𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 77° - 𝑳𝒐 𝒔𝒑𝒆𝒄𝒄𝒉𝒊𝒐.

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«Mary...Mary...»

La chiamò sottovoce Anna.
La stanza si colorò leggermente di rosa e arancio, il cielo stellato lentamente svanì dietro l'infinito oceano che si affacciò sul lato del castello e, il sole, dietro le montagne, mostrò l'alba con prepotenza... come se, persino il tempo stesso, stesse avvertendo tutti del grande e ansioso giorno della partenza. Con la mano, Anna smosse leggermente l'amica dalla spalla pur di risvegliarla dal suo profondo sonno; non l'avrebbe di certo lasciata lì da sola, durante la partenza dell'uomo che tanto amò. Maria aprì lentamente gli occhi, leggermente stordita dal sonno, ma guardò comunque l'amica, con sguardo assonnato e quasi stranito, come se si fosse dimenticata di quel fatidico giorno. Dormì così beatamente dentro la stanza della dama, tanto da dimenticare completamente l'orribile ansia che, la notte precedente, la tormentò parecchio.
Anna le sorrise leggermente a labbra chiuse, da un lato sollevata moralmente alla percezione della serenità dell'umana, ma poi, dovette per forza rompere il ghiaccio, e ricordarle del famoso giorno. Con un semplice cenno della testa, le indicò la finestra accanto a lei, con uno sguardo già malinconico e ricco di ansia. Maria aggrottò la fronte e in silenzio osservò anch'essa la finestra, dalla quale si intravidero chiaramente le prime luci dell'alba; ecco il perché di quel suo forte sonno. Ma nonostante il corpo fosse ancora atrofizzato per il veloce risveglio, Maria si mise subito seduta, con gli occhi fissi contro quella luce che, normalmente, dovrebbe rallegrare il cuore e ricordarle la lunga notte passata col principe Sebastian... quando lui la portò a vedere l'alba ma... quel mattino, fu ben diverso dal solito. Quei raggi solari, le ricordarono sempre i suoi calmi risvegli nei suoi anni di sopravvivenza durante la sua fuga; ad ogni raggio di sole, ringraziò Dio con ogni preghiera, grata della vita che le donò, nonostante la sua continua lotta contro la sopravvivenza. Si sentì viva ad ogni alba, ma quel mattino, per la prima volta in vita sua, si sentì morire. Soffocata da un abisso di ansia continua che levò via il suo velo bianco di serenità. Anna abbassò lo sguardo e sospirò molto profondamente, i suoi occhi si spensero, ma il suo leggero sorriso non si scollò dal suo volto. Si alzò subito dopo e si diresse verso il tavolo, sul quale ci fu poggiato un vassoio d'argento con del latte caldo, del miele, del pane appena sfornato e tagliato, della marmellata di fragole e un grappolo d'uva verde appena raccolto. Si voltò verso l'umana affamata e, nuovamente, si sedette accanto a lei, e appena le porse il vassoio, Maria si voltò subito.
Annusò con calma l'odore del pane, del latte caldo e del forte miele, messo dentro un piccolo piattino fondo in vetro, accanto alla grande tazza calda di latte. Con i suoi occhioni guardò il tutto, e solo essi espressero perfettamente quanta fame richiamò il suo stomaco. Rimpianse il cibo che non mangiò - per nervosismo - la sera precedente, e quasi non le parve vero che quel vassoio fu riempito in quel modo solo per lei, quel mattino.
«Devo vederti mangiare con i miei occhi, resterò accanto a te fino a quando non finirai tutto.» le disse Anna, porgendole subito il vassoio sopra le gambe e Maria lo prese, con titubanza: «Questo cibo è...troppo, io non-» parlò subito la corvina, ma la dama le avvicinò subito la tazza di latte sulle labbra, mentre con l'altra mano, alzò il pane davanti ai suoi occhi: «Non voglio vedere nemmeno una briciola di questo pane, nemmeno una goccia di latte sul fondo di questa tazza.» Anna però la interruppe subito, zittendo la corvina accanto a sé. Maria si arrese e sospirò sonoramente, un po' controvoglia, prese la tazza fra le mani e guardò dritto davanti a sé, mentre ne bevve pian piano i primi sorsi. Più ne bevve, più il suo stomaco brontolò, in cerca di altro cibo. Sentì fame, e tanta anche, ma allo stesso tempo non avrebbe voluto sgarrare col cibo.
Quelle dannate fissazioni... solo Anna le avrebbe mandate via, viziandola con ogni tipo di prelibatezza che solo lei sarebbe riuscita a ricreare in cucina. La rossa sorrise d'istinto a quella vista, contò ogni sorso che Maria bevve e, subito dopo, la fermò, solo per immergere un po' di miele dentro il latte e poi mescolare. «Assaggia così.» le disse, mentre posò il cucchiaino sopra un tovagliolo, all'interno del vassoio. Maria non esitò, e appena assaggiò la bevanda calda con il miele aggiunto, quasi roteò gli occhi per il piacere che le sue papille gustative le regalarono:
«Buono?» ridacchiò Anna.
«Da morire.» le rispose Maria.
Con fretta, poi, la corvina bevve rumorosamente, sopraffatta dalla sua forte fame che la guidò al finire la bevanda solo dopo pochi sorsi pieni. Anna ridacchiò a quella reazione, e non contenta le porse il pane croccante - tagliato in cinque fette - e la marmellata di fragole, le diede un coltello per spalmare e assieme a lei spalmò la deliziosa marmellata sul pane. «Ho fatto tutto io, anche questa.» le disse la dama, mentre Maria morse velocemente un pezzo di pane assieme alla marmellata di fragole. Chiuse gli occhi e masticò con soddisfazione, «Sei una cuoca...» le disse a bocca piena, e Anna ridacchiò quasi con vanto: «Cucinerò queste cose solo per te; sai, non tutti sanno che una delle mie più grandi passioni è la cucina.» le sussurrò l'amica, come se fosse quasi un segreto da mantenere, ed entrambe risero, soprattutto Maria, per via dello strano tono buffo che mostrò Anna mentre le rivelò una delle sue tante passioni. Fra piccole parole delle sottovoce, risate e sguardi buffi, Maria finì di mangiare tutte le fette di pane e l'intero grappolo d'uva verde che lei tanto amò.
Mentre Anna posò il vassoio sul tavolo, Maria tenne fra due dita l'ultima pallina d'uva e ridacchiò: «Una volta rubai un cesto intero d'uva verde, in un villaggio. Un grosso uomo mi rincorse fino ad un lago con un macete in mano.» ammise, con divertimento. Quel grappolo d'uva le riportò a galla troppi ricordi che, però, la fecero soltanto ridere di gusto. Anna si voltò subito verso di lei, sorpresa ma divertita: «Non hai avuto paura?» le domandò, Maria lanciò l'ultima pallina d'uva verde in aria - come un maschiaccio - e aprì la bocca, prendendola in pieno. Masticò, e con un piccolo sorrisetto rispose alla dama: «Io cercavo il rischio, faceva parte della mia sopravvivenza... come se per me, il guaio, fosse una sorta di fonte di vita che mi portava al continuare a vivere e rischiare per qualsiasi cosa. Noi rischiamo, pur di vivere. Io vivevo per rischiare, pur di continuare a crescere. Essere rincorsa da un grosso uomo con in mano un macete, non mi terrorizzava affatto... Ma vivere senza il rischio di non conoscere nulla, si che mi terrorizzava.» rispose l'umana, con semplicità e tranquillità, con quel suo sorriso divertito stampato sul volto... Anna rimase stranita ma profondamente colpita dalla stravagante risposta che la corvina le diede.
Si aspettò una semplice e classica risposta comune, e invece, udì l'opposto. Avvertì chiaramente un forte spirito in Maria, quasi non umano; come se fosse una strana creatura, proveniente da un pianeta lontano, disperso nella galassia. Le sorrise, anche se pensierosa, in cerca di un pensiero logico, di una risposta certa sul perché di quella sua sensazione...non la trovò. Piuttosto, si schiarì la voce e alzò il capo, si raddrizzò con la schiena e col petto e le indicò i capelli: «Vieni a pettinarti i capelli, sembri una pazza così.» le disse, mentre Maria si toccò i capelli con curiosità e sbuffò. Molte ciocche furono incastrare fra loro, così si alzò subito dal letto e s'avvicinò alla dama, la quale la rivolse verso un grande specchio su un lato della camera, accanto alla porta. «Devo aiutarti io in questo caso.» disse Anna, e con le mani sopra i fianchi le guardò per bene i capelli, come una severa insegnante. Maria tenne la testa leggermente bassa e giocò con le proprie dita, come una bambina, e nel mentre canticchiò qualcosa. Anna la guardò dallo specchio e, a quella tenera vista, non riuscì a trattenere un sorriso spontaneo. La scrutò attentamente e, subito dopo, iniziò a pettinarle i capelli da dietro, con più delicatezza possibile. Sciolse i due nodi che si crearono fra alcune ciocche, pettinò la base fino alle punte, portando tutti i capelli indietro, ma Maria fece una smorfia non appena vide il proprio volto completamente scoperto. Anna la notò e alzò un sopracciglio: «I capelli davanti al volto non vanno bene. Ora prendi questo mantello e indossalo, così possiamo uscire fuori, fra poco partiranno.» le disse la vampira, e con frettolosità andò a posare il pettine sopra un mobiletto, mentre Maria, davanti lo specchio, prese il mantello imbottito poggiato su una sedia accanto a lei, e mentre si guardò allo specchio, lo indossò con calma. Appena la pelliccia cadde sopra le sue spalle e il manto nero toccò leggermente fino a terra, scosse la testa tre volte, e i capelli ritornarono ribelli davanti ai lati del suo volto. Si guardò nel riflesso e sistemò per bene i bottoni del mantello; li chiuse uno ad uno con ordine mentre ne osservò ogni singolo particolare. Curiosa, ammirò i contorni del grande specchio, decorati da forme morbide e semplici, dal colore oro - ormai dominante - con preziosi e piccoli rubini incastonati, sparpagliati per le decorazioni dello specchio.
Un leggero tocco, sul vetro, attirò subito la sua attenzione, come se due dita avessero accarezzato il vetro, procurando così un rumore leggermente stridulo a contatto con la pelle. La corvina assottigliò gli occhi e aggrottò la fronte, estremamente stranita e... sconvolta, dalla presenza di un ragazzo vestito elegantemente in nero, all'interno di esso, proprio davanti a lei.
L'umana si pietrificò sul posto e lo fissò, con gli occhi sgarrati e il fiato mozzato. Si sentì quasi soffocare, per l'incredibile somiglianza che quello strano ragazzo ebbe con Sebastian.
Il taglio dei suoi occhi... a mandorla, fini e freddi, come quelli di un felino. Chiari come il ghiaccio ma allo stesso tempo tendenti quasi su un verde strano e quasi fluorescente... le ciglia folte e nere, come le sopracciglia corrugate anch'esse in una strana espressione di stranezza, proprio come Maria. Le guance rosse, fecero contrasto con la sua pelle bianca e un po' pallida, la quale, mise in risalto le sue lentiggini e i suoi folti capelli mori, leggermente lunghi e dai particolari riflessi biondi. Le labbra... carnose e rosse, dalla forma quasi a cuore, il suo naso grande ma delicato, dalla forma leggera come un'onda e, il suo volto, ovale, dagli zigomi alti e dalle mascelle ben pronunciate come ogni suo singolo lineamento mascolino ma irresistibilmente effemminato... poi, il suo corpo snello e le sue gambe slanciate, misero in risalto la sua notevole altezza e muscolatura ben definita e virile; ogni singola caratteristica, rispecchiò esattamente Sebastian.
Alla perfezione. Persino lo sguardo, l'espressione che il fanciullo assunse in quel momento, alla vista della corvina davanti a sé, fu anche identica a quella di lei, tanto che, sicuramente, avrebbe di certo fatto ridere qualcuno.

«Mamma...?»

La voce del ragazzo, incredibilmente scura, fece sussultare Maria sul posto. La corvina si strinse le mani al petto e non gli rispose, lo fissò quasi con paura ma, quest'ultimo, subito dopo, voltò il proprio sguardo indietro, come se qualcuno, in quel momento, l'avesse richiamato. Subito dopo, il riflesso del ragazzo si mosse come acqua limpida davanti a Maria, ogni cosa si sbiadì, fino a quando ogni linea tornò finalmente al suo posto. Maria rivide nuovamente se stessa riflessa e non più lo strano ragazzo, dalla particolare bellezza quasi spaventosamente identica a quella di Sebastian. La fanciulla rimase immobile, pietrificata sul posto mentre Anna la richiamò svariate volte. «Mamma?» pensò nel mentre, con stranezza... perché quel ragazzo la chiamò in quel modo?
Ma soprattutto, quel ragazzo, che diavolo era?
Perché proprio lei l'ha visto?
Come è stato possibile?
Forse, la stanchezza quel mattino le giocò sicuramente qualche brutto scherzo...
Scosse la testa subito dopo e distolse finalmente lo sguardo dal vetro, poi si voltò verso la dama, la quale, guardò con attenzione e silenzio fuori dalla propria finestra: «Sono tutti pronti... guarda, Maria.» le sussurrò la rossa, indicandole fuori dalla finestra con un dito. Maria s'avvicinò subito e si sedette accanto a lei, così da poter osservare meglio il cortile interno del castello, pieno zeppo di soldati con addosso le loro armature...

Il giorno non atteso, arrivò.

𝐈𝐥 𝐏𝐫𝐢𝐧𝐜𝐢𝐩𝐞 𝐞 𝐥𝐚 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora