Capitolo Diciannove

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L'aria di New York pesante e così satura di smog e odori diversi mi era mancata, dovevo ammetterlo.
Il caos, i clacson, la gente strana per Times Square, le luci, i colori, i grattacieli che ti facevano sentire una formica in un giardino.
Tutto di quella città mi era mancato.
Un forte senso di nostalgia mi strinse il cuore osservando, dall'alto del tredicesimo piano, tutti quei puntini minuscoli che si muovevano rapidi e impazziti.

«Tutto bene?»

Le braccia di Matt mi avvolsero attirando la mia schiena contro il suo petto largo. Alzai le spalle osservando malinconica la città iniziare ad accedere le sue luci in uno spettacolo che dopo tanti anni continuava a lasciarmi senza fiato.

«La riunione è andata bene, domani dobbiamo incontrare il regista e lo sceneggiatore.»

Annuii continuando a restare in silenzio e persa nei miei pensieri e ricordi.
Eravamo atterrati a New York quella mattina e non avevamo avuto neanche il tempo di sistemare i bagagli in hotel che dovevamo correre alla riunione con la casa cinematografica che si era interessata al mio primo romanzo, sì proprio quello che mi aveva permesso di conoscere l'idiota alle mie spalle e renderlo la persona più importante della mia vita.
"Anche il buio parla."

Ci avevo buttato letteralmente il sangue su quell'opera e sapere che presto sarebbe diventato un film mi faceva sentire in paradiso.
Anche se in quel momento mi trovavo all'inferno.
Le labbra di Matt mi sfiorarono l'orecchio.

«Andiamo in hotel? Qui abbiamo finito.»

Annuendo, sempre in religioso silenzio, mi sciolsi dal suo abbraccio per prendere le mie cose e uscire da quel posto.
Matt aveva richiesto, senza alcuna opzione possibile, che ci fossimo solo noi in ufficio per le riunioni.
Nessuno doveva vedermi.
Nessuno doveva sapere che ero tornata a New York, anche se per soli tre giorni.

Entrati nell'ascensore tirai fuori il cellulare dalla borsa per mandare un rapido messaggio a Cassiopea ma sullo schermo lampeggiava un'altra notifica, di un paio di ore prima.
Tolsi il silenzioso fissato quando era iniziata la riunione e sorrisi nel leggere quel nome.
Il primo sorriso da quando ero atterrata.

Mr.Grinch:
Due dei miei sono andati in perlustrazione a casa tua. Sei arrivata sana e salva?

VegaSuperStar:
Al momento mi accontento di essere arrivata e basta. Prima riunione andata.
Grazie per il lavoro dei tuoi collaboratori.

Con la coda dell'occhio notai Matt al di sopra della mia spalla che leggeva il contenuto dei miei messaggi. Gli pestai un piede con forza, colpendolo con il tacco. Mugugnò dolorante imprecando in modo poco elegante e lanciandomi occhiate di fuoco.

«Che vuoi? Esiste la privacy lo sai?»

Inarcò un sopracciglio guardandomi scettico.

«Privacy? Tu? Ti ricordo che ti ho vista svariate volte nuda.»

Stavolta lo colpii sul braccio con uno schiaffo.

«Idiota sempre perché ero ubriaca e non di certo perché volevo portarti a letto.»

Scoppiò a ridere come uno scemo, forse ricordando le scenette patetiche di me ubriaca.

«Be' avrei da ridire al riguardo...»

La mia occhiataccia lo fece desistere dal proseguire su quella strada ma non dal continuare a punzecchiarmi.

«"Matthew guarda! Sono una sirena! Guarda, guarda! Ho la coda!"»

Urlò in falsetto in quella che doveva essere una pessima imitazione della mia voce.
Io non parlavo in quel modo.
Utilizzando il plico di fogli che avevo in mano come arma lo colpii ripetutamente sul braccio.
Brutto stupido, come osava tirare fuori quella storia.

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