Capitolo Settantadue

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- New York City.
- Agosto di tre anni prima.

Il rombo della musica dal piano di sotto di quel fatiscente locale di Brooklyn mi entrava nei timpani facendomi vibrare il sangue nelle vene.
Le sensazioni, le emozioni e tutte le mie percezioni erano amplificate dall'alcol che mi scorreva in corpo.
A peggiorare il tutto era quel corpo premuto contro il mio che mi teneva bloccata contro la porta di quella stanza buia in cui eravamo.
La prima trovata libera, totalmente a caso.
Ebbri della frenesia e del carico di emozioni che la giornataccia ci aveva buttato addosso.

Senza fregarcene di niente se non di quel momento, dei nostri vestiti zuppi incollati addosso, i capelli e il trucco rovinati dall'acqua e dalle lacrime.
C'eravamo solo noi due e le nostre mani che esploravano l'uno il corpo dell'altra.
Niente pensieri.
Niente ripensamenti.
Avevamo bisogno solo di quello, di noi.

Il mio vestito fu il primo a cadere a terra con un tonfo pesante a causa dell'acqua che lo impregnava.
Veloce lo feci seguire dalla sua giacca blu notte, il panciotto, la cravatta e la camicia che mi mostrò il suo fisico scolpito dalla palestra.
Metà di quel bellissimo vestito che ci era costato un giorno intero di seccature e improperi ora giaceva sullo squallido pavimento di un pub sperduto a Brooklyn quando sarebbe dovuto essere in una suite matrimoniale del Plaza.
Le mani tremanti si posarono sul petto umido e freddo.
Le sue corsero a stringere le mie in modo dolce mentre la sua bocca restava incollata alla mia mordendo e succhiando senza paura, senza restrizioni.

Eravamo stati dei folli, lo eravamo tutt'ora. Quell'attrazione pericolosa che c'era stata tra di noi sin dal primo sguardo e che avevamo ostinatamente taciuto e soppresso era divampata tutta in una volta sola.
La sua bocca si spostò sul mio seno nudo, gridai e gli tirai i capelli quando morse un capezzolo e contemporaneamente mi penetrò con un dito.
Non c'era delicatezza nei nostri gesti, solo una tremenda rabbia e una voglia di evadere per qualche istante dalla realtà.
Non avevamo tempo né voglia per le smancerie e le frasi smielate.
Non ce n'era bisogno perché niente di tutto quello aveva a che fare con il romanticismo o con l'amore.
Era pura libido.

Mi inarcai con forza contro di lui spingendo il bacino contro la sua mano quando aggiunse un secondo dito muovendo veloce e forte la mano dentro di me mentre il pollice compiva cerchi perfetti in quel punto tanto sensibile.

Tirando le ciocche scure e zuppe dei suoi capelli lo costrinsi ad allontanarsi dal mio seno arrossato dai suoi baci, si lamentò ringhiando come una bestia.
Un rapido scambio di sguardi, i suoi occhi verde-azzurri persi nei miei azzurri.
Un lampo di lussuria vibrò tra di noi e senza perdere tempo gli slacciai la cintura facendo fare la stessa fine ai pantaloni che scalciò via insieme ai boxer continuando a muoversi dentro di me.

Afferrai la sua erezione prorompente muovendo la mano a un ritmo costante che andava in simbiosi con la sua mano.
La stanza era scura, non sapevo neanche cosa fosse, riuscivo solo a sentire un forte odore di muffa e umido.
Non me ne importò, non quando Matt tolse bruscamente le dita dal mio corpo per farmi girare e premere contro la porta.

I seni e le mani pressati tra il legno ruvido e freddo e il suo corpo caldo alle mie spalle.
Protestai tra i denti per l'irritazione che mi creò quel contatto davanti a me ma venne spazzata via nel momento in cui Matt mi porse davanti alla bocca la bustina del preservativo.
Afferrai tra i denti la carta protettiva tirandola via e sputando l'estremità che mi era rimasta tra i denti.

«Brava ragazza.»

Come un richiamo mi inarcai contro di lui spingendo il fondoschiena verso la sua erezione.
Con la gamba mi separò le cosce posizionandosi nel mezzo.
Fremetti di impazienza, l'eccitazione che si addensava tra le mie gambe dove la mia intimità pulsava.
Fu tutto così rapido che non ebbi neanche il tempo di realizzare.
Con un colpo secco e deciso entrò in me facendomi urlare.
La sua mano mi coprì la bocca e le sue labbra si posarono sul mio orecchio.

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