Capitolo Settantanove

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«Tre anni fa ho incontrato di sfuggita O'Connell, fuori dall'ufficio di Corey a New York. Ricordo che aveva metà testa fasciata, Corey aveva parlato di un incidente che aveva a che fare con l'incendio di un edificio. Mi disse che O'Connell era il capo della sicurezza. È stata la prima e unica volta in cui l'ho visto per questo non l'ho riconosciuto subito però questa cicatrice...»

Tamburellai con il dito sulla foto, sul punto esatto della ferita che c'era sul lobo dell'orecchio. Adesso portava i capelli lunghi rispetto a quando lo avevo incrociato tre anni prima.
I quattro uomini nella stanza mi ascoltavano interessati e preoccupati.
La situazione era più seria di quello che credevano.
Viktor mi tolse il foglio da sotto la mano, gentilmente, per poi passarlo a Killian.

«Voglio che ogni singolo uomo della tua squadra e ogni singola persona della sicurezza di Ethan abbia le foto dei tre soggetti che stiamo cercando.
Da qui alla Florida. Chiunque. Voglio che le foto siano appese in ogni fottuto buco di questo Paese. Diramate un avviso, da questo momento sono ufficialmente ricercati e fanculo la segretezza, se c'è bisogno rilasciate anche un'intervista agli enti nazionali. Tutti devono sapere che pezzo di merda è Corey Howard. Lo distruggo quel figlio di puttana.»

Woah. Viktor incazzato era ancora più temibile di Phoenix nei suoi momenti peggiori.

Ethan annuì serio recuperando il cellulare per avvisare Noah e tutti gli altri, Killian fece altrettanto.

«Non hanno nessuna possibilità di arrivare a San Diego via terra, ho mandato un avviso a tutte le stazioni di polizia fino a Miami. Non possono farla franca.»

La mano di Phoenix che mi accarezzava la schiena si fermò all'improvviso irrigidendosi, mi bastò scambiare uno sguardo con lui per capire la direzione dei suoi pensieri.
Le lacrime mi punsero gli occhi quando nascosi il viso tra le mani.

Via terra erano bloccati... ma non per via aerea.

«Howard ha un jet, è con quello che li sta facendo venire qui. È furbo lo stronzo.»

Sputò Phoenix con risentimento riprendendo il movimento sulla mia schiena, forse più per tenersi impegnato che per tranquillizzarmi.

«Come dobbiamo comportarci?»

Mormorai a mezza bocca, continuando a tenere gli occhi chiusi dietro i palmi sudati delle mani.
La paura mi scorreva nelle vene al posto del sangue rendendomi difficoltoso ragionare in maniera lucida.

«Avvertiremo tutti i tuoi fratelli e sorelle, come ti ha anticipato Phoenix la sicurezza verrà duramente rafforzata. Cercheremo il modo di farli stare insieme, è preferibile che ameno le ragazze vivano insieme per un po' in modo da tenerle sotto controllo. Non si esce da soli, non si fanno stronzate e soprattutto nessun colpo di testa Vega, sono stato chiaro? Tutta quella merda delle fughe clandestine non deve esistere.»

La voce di Ethan era mortalmente seria e minacciosa. Alle mie spalle mi parve di sentire Phoenix sospirare di sollievo per il modo in cui stava parlando Ethan.
Quello che avrebbe voluto dirmi lui lo stava facendo il capo della sicurezza, un ex Navy Seal al quale non potevo dire di no.

Davanti a me Viktor annuiva con vigore ad ogni parola di Ethan, le braccia incrociate sul petto.

«Cosa credete che vogliano fare? Che ha in mente Corey per aiutare un folle ad evadere dal carcere?»

Calò il silenzio, un silenzio tanto pesante che mi costrinse a sollevare il viso per guardare Ethan in attesa della sua risposta.
Una risposta che dentro di me già conoscevo e temevo.
Una risposta che mi faceva tremare le membra.
Ethan ricambiò il mio sguardo, fu sincero e spietato come la morte quando aprì bocca.

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