Capitolo Sessantatré

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Viktor

Il ticchettio continuo della penna contro la superficie liscia della scrivania mi stava martellando il cervello ma era un'ottima cosa sulla quale soffermarsi per distrarmi da quello che i miei occhi stavano vedendo.

Ero poggiato contro la scrivania del mio ufficio, la porta aperta mi dava ampia visione sulle scrivanie degli altri e su una in particolare.
Mi si stavano torcendo le budella dinanzi a quella scena.
Mandai giù un lungo sorso di caffè per placare l'acidità che mi stava risalendo su.

La primogenita Wayne, croce e delizia della mia esistenza da ormai tre anni, sette mesi e novantuno giorni, disquisiva con Carl Logan, avvocato civile che invece di lavorare stava pensando a spogliarla con gli occhi i quali stavano per essere cavati dal sottoscritto proprio con quella penna e utilizzati come portachiavi se non avesse smesso immediatamente di fissarle la scollatura lasciata in bella mostra dal vestito aderente che indossava quel giorno.

L'aveva fatto apposta a metterlo e me ne aveva dato conferma appena arrivata regalandomi un sorriso maligno prima di dirigersi ondeggiante verso il suo ufficio ed io mi ero perso ad osservare quel movimento come un deficiente.

Croce.

Adesso Carl le stava sorridendo, una mano poggiata sulla scrivania su quei documenti che Cassiopea avrebbe dovuto portarmi già da dieci minuti e si era chinato verso di lei per sussurrarle qualcosa lontano da orecchie indiscrete.
Qualcosa che la fece ridacchiare.

Il suono mi si riversò nelle viscere finendo dritto al cavallo dei miei pantaloni riportando alla mente il ricordo del suo sapore e della sua pelle a contatto con la mia.
Ci ero andato così vicino la sera prima.
E mi ero fatto scivolare tutto dalle mani in mezzo secondo.

Tre anni, sette mesi e novantuno giorni.

Da quando aveva messo piede nel mio ufficio, fiera e determinata come la morte e io avevo desiderato sin da subito piegarla su quella stessa scrivania che adesso la mia mano sgrava agguantando con furia per evitare di andare a spaccare la faccia a Carl e trascinare lei proprio lì e finire quello che avevamo iniziato in auto.

La visuale di Carl che si spingeva ancora di più verso di lei per bisbigliarle qualcosa contro il suo orecchio fu bruscamente interrotta dalla figura di Mandy che si stagliò sull'uscio.

«Ho i documenti del caso Peterson.»

Mandy.
Strega del cazzo.
Togliti dalle palle una volta per tutte.
Aveva superato da un bel po' la cinquantina ma ancora non si arrendeva al fatto che le milf erano altre, di certo non lei e di certo non conciata in quel modo.
Un po' di dignità, cazzo.

Non la guardai neanche troppo impegnato ad allungare il collo per osservare Carl che adesso aveva osato posare la sua lurida mano sulla spalla nuda di Cassiopea alla quale non sembrava dare fastidio.
Il bicchiere di carta, ormai vuoto, che avevo in mano fu stritolato.

«Perché li hai portati a me, Mandy?»

Sibilai più velenoso di una vipera.
La sua faccia coperta da strati di trucco si corrucciò.

«Perché sei il capo.»

L'occhiata assassina che le rivolsi la fece indietreggiare.

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