Capitolo Settantacinque

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«Vuoi un po' d'acqua?»
«No.»
«Una caramella alla fragola?»
«No.»
«All'anguria?»
«No.»
«Un-»
«Viktor sta' zitto e smettila di offrirmi cose
«Non lo sto facendo per gentilezza.»

Il suo tono disgustato al solo pensiero di un eventuale gesto gentile mi fece voltare verso di lui.
Le luci al neon della centrale di polizia di San Diego facevano apparire il suo incarnato grigiastro ma nonostante ciò continuava ad essere di una bellezza sfacciata e disarmante.
Stravaccato sulla sedia in attesa che Killian o qualsiasi altra persona lì dentro ci dicesse cosa fare o dove andare.

«Perché diavolo me le offri allora?»

Lisciò la camicia nera spiegazzata, sistemò i polsini poi alzò lo sguardo verso l'ufficio di Killian.

«Perché hai la faccia di una che sta per vomitare sul tavolo degli interrogatori. È risaputo che mangiare una caramella diminuisca l'ansia e la nausea. Voglio semplicemente evitare che tu mi vomiti addosso, non ci tengo sai.»

Si beccò un piede pestato e un'occhiata truce quando controvoglia aprii il palmo della mano verso di lui che con un grugnito mormorò:

«Pesca o limone?»
«Non erano fragola o anguria?»
«Be' sì, prima che le mangiassi io.»

Dio dammi la forza. Dio dammi la forza. Di-
Una caramella rosata si posò sul palmo della mia mano, sbuffando con i nervi a fior di pelle ficcai il dolcetto in bocca succhiandolo come se da lì avessi potuto trarre il coraggio necessario per entrare in quella sala.

Killian ci aveva informato che non saremmo potuti entrare nella sala ma avremmo visto e ascoltato tutto dietro al vetro oscurato e Killian avrebbe indossato un auricolare in cui avrei potuto suggerirgli domande specifiche.

Viktor alle mie spalle intonò un motivetto fischiettato. Sembrava totalmente a suo agio e rilassato come se non stessimo per sentir parlare il tizio che mi aveva quasi rapita e quasi ucciso il mio amico.
Avrei pagato oro per poter avere un briciolo di quella calma che lo contraddistingueva.

«Allora...»

Iniziò in tono vago, lo guardai da sopra la spalla in modo non proprio amichevole.
Se in ospedale avevo pensato che fosse davvero un bel tipo, dopotutto, adesso mi stavo ricredendo.
Era assurdamente fastidioso.

«Allora cosa

Si guardò distrattamente le unghie della mano destra.

«Vi siete limitati ad ammirare l' uno i begli occhi dell'altra pensando a quanto fossero stupendi e luminosi o avete anche parlato come due persone normodotate?»

Mi soffermai a pensare se fossi andata incontro a qualche danno penale se gli avessi tirato una spillatrice in fronte.
Girai completamente il corpo verso di lui puntellando i pugni sui fianchi.

«Non eri tu quello che diceva che non bisogna immischiarsi negli affari degli altri?»

Schioccò la lingua contro il palato prima di degnarmi finalmente del suo sguardo annoiato.

«Sono un avvocato, il mio lavoro richiede di sapere tutto riguardo ai miei clienti.»
«Non cose private!»
«Soprattutto cose private.»

Sbuffai dal naso come un toro infuriato. La capacità che aveva di farmi perdere le staffe sarebbe dovuta rientrare nel Guinness World Record.

«Andiamo, mi sto davvero frantumando le palle qui dentro e un po' di sano gossip mi aiuterebbe a non urlare contro il nostro detective di muoversi. Forza strega, sii altruista e condividi le tue pene con me. Provo sempre una sana gioia nell'ascoltare i drammi degli altri.»

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