanò immediatamente dalla finestra, tirando Maria dal polso per stringerla a sé. «Cosa...cosa?» Maria si agitò, il respiro mozzato e le gambe deboli. Il fuoco si accese dentro le torri, prolungandosi sopra tutto il muro che circondò la città Nordica. La neve si sciolse e gli arcieri, sopra le torri, caddero contro il suolo, ma senza ferirsi o bruciarsi. Alzarono i loro archi e attaccarono in alto con le loro frecce, nel vano tentavo di colpire il nemico che attaccò col fuoco dall'esterno. La gente corse per le strade e le piazze, urlando, inciampando a terra e spingendosi a vicenda, assolti dal panico più totale. Le grandi porte delle mura iniziarono a tremare e delle grosse fiamme si alzarono dietro di essa, annunciando ormai l'arrivo del nemico alle porte della città. «Dannazione... Dannazione!» esclamò Sebastian, Maria sussultò ma il principe la tirò via con sé in una disperata corsa. Dentro le mura del castello si scatenò il caos, tutti corsero da una parte all'altra, gli uomini delle truppe di Alex, privi delle loro armature, corsero comunque verso l'uscita, cercando di capire in tutti i modi da dove provenisse l'attacco improvviso. A loro, si aggiunsero anche le guardie del castello: «Principe Sebastian, dobbiamo ringraziare Dio per non averci permesso di partire, questa notte. Uniti insieme possiamo farcela.» parlò un uomo, appartenente alla piccola truppa di Alex, il quale, arrivò di corsa affiancato da Marcus. Sebastian guardò tutti gli uomini, privi delle loro difese. «Le armature! Andiamo!» ordinò subito Alex ai propri uomini, guidandoli verso l'interno del castello per recuperare tutte loro armature, anche se malandate. Marcus osservò il fuoco alzarsi sempre di più attorno alle mura, il fumo toccò il cielo stellato... tutto si trasformò in un vero e proprio inferno, davanti ai loro occhi. «Sebastian...» mormorò il padre, con gli occhi già tinti di sangue. Il figlio si voltò lentamente, con sguardo tagliente e vendicativo.
«Vai.» ordinò Marcus. Il principe, quasi stritolò il polso della fanciulla accanto a sé, poi, si teletrasportò improvvisamente, svanendo dal fianco della corvina.
Maria tremò e guardò il vuoto accanto a sé, respirò forte e le sue mani tremarono... troppi ricordi, ritornarono a galla nella sua mente. «Maria!» gridò Anna alle sue spalle, affiancata da Kate e Olivia che, come matte, corsero verso di loro. «Voi! Andate! Trovate un riparo!» esclamò Marcus, spingendo le tre donne verso l'interno del castello, ma dietro di lui, un grosso tonfo fece tremare la terra. Abbassarono le teste per il forte suono e sussultarono, poi, si voltarono verso l'entrata della città; le grandi porte vennero gettale al suolo, schiacciando alcuni cittadini che sfortunatamente si ritrovarono al di sotto. Le guardie e gli arcieri vennero scaraventati via violentemente, da delle forze invisibili che spinsero anche i poveri cittadini che osarono intralciare il loro cammino. Sopra le porte, quasi centinaia di uomini e donne, dagli occhi luccicanti d'argento e le zanne lunghe, camminarono dietro due figure che, pian piano, si rivelarono dietro la grande polverara fumo. I boschi andarono in fiamme dietro di loro, attorno a tutte le mura della città, le fiamme si accesero improvvisamente dentro le case, i negozi e le strade, illuminarono i volti degli artefici di tutto quel male.
Lo sguardo di Maria si trasformò, le sue mani tremarono di rabbia, serrandosi in due pugni. Il suo sguardo si chinò leggermente verso il basso e i suoi occhi assunsero la forma di una vera e propria predatrice. Brillarono di quel color ambra che si mischiò al colore del fuoco, il suo petto si alzò e si abbassò prepotentemente. «Cristina...» sussurrò con rabbia la corvina, fissando la figura dei due ibridi, prendersi gioco dei cittadini in difficoltà davanti a loro.
Quella voglia matta di ucciderla... si risvegliò nuovamente in lei quella notte. Le mani della Regina e della dama afferrarono la fanciulla dai polsi, trascinandola con loro fin dentro l'enorme struttura, Marcus, nel frattempo, estrasse la spada, preparandosi agli attacchi.
La miriade di ibridi, entrarono fin dentro le case dei cittadini, sfondarono tutte le porte dei negozi e distrussero tutti gli orti e i giardini. Gettarono al suolo tutti i carri e le bancarelle, uccisero animali e persone... più avanzarono, e più ne uccisero. Cristina e suo fratello, Alan, camminarono al centro delle strade, osservando come tutti i loro alleati spezzarono e azzannarono gli arti di quella povera gente, davanti ai loro occhi. Roteando la propria spada, la principessa ibrida spinse a terra un bambino, con un calcio, dandolo in pasto a due ibridi lupi, che saltarono addosso al quella povera anima per divorarne la carne. Cristina non reagì in nessun modo, bensì, si voltò verso il castello e con rabbia ringhiò: «Dobbiamo uccidere loro, Alan.»
Il fratello mosse una mano contro un soldato che cercò di attaccarlo, e con le sue doti da ibrido stregone, lo scaravento contro delle lance, uccidendolo sul colpo. In cima alle scale del castello, Alan sogghignò pericolosamente, avvicinandosi all'orecchio della sorella:
«Cerca l'Henula... mi serve.» le sussurrò. Cristina si leccò le zanne con gelosia e rabbia, solo al pensiero di dover rincontrare l'umana... il sangue ribollì dentro le sue vene.
«Vai.» ringhiò Alan, voltandosi subito dopo per parare il colpo di spada dei due Re, che cercarono di attaccarlo alla sprovvista. Cristina svanì dal suo fianco, così Alan riuscì a muoversi perfettamente per mancare gli altri colpi.
«Alan Shian.» disse Marcus, con tono acido. Alex girò le sue due spade agilmente, incrociando lo sguardo freddo del principe ibrido, «Morirai nella tua convinzione, come tuo padre.» ringhiò Alex, ma l'ibrido ridacchiò, mostrando ai due Re i suoi due canini luccicanti e sporgenti.
«Magari, giocherò con la tua testa... come ho fatto con tua moglie.» rise il principe, scatenando la furia di Alex che si gettò immediatamente all'attacco. Assieme a Marcus, scontrarono le lame delle loro spade contro quella dell'ibrido, lo spinsero e attaccarono da ogni singola angolazione, ma Alan parve sfuggire ad ogni loro tentativo d'attacco. Marcus, preso dall'ira, alzò la spada in aria e la scontrò contro quella del nemico, il quale la parò e si spinse contro di lui: «Marcus... dov'è tuo figlio?» domandò con malignità Alan, incrociando il suo sguardo sadico contro quello rabbioso del Re. «Fa il vigliacco, adesso?» lo istigò ancora il giovane, inalberando i due uomini che, nuovamente, lo attaccarono come due furie.
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𝐈𝐥 𝐏𝐫𝐢𝐧𝐜𝐢𝐩𝐞 𝐞 𝐥𝐚 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐚
Fantasy"Ella fu così tremendamente diversa, così ribelle, così forte ma allo stesso tempo fragile come una rosa rossa. Quella piccola donna stravolse l'orgoglio e la potenza di quel vampiro così mostruosamente e pericolosamente affascinante, da costringerl...