Capitolo Sei

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Quella mattina fui svegliata all'alba da una forte fitta al basso ventre, sembrava quasi che qualcuno stesse cercando di strapparmi le ovaie a mani nude.

Recandomi in bagno come uno zombie potei finalmente dare una risposta al mio stato emotivo altalenante degli ultimi giorni: mi era appena arrivato il ciclo con la stessa potenza e intensità di un uragano distruttivo.
Ecco era esattamente così che si sentivano le mie ovaie e il mio utero, distrutti da crampi atroci che quasi mi impedivano di camminare in modo eretto. Lamentandomi e strusciando i piedi sulle piastrelle fresche del bagno mi denudai lasciando cadere a caso il pigiama sul pavimento, avevo bisogno di lavarmi.

Aprii il getto della doccia e mi ci fiondai sotto chiudendo gli occhi e lasciando che l'acqua fredda lavasse via lo sporco e il sudore della notte insonne che avevo trascorso durante la quale avevo dovuto fare i conti con più di un incubo, come se non bastasse il dolore alla pancia che mi aveva svegliata quando il sole stava appena sorgendo.

Uscita dalla doccia mi vestii con molta, ma davvero molta, calma. Impiegai almeno quindici secondi per compiere ogni gesto, mi sembrava di muovermi quasi a rallentatore. Dopo aver indossato l'intimo mi limitai a prendere dei pantaloni da ciclista e una vecchia maglietta a maniche corte con una stampa ormai sbiadita, non avevo voglia di vestirmi bene o prepararmi o fare qualsiasi altra cosa che richiedesse un mio minimo movimento o sforzo.

In quei giorni l'unica cosa che volevo fare era sprofondare sul divano, una coperta addosso, la borsa d'acqua calda sulla pancia - sì anche con trentacinque gradi perché mi aiutava con il dolore - una montagna di dolciumi e l'ennesimo re-watch di Friends. E anche una tonnellata di ibuprofene non sarebbe stato per niente male.

Ma non quel giorno, no, avevo promesso a Killian una colazione insieme e dovevo anche ritirare l'auto. Con un lamento stridulo tornai in camera lasciando la cabina armadio nel disastro completo senza curarmene, il disordine stava bene lì dov'era per quel giorno. Mentre sistemavo il letto però notai qualcosa, un qualcosa che mi portò a lanciare un piccolo urlo di frustrazione. Sulle coperte azzurre faceva bella mostra di sé una grossa chiazza rossa.
Volevo morire. Davvero.
Ancora una volta grazie Dio.

Mi venne quasi da piangere nel rendermi conto di aver macchiato le lenzuola, le mie lenzuola preferite!
Tirai su con il naso in un gesto pieno di stizza e con uno strattone sfasciai il letto ammucchiando le lenzuola in un angolo della stanza. Avrei dovuto cambiarle ma non riuscivo a farlo, il mio corpo era tutto dolorante e anche il più piccolo movimento mi risultava stancante così decisi di lasciare tutto com'era per scendere al piano di sotto e sforzarmi di mandare giù qualcosa nonostante la forte sensazione di nausea per poter prendere un antidolorifico.

A passo pesante entrai nella cucina rischiarata dalla luce del sole ormai sorto da un'ora e mi guardai intorno con aria assente. Presi un po' di succo di arancia e una barretta ai cereali, ne mangiucchiai distrattamente metà concentrandomi per non vomitare. Una volta finita la misera colazione cercai un antidolorifico, trovai la confezione nel mobiletto del bagno al piano di sotto per scoprire con orrore che era l'ultimo.
Accidenti.

Mandai giù la pillola con un sorso abbondante di acqua cercando di non strozzarmi. Non ero propriamente una fan delle pillole, le odiavo e odiavo ancor di più essere costretta a prenderle, in più quelle cose erano gigantesche e rischiavano ogni volta di fermarsi in gola e soffocarmi. Tossii un paio di volte dopo essermi quasi strozzata, appunto. Lanciai un'occhiata all'orologio appeso alla parete della cucina che segnava le sette e mezzo del mattino.

Chissà se Phoenix sarebbe davvero passato a prendermi per andare a recuperare l'auto, la sera prima mi aveva lasciata senza aggiornarmi sulla questione e ora ero in balìa del nulla e dell'incertezza. Tamburellai nervosa le dita sul ripiano di marmo freddo della cucina continuando a gettare occhiate sempre più rapide verso l'orologio, alla fine con uno sbuffo mi decisi ad uscire di casa.

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