Capitolo Quarantatré

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Mi svegliai con la sinfonia del forte russare di Dante in sottofondo. Una vera chicca per iniziare la giornata con il piede giusto!
Però c'era da dire che non si era mosso per tutta la notte da vicino a me, steso comodamente sul tappeto ai piedi del letto.
Alzandomi gli passai accanto, subito si mise in allerta alzando la testa dove depositai una leggera carezza.

«Andiamo cagnolone.»

Scodinzolando mi seguì felice in cucina. La casa era avvolta nel silenzio totale, Phoenix doveva essere andato a lavoro senza avvertirmi.
Sul ripiano del bancone trovai un piattino contenente quelli che sembravano french toast e la caraffa del caffè piena.
Un piccolo sorriso mi spuntò sulle labbra mentre prendevo posto sullo sgabello grigio.

Avrei dovuto chiedergli scusa per il mio comportamento, per averlo allontanato. Aveva ragione lui, come sempre. Decisi quindi che gli avrei mandato un messaggio dopo la colazione. Avevo bisogno di sapere se andasse tutto bene tra di noi e se c'erano notizie dell'arrivo di Corey.
Avrei dovuto fare anche un'altra cosa però, più complicata: dovevo chiamare Killian.
Non potevo più permettere che passasse altro tempo.
Sospirando mangiai qualche boccone ma avevo lo stomaco chiuso per via dell'ansia e non riuscii a finire la porzione che mi aveva preparato.
Premuroso e attento come sempre.

Dopo la misera colazione e una doccia rinvigorente mi accomodai sul divano, i piedi nascosti sotto al sedere e Dante seduto sul pavimento davanti a me che pregava silenziosamente per due coccole.
Lo accontentai mentre, prendendo due respiri profondi, composi il numero di Killian.
Attesi in linea per almeno due minuti prima che rispondesse.

«Pronto?»

Schiarii la voce.

«Killian, sono Vega. Ti disturbo?»
«Vega! Tu non disturbi mai lo sai! Dimmi tutto, avevi bisogno di qualcosa?»

Chiusi per un istante gli occhi massaggiando la base del naso.

«A dire il vero sì, ho bisogno del tuo aiuto. Sei a lavoro?»

Il rumore di sottofondo che sentivo si calmò di colpo, doveva essersi allontanato.

«Sono alla centrale ma posso venire da te. È qualcosa di urgente vero?»

Il tono di voce si fece più basso e serio, aveva capito che c'era qualcosa che non andava, dopotutto mi conosceva bene.

«Sì, ma non sono a casa mia.»
«Mandami la posizione, arrivo subito dopo pranzo.»

Saltai il pranzo ovviamente e mentre aspettavo il suo arrivo non feci altro che camminare su e giù per l'intero salone con le gambe indolenzite e Dante che mi osservava curioso dalla sua cuccetta vicino al tavolino tra i divani.

Avevo mandato anche un messaggio a Phoenix dal quale però non avevo avuto alcuna risposta e questo non fece altro che aumentare la mia ansia.
Era strano, rispondeva sempre a tutti i miei messaggi.
Forse era arrabbiato con me o forse stava succedendo qualcosa allo studio.
L'ultimo pensiero mi contorse lo stomaco dalla tensione.

Il suono del campanello della porta però mi riscosse dalle mie elucubrazioni mentali facendomi saltare dallo spavento.
Corsi ad aprire con Dante che si era messo sull'attenti.
Killian apparve in tutto il suo splendore nella divisa che lo fasciava perfettamente mettendo in evidenza il suo fisico longilineo e tonico.
Il suo saluto fu un alzata di sopracciglio e uno sguardo critico.

«Posso sapere perché sei a casa di Phoenix Carter?»

Roteai gli occhi facendomi da parte per farlo entrare.

«Ciao anche a te Killian, è bello rivederti.»

Si voltò guardandomi serio.

«Guarda che la mia era una vera domanda, perché sei a casa di Carter e Matthew si trova a casa tua con la sorella e la nipotina?»

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