Capitolo Ottantuno

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                      Cassiopea

Quella mattina mi ero ripromessa di essere produttiva e concentrata al massimo, sì su di noi si stava abbattendo una tempesta di proporzioni apocalittiche ma dovevo cercare lo stesso di concentrarmi sul mio lavoro.
E ci stavo riuscendo piuttosto bene almeno fino a quando Viktor non era rientrato con un diavolo per capello sbraitando contro chiunque.

E la situazione era andata solo peggiorando quando in ufficio con lui si erano chiusi i coniugi Carter.
Ero rimasta seduta alla mia scrivania per tutto il tempo di quel colloquio a porte chiuse smaniando dalla voglia di irrompere lì dentro per sapere di cosa stessero parlando da più di mezz'ora.

Quando finalmente erano andati  via avevo tirato un sospiro di sollievo, Viktor era ancora nervoso ma sembrava essersi placato almeno un po'. Almeno con me.
Era stato più forte di me, alzarmi e raggiungerlo per assicurarmi che andasse tutto bene era stato un passaggio automatico e adesso che si era di nuovo chiuso nella sua prigione di ghiaccio mi sentii sprofondare ancora di più.

Non capivo il suo atteggiamento. A dire il vero non lo avevo mai capito, ma in quei giorni era più criptico del solito. Mi trattava con una freddezza e superficialità che non era solito riservarmi e non mi sarei mai aspettata di sentirmi in quel modo a causa sua.

Ero abituata ad un Viktor sfacciato che non perdeva occasione per stuzzicarmi e punzecchiarmi.
E poi non mi aveva più toccata... neanche un misero sfioramento seppur casuale.
Nulla.
Sembrava essersi allontanato completamente stabilendo confini che non c'erano mai stati tra di noi e la cosa mi rendeva inquieta e... dispiaciuta?

Perché diamine dovevo sentirmi così poi?
Io e Viktor non avevamo mai condiviso nulla di concreto se non quella volta nel parcheggio sotterraneo e il giorno dopo nel suo ufficio, ma avevo ricondotto tutto all'adrenalina e alla paura provata quella sera.
Un sospiro tremulo mi uscì dalle labbra ripensando a quei momenti e il ventre mi si strinse in una morsa.

Era la prima volta che lasciavo a quei ricordi di tornare a tormentarmi la mente, avevo cercato di tenerli il più possibile lontani da me.
Non volevo cedere a un qualcosa che non aveva futuro, non che al momento cercassi qualcosa di serio o duraturo ma intraprendere una qualsiasi relazione al di fuori del contesto lavorativo con Viktor Stanković era altamente pericoloso.
E io non ero disposta a rischiare.
Non per lui.

Ero stata brava per il resto della mattinata e anche dopo la pausa pranzo riuscendo stranamente a concentrarmi nonostante la porta del suo ufficio rimanesse sempre chiusa.
Che diavolo stava facendo chiuso lì dentro da tutta la mattina?

Nel pomeriggio il mio telefono trillò nel cassetto della scrivania nel quale l'avevo rinchiuso per non avere distrazioni. Lo recuperai scorgendo sullo schermo la notifica di un messaggio nel gruppo dei fratelli denominato Universe's Voice, sì era stata Vega a chiamarlo così, sì era stata un'idea malsana avuta da Sirio e Vega crearlo, ovviamente.

VegaSuperStar:
Andromeda, Alya e Cassiopea a rapporto a casa mia tra dieci minuti. Vedete di muovervi o vengo a prendervi per quei quattro peli che avete in testa.

Meda:
Io sono in ufficio, possiamo fare stasera?

Alya:
Scusa Vivi ma io non sto nello stesso posto in cui c'è quel Blobfish.

Alzai gli occhi al cielo già piena. Il modo di insultare di Alya diventava sempre più strano e pensare di doverle sopportare entrambe mentre si lanciavano frecciatine e balestre intere contro non mi alettava per niente.

Cassiopea:
Qui c'è gente che lavora, a differenza tua che campi grazie alla rendita dei tuoi libri.

La sua risposta fu un adorabile dito medio. Con uno sbuffo mi alzai dalla mia postazione per tornare nell'ufficio della belva assetata di sangue per avvertirlo della mia momentanea assenza.

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