Capitolo Quarantasei

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Phoenix

Svegliarsi con il corpo di Vega comodamente steso per metà sul mio era un altro tipo di felicità che non riuscivo a spiegare con le parole che sembravano fin troppo superflue rispetto a ciò che stavo provando vedendola tranquillamente addormentata.

La guancia premuta sul mio petto in corrispondenza del cuore che aveva iniziato a battere veloce appena i miei occhi l'avevano notata lì.
Una gamba intrecciata alle mie e un braccio mollemente abbandonato sul mio addome.
Avrei voluto svegliarmi così per il resto della mia vita.

Sorrisi assonnato passandole la mano nei lunghi capelli chiari saggiandone la morbidezza. Un'occhiata veloce alla sveglia mi confermò che avevo ancora un po' di tempo prima di dovermi alzare per prepararmi e andare al lavoro.
Quindi mi sarei goduto appieno quel momento e il suo viso rilassato come non l'avevo mai visto.

Ero sicuro che dopo averle mostrato le cicatrici mi sarei sentito male e invece mi sentivo solo incredibilmente leggero e tranquillo.
Volevo davvero che sapesse tutto di me e l'avrei fatto, le avrei raccontato tutto.
Solo non sapevo ancora quando, non volevo appesantirla anche con il mio passato, non ora che Howard era in città.

Avvicinando il mio viso al suo tracciai una linea di baci su tutta la sua guancia fino ad arrivare alla tempia per poi fare il percorso a ritroso cercando di essere il più delicato possibile per non disturbare il suo sonno.
Ma il lieve incurvarsi delle labbra rosa mi fece capire che forse non ero stato poi così delicato o forse lei era già sveglia.

«Mh mantieni le promesse, punto enorme a tuo favore, signor Grinch.»

La voce bassa e roca piena di sonno mi causò una stretta allo stomaco e la cosa peggiorò quando i suoi occhi cristallini si aprirono, lucidi e pimpanti, la pupilla ridotta a un puntino nero circondato da quel mare azzurro.

Era illegale essere così attraenti appena svegli.
Non poteva sembrare un mostriciattolo con i capelli sfatti, gli occhi gonfi e la bava?
Quell'aspetto avrebbe mandato la mia sanità mentale in un viaggio di sola andata per il Burundi.

«Buongiorno Gremlin.»

Lamentandosi si stiracchiò contro di me nascondendo il viso nel mio collo e inspirando forte.
Chiusi gli occhi stringendomela addosso avvolgendo la sua vita piccola con le braccia intrappolandola contro di me.

«Resti qui?»

Piagnucolò contro la mia gola.
Sorrisi soddisfatto.

«Lo farei volentieri ma purtroppo devo andare allo studio.»

Brontolò qualcosa di incomprensibile.

«Ci vediamo stasera allora?»

Oh no.
Dannazione.

Sospirando deluso scossi la testa, lei si allontanò facendomi sentire la mancanza del suo corpo che immediatamente riacciuffai prima che potesse distanziarsi del tutto da me.

«Howard vuole cenare con me.»

L'espressione serena sparì dal suo viso sostituita da una spaventata.

«Non puoi andarci sul serio.»

Provò ancora ad allontanarsi ma
dandole un buffetto affettuoso sul fianco le feci capire che doveva stare ferma e buona accanto a me.

«Devo invece, non vogliamo che si insospettisca no? Sarà rapido e indolore, un paio d'ore e sarò a casa. Promesso.»

Sbuffando dal naso con espressione contrita si riaccomodò sul mio petto.

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