Capitolo Ventinove

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Alya

Il respiro pesante e rumoroso mi rimbombava nelle orecchie, la testa girava e le gambe divennero molli peggio di gelatina.
"La prima coltellata mi ha sfiorato."
"Ha quasi perforato il polmone."
"Stava per colpire l'ovaia."
"Ha provato a soffocarmi."

Le vedevo vorticare davanti ai miei occhi, lettere e frasi senza senso, troppo assurde, troppo atroci per poter essere vere.

«Aly.»

Sussultai quando la sua mano si posò sulla mia spalla.
Ero rimasta lì, non avevo voluto lasciarla. Non avevo avuto la forza di farlo. Più per me.
Erano rimasti anche mamma e papà, al momento rintanati in una delle camere degli ospiti, la mamma sembrava essere caduta in un forte stato di shock.

Avevo anche conosciuto di sfuggita Claire e la piccola Joy beatamente addormentata tra le sue braccia, ora erano sparite anche loro in qualche stanza.
Gli altri tutti andati via con un bagaglio di sofferenza non indifferente che gli pesava sulle spalle.
La colpa che ci accomunava tutti.

«Posso restare qui stanotte?»

Il sorriso dolce e amorevole che mi dedicò rischiò di farmi crollare di nuovo in lacrime, così come la carezza leggera sul viso.

«Puoi stare per tutto il tempo che vuoi, non devi neanche chiedermelo.»

Il labbro mi tremò quando la guardai negli occhi, i suoi erano ancora un po' lucidi ma asciutti. Il viso disteso finalmente da quel peso che si era tolta.

«E posso dormire con te?»

Il tono che usai era degno di una bambina di cinque anni impaurita dal possibile mostro sotto al letto.
La sua bocca si posò sulla sommità della mia testa in un bacio tenero.

«Certo che puoi Lily. Andiamo, è stata una giornata pesante per voi.»

Per noi?
Oh Vega.
Il cuore sopportò un altro colpo ancora.

Quando mi stesi accanto a lei, sotto le coperte, viso contro viso, occhi negli occhi, non potei evitare a quelle gocce di scendere ancora. La sua mano, delicata come il petalo di un fiore me le asciugò.

«Shh, non piangere per me Alya, non ne vale la pena. Sto bene.»

Come poteva continuare a farlo? A preoccuparsi così tanto per noi?
Era lei che stava per essere uccisa!

«Io-io ti devo d-delle scuse.»

Balbettai con la voce che tremava mentre cercavo di evitare che i singhiozzi riprendessero a martoriarmi il petto. Le sue sopracciglia si aggrottarono in un'espressione ferita.

«Cosa? No.»

Annuii spasmodicamente. Lei non sapeva quanto io l'avessi odiata per quel comportamento scostante.
Vedevo Cassiopea soffrire per il suo distacco, Sirio e Al cercare di comprenderla, Meda di giustificarla ed io... io la insultavo con rabbia e rancore.

Mi abbracciò.
Accettando il contatto con il mio corpo.

«Non hai niente di cui scusarti, nessuno di voi. Mi hai capito? Non voglio più sentirti dire una cosa del genere, mai. Ciò che è successo non è colpa di nessuno se non di colui che mi ha fatto tutto questo.»

Come potevo dirle che non bastava per placare i miei sensi di colpa?

«Ricordi Danielle?»

Tornò a sorridere, forse ricordando quel momento di ormai anni fa, frequentavo il primo anno di liceo e lei al terzo. Ero in un periodo delicato della mia vita, mi sentivo confusa e insicura su ciò che ero, su chi ero.

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