Capitolo Ottantadue

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Due occhi verde-azzurri mi fissavano, un po' appannati, non propriamente svegli. Ma erano loro.
Era lui.
Batté le palpebre un paio di volte mentre il medico finiva di visitarlo.
Attorno al suo letto, nella stanza 711, non più quell'inquietante sala intensiva, c'era una cupoletta di persone tutte intente a salutarlo, abbracciarlo e baciarlo.

Io me ne stavo in disparte. Ai piedi del letto, a fissarlo come se non ci credessi.
Eppure era proprio lì, davanti a me.
Malconcio sì, ma sveglio.
E stava cercando di parlare e sorridere ai suoi amici e i suoi famigliari.

Due goccioloni di lacrime mi si infransero sulle guance.
Phoenix, al mio fianco l, mi sospinse in avanti poggiandomi la mano alla base della schiena. Mi lasciai condurre incapace di fare il minimo movimento autonomo.
Alya e Jasmine si spostarono per farmi passare e finalmente il viso di Matthew ricoprì tutto il mio campo visivo.

Tutto livido, con la testa fasciata, qualche arto rotto e il divieto assoluto di muoversi, il mio migliore amico ricambiò il mio sguardo.
I suoi occhi erano lo specchio dei miei, lucidi e grondanti di lacrime non versate poi sorrise.
Anche se somigliava più ad una smorfia che un sorriso.
Avrebbe dovuto inquietarmi e invece fu come se avessi visto sorgere di nuovo il sole.

«Ehi Veggy, adesso hai smesso di pavoneggiarti dicendo che sei quasi morta e poi resuscitata. Siamo uno a uno!»

Era tornato davvero.
Il cuore mi si alleggerì e tutta l'angoscia provata nei giorni precedenti svanì all'improvviso quando una risata mista ad un singhiozzo mi dilaniò il petto.

Crollai seduta sul letto, al suo fianco, la mano bendata corse a stringere la mia e ancora una volta mi sorrise ma stavolta vidi la paura sul suo viso.
Chiara e potente.
E mi sentii male per lui e per quello che gli era stato fatto.

«Sono tornato.»

La sua voce era bassa e roca a causa del tubo che aveva avuto in gola fino a qualche ora prima ma il medico ci aveva assicurato che sarebbe tornata normale presto.
Mi chinai verso di lui fino a che le nostre fronti si incontrarono e socchiusi gli occhi fissando i suoi.

«Sapevo che l'avresti fatto.»

Gli sorrisi tra le lacrime dimenticando per un istante le persone intorno a noi.
Avevo tanto da raccontargli e spiegargli ma per il momento doveva riprendersi.
Con calma Matt spostò lo sguardo oltre la mia spalla.

«Ehi, Weasley mancato! Spero che tu non abbia combinato casini mentre ero momentaneamente morto.»

Phoenix rise mentre io strinsi un po' più forte la mano di Matt rimproverandolo con lo sguardo e lui si lamentò.

«Giuro che sono stato bravo.»

Il sorriso lupesco fece capolino sulle sue labbra quando ci raggiunse fermandosi al mio fianco e prendendo posto sulla sedia libera.
Sentii una sensazione di vuoto allo stomaco e una serie di brividi corrermi lungo la spina dorsale.

A stento mi accorsi delle persone che uscirono dalla stanza lasciandoci soli con lui.
Lanciai un'occhiata complice a Phoenix trattenendo con scarsi risultati un sorrisino almeno fin quando Matt provò a ridere dando vita ad un latrato secco e sofferente intervallato da lamenti e suoni strozzati.

«Attento! Ti fai male, idiota.»

Lo redarguii, lui scosse la testa aggiustandosi come meglio poteva sui cuscini con una smorfia di dolore.

«Mi sono appena svegliato da un coma e già mi insulti, non è carino Veggy.»

Mi regalò un sorriso tranquillo ed io trassi un sospiro di sollievo.
Era lì, con me, mi stava sorridendo.
Era tutto al suo posto.
Finalmente.

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