Phoenix
Un fischio penetrante nelle orecchie mi aveva quasi costretto sulle ginocchia.
Una forte vertigine mi colpì e per un minuto tutto ciò che vidi fu un vortice nero costeggiato di puntini luminosi.
L'eco di quelle tre parole martellava nello stomaco come se stessi ricevendo dei colpi continui in rapida successione.
Sempre più dolorosi.Il bozzetto, gemello di quello che le avevo regalato, giaceva ai miei piedi, lo fissavo ma non lo vedevo.
Era solo una macchia indistinta sul pavimento nero e lucido.
Era stato un sussurro, un bisbiglio a fior di labbra.Avevo sperato, pregato con tutto me stesso di aver sbagliato a capire.
Non poteva essere così.
Non poteva avermi raccontato una cosa del genere.
Dal nulla.
Fidandosi così tanto di me da tenerlo nascosto ai suoi fratelli, ai suoi genitori.E allora compresi.
La ritrosia al tocco.
La paura degli ambienti dove c'era troppa gente.
La diffidenza.
I sorrisi stentati.
Le notti insonni.
Compresi cos'era quel demone che si portava dentro.
E un po' morii.Ma una cosa non riuscivo a comprendere.
Se era così spaventata all'idea di essere toccata, perché Matthew era l'unico che riusciva a farlo senza correre alcun pericolo?Trassi un profondo respiro, poi un altro, inalando quanto più ossigeno possibile fino ad avvertire i polmoni bruciare e la testa girare.
Quando fui sicuro di essere tornato in me, mi voltai con lentezza verso di lei.Era seduta, dove l'avevo lasciata.
Le gambe strette e le mani premute contro le ginocchia in un gesto spasmodico.
Ma lo sguardo era perso nel vuoto, sconcertata probabilmente da quello che mi aveva detto.
Da quel segreto che si era lasciata sfuggire con me.Ponderando cosa fare, cosa dire, mi avvicinai.
Senza fretta, senza fare mosse brusche, mi inginocchiai davanti a lei.
Il suo volto devastato dalla portata di ciò che mi aveva rivelato. Forse sotto shock per quello.«Ehi...»
Avrei voluto fare tante cose in quel momento.
Rassicurarla.
Abbracciarla.
Dirle che era tutto passato.
Ma l'unica cosa che fui capace di fare fu starle accanto.
Farle capire che ero lì, con lei, per lei.«Io... io non so perché te l'ho detto...»
Mormorò muovendo a stento le labbra.
«Va tutto bene, è tutto okay. Non devi dirmi niente Vega.»
Lottai contro l'impulso di asciugarle quella lacrima, solitaria e silenziosa e per questo più dolorosa, che si infranse sulla sua bocca.
«Adesso, se ne hai ancora voglia, parliamo un po' del progetto ti va? Mi hai raccontato che vorresti allestire un salotto ma non mi hai spiegato il perché.»
Le sue sopracciglia si incresparono e schiarendosi la gola cercò di tornare in sé.
Dovevo mostrarmi tranquillo, non scioccato, non come se qualcosa mi si fosse appena rotto dentro.
Dovevo sembrare forte, almeno all'esterno.Che poi dentro stavo morendo era un altro discorso e non era necessario che lei lo sapesse.
«Mi è sempre piaciuto stare in mezzo alla natura.»
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Universe's Voice
RomanceEssere la secondogenita di sei figli non è mai stato semplice, crescere circondata da cinque fratelli e sorelle, imparare a dividere e condividere tutto, ma Vega ha sempre amato tutto questo. Una famiglia numerosa, amorevole e sempre pronta a sosten...