Capitolo Quarantacinque

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«Sono ancora arrabbiato per la tua fuga.»

Cercai di non guardarlo male, davvero ci provai, ma con scarsi risultati. La mia occhiataccia però a stento lo scalfì mentre elegantemente mi apriva la porta della sua camera per farmi entrare.

«E io sono arrabbiata perché non ti sei fatto sentire per tutto il giorno lasciandomi annegare nell'incertezza e nella preoccupazione.»

Inarcando un sopracciglio lasciò passare anche Dante che andò subito a stendersi ai piedi del letto crollando in tempo zero in un sonno profondo.
Beato lui.

«Okay, se vogliamo giocare a chi è più arrabbiato possiamo farlo. Inizio a stilare la mia lista?»

Incrociai le braccia al petto indispettita dirigendomi verso il letto matrimoniale.
Non mi preoccupava dormire con lui, dopotutto l'avevo già fatto anche se quella notte c'era Joy a dividerci, ma non sarebbe stato tanto diverso no?
Stavo scostando le coperte quando il mio sguardo finì sulla parete al di sopra del letto.

Come avevo fatto a non notarlo prima?
Tra l'arredamento anonimo della stanza c'era un unico e solo abbellimento posto sopra il letto, che non era presente la prima volta in cui ero entrata lì.

Un quadro.
Un quadro azzurro.
Un quadro con lo sfondo azzurro e delle linee nere e bianche che andavano a creare il profilo di un volto.

Rimasi senza fiato riempiendomi gli occhi di quella visione spostando poi la mia attenzione su di lui che alle mie spalle si stava sbottonando la camicia guardandomi, il viso ammorbidito e il sorriso timido presente.

«Quella...»

Il sorriso gli si allargò facendogli brillare gli occhi ambrati.

«Sei tu, Gremlin. L'unico posto in cui potevi stare era qui così quando non riesco a dormire posso alzare gli occhi e guardarti.»

Mi mancò il respiro restando senza parole dinanzi al turbinio di emozioni che mi si stava agitando nella pancia.

«Vado a farmi una doccia, mettiti a letto, sei stremata.»

Provai a ribattere, a protestare ma passandomi accanto prima di sparire oltre la porta che conduceva al bagno mi diede un bacio sulla tempia.

«Smettila di fare la testarda, hai delle occhiaie più profonde dell'oceano. Dormi. Io ci metto un attimo.»

Sbuffando mi misi a letto e lui si chiuse la porta del bagno alle spalle.
Sentii lo scrosciare dell'acqua della doccia e inevitabilmente pensai a lui nella doccia.
Avvampai al solo pensiero sventolando il viso accaldato con la mano.

Non sarei dovuta essere così tranquilla, non dopo che lui è Viktor avevano visto quel video.
Eppure aver condiviso anche quell'ultimo segreto alleggerì ancora un poco quel macigno sullo stomaco facendomi sentire meglio.
Lo scroscio si fermò e la mia mente iniziò a viaggiare fin troppo oltre.
Troppo.
Immaginandolo insaponarsi il corpo e i capelli.
Quel corpo atletico, formato grazie ad ore intense di allenamento come mi aveva detto una volta Altair.

Scalciai via le coperte con un gesto nervoso.
Così non andava bene, per niente.
Dovevo calmarmi e tornare in me.
L'acqua venne riaperta ed io rimasi in attesa, con il respiro lento e controllato.
Stupida Vega.

Quando la porta si aprì e una nube di vapore ne uscì fuori mi ritrovai a pregare di vederlo a torso nudo, almeno.
E poi mi diedi ancora della stupida perché non potevo pensarlo sul serio.
Quindi pregai che si presentasse vestito o sarei morta di autocombustione.

E poi lui apparve, i capelli umidi leggermente arricciati ai lati, più scuri di quanto in realtà fossero.
E vestito, completamente.
E allora mi maledii per aver pregato affinché non si vestisse.

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