Capitolo Ventiquattro

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TW:
È doveroso informarvi che questo capitolo sarà un po' delicato trattando temi alquanto forti. Se siete sensibili a questo argomento vi consiglio di saltarlo.
Leggete le note sotto, ci tengo.

Una donna su tre in tutto il mondo ha sperimentato violenza fisica o sessuale almeno una volta nella sua vita.
Durante il 2020, in piena emergenza sanitaria a causa della pandemia dal virus Sars-Covid19, la percentuale di abusi e violenza domestica è salita drasticamente. Se da un lato il lockdown ha permesso al virus di circolare meno, dall'altro lato sono state milioni le donne nel mondo vittime di violenza a causa dei propri familiari, compagni, mariti.
Negli Stati Uniti durante la pandemia, ogni minuto, da qualche parte una donna ha riferito di essere stata maltrattata dal proprio partner.

Li vedevo, erano tutti lì in attesa. Gli sguardi spaesati, le espressioni ansiose. Tutti intorno a me, attendevano che io parlassi, spiegassi finalmente cos'avevo che non andava. Cosa ci fosse nella mia mente e nel mio cuore che mi impediva di farli avvicinare. Cosa mi stava uccidendo così lentamente da un anno, logorandomi piano ogni organo, muscolo, ogni fonte di vita che avevo dentro di me.

Tutto quello che mi stava facendo marcire lasciando solo il fantasma di quella che ero.
La mano di Matt mi strinse la spalla con affetto incoraggiandomi a parlare. Chiusi gli occhi stringendo i pugni sulle gambe.
Glielo dovevo, lo dovevo a me stessa.

Non so di preciso quando qualcosa è cambiato tra noi.
Quando le parole dolci e romantiche si siano trasformate in urla e insulti.
Quando i baci e le carezze donate con così tanta accortezza si siano trasformati in schiaffi e calci e pugni.
Quando la mia risata squillante e sempre così acuta che delle volte mi sembrava di odiare si fosse trasformata in un muto silenzio.
Quando i miei occhi sempre così luminosi e vivi si siano a mano a mano spenti.

Non so di preciso come sia successo, né quando, che io iniziassi a morire, giorno dopo giorno, sempre di più.
E non riuscivo a fare nulla per impedirlo.
Ormai era troppo tardi.
Solo allora capii quanto in realtà amassi la mia risata squillante e i miei occhi e i miei sorrisi... e la mia vita.

Claire era uscita, aveva portato Joy al parco. Non poteva stare lì, non in quel momento. Così mi ritrovai a osservare le facce piene di ansia dei miei fratelli e dei miei genitori.

«Tre anni fa, quasi per caso, conobbi una persona, mi innamorai perdutamente, ero così felice, così grata. Dopo neanche quattro mesi decidemmo di andare a convivere, di fretta e furia, eravamo giovani e innamorati e all'epoca mi sembrava tutto così giusto. Non vedevo l'ora di farvelo conoscere.»

La voce uscì con un sussurro flebile, sottile, la sentivo distante da me come se non fossi più presente in quel momento con loro, nel mio salone a San Diego ma ero ritornata a tre anni prima a New York, quando per la prima volta avevo conosciuto quello che pensavo fosse l'amore della mia vita.

«Era così bello e intelligente che per la prima volta in vita mia mi ero sentita intimorita da qualcuno. Era dolce, gentile, mi trattava come una principessa. Mi faceva trovare fiori in ufficio e a casa, rose bianche, le sue preferite. Mi faceva sorprese e portava fuori a cena, mi riempiva di regali e attenzioni che non pensavo di poter ricevere in vita mia. Ero convinta di esserci riuscita, avevo trovato quell'amore così forte e intenso come quello che ci avete insegnato voi.»

Guardai i miei genitori che seduti davanti a me, abbracciati, mi restituirono uno sguardo pieno di apprensione. Gli occhi della mamma erano attenti e tremolanti. Provai un dolore sordo al petto preparandomi per quando avrei spezzato i loro, di cuori. Quelli di tutti.
Cass, Al, Meda, Sirio, Alya... Phoenix.
E ancora una volta quello di Matt.
Affondai i denti nelle labbra cercando il coraggio necessario per distruggerli con le mie parole.

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