Capitolo Cinque

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Edward Murphy affermava che: "se ci sono due o più modi di fare una cosa,
e uno di questi modi può condurre a una catastrofe,
allora qualcuno la farà in quel modo."

Ironico, a tratti catastrofico anche, ma assolutamente veritiero. Nel corso della mia vita mi era capitato più volte di dare fondamento scientifico a quella legge, se c'era la possibilità che qualcosa potesse andarmi storto state sicuri che sarebbe successo.
E che io sicuramente avrei contribuito.

È un assioma matematico e contro la matematica si può fare poco e niente, la stessa teoria delle probabilità ci dice che il fatto che un evento catastrofico sia improbabile non vuol dire che esso non possa verificarsi, soprattutto se parliamo di me. Potevo accertare che la legge di Murphy funzionava alla grande, ne avevo avute tante dimostrazioni e una era proprio quella che mi si stagliava difronte in quel momento.

Forse l'universo ce l'aveva con me, forse mi ero comportata male in un'altra vita e adesso stavo scontando la pena di tutti i miei peccati precedenti perché davvero, diciamocelo, avere tanta sfiga nella vita non poteva essere assolutamente normale.

Ero impalata sul sedile della mia auto da almeno quindici minuti, dal parcheggio dov'ero vedevo la folla che entrava e usciva entusiasta dal locale appena inaugurato da Sophie.
Vi chiederete perché me ne stavo seduta invece di raggiungere mia cognata e farle i miei migliori auguri?

Semplice, mi si era appena strappato il vestito mentre scendevo dall'auto, per fortuna nessuno mi aveva ancora visto. E allora vi chiederete ancora, perché non tornare a casa a cambiarsi? Bene, come dicevamo se una cosa può andare male lo farà ma soprattutto se potrà peggiorare oh, state sicuri che peggiorerà sempre di più! Alla sfiga non c'è limite, mai.

Ed ecco perché la ruota della mia auto aveva deciso di bucarsi proprio poco prima di entrare nel parcheggio.
Ma andiamo avanti, perché non chiamare qualche fratello o sorella? Oh la cosa poteva diventare ancora più esilarante, sì perché non avevo un cellulare. Avevo promesso a Matt di prenderne uno nuovo e così avevo fatto solo che non sarebbe arrivato prima di due giorni. Non poteva andare peggio di così, per niente.

Risi istericamente colpendo il volante con i pugni chiusi.
Come avrei fatto adesso? Ero mezza nuda, con una ruota a terra e senza cellulare. Se esisteva qualche entità superiore ero certa che se ne stava ben seduta ad osservarmi e ridere sguaiatamente di me con un bel pacco di caramelle tra le mani, a divertirsi delle mie disgrazie.

«Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo.»

Colpii ancora il volante sempre più frustrata, non avevo una soluzione e il parcheggio era troppo lontano dal locale affinché qualcuno dei miei parenti mi notasse e venisse in mio aiuto. Spostai lo sguardo in alto verso il cielo scuro e terso illuminato da tanti piccoli puntini chiari.

«Che cosa ti ho fatto Dio? Ti diverti così tanto a rendermi la vita un inferno? Oh scommetto proprio di sì, ti immagino proprio mentre sghignazzi alle mie spalle insieme alla tua congrega sacra e santa di tutte le disgrazie che tu mi mandi. Lo ammetto non sono mai stata molto credente ma mi sembra che tu stia un tantino esagerando! Sei troppo permaloso per essere una divinità senza corpo né materia, non ci si accanisce in questo modo su di una povera mortale! Sei sadico! Forse è per questo che Lucifero ha deciso di abbandonarti, non hai senso dell'umorismo!»

Speravo davvero che il mio discorso senza senso arrivasse a qualche entità superiore, magari che lo facesse sentire anche in colpa per come stava trattando una povera umana indifesa.

«Vega?»

Il mio corpo si ghiacciò, potevo sentire i muscoli solidificarsi e l'immancabile sensazione di puro imbarazzo che mi stava bruciando il viso.
Porca paletta.
Portai le mani sul viso per coprirlo scuotendo rapidamente la testa sperando invano di diventare invisibile.

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