Capitolo Sette

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Tum-tum-tum-tum.
Avvertivo il battito forte, potente e veloce del cuore invadermi le orecchie e la gola assordandomi. Il sudore scivolava lungo la pelle accaldata e umida, i capelli che mi frustavano la nuca al ritmo dei mie passi cadenzati e regolari.

Correre era sempre stata una valvola di sfogo oltre che un modo per tenermi in forma e impegnata. Quando ero a New York mi svegliavo tutte le mattine alle cinque per fare la mia quotidiana corsetta lungo il fiume Hudson godendomi lo skyline alle prime luci dell'alba.
Da quando mi ero trasferita a San Diego invece le mie abitudini erano cambiate un bel po', non mi svegliavo più alle cinque ma solo perché non chiudevo proprio occhio durante la notte e andare a correre la mattina era l'ultima cosa che volevo fare, così avevo dovuto riadattare la mia routine, adesso mi concedevo sporadicamente una corsa al tramonto sulla spiaggia.

Non correvo da tanto quindi ero un po' fuori forma, sentivo i polmoni bruciare e i tendini delle gambe tirare ma spinsi ancora di più aumentando il ritmo.
Tum-tum-tum-tum.
Ancora più veloce.
Ancora più forte.

Nelle AirPods risuonava a tutto volume Cherry di Harry Styles che mi aiutava a tenere i brutti pensieri lontani. Sentendo i polmoni sempre più affaticati e il corpo quasi cedere sotto il dolore dei muscoli in fiamme mi fermai. Respiravo con fatica cercando di inalare quanto più ossigeno possibile, ero davvero fuori forma.

Avevo smesso con le lezioni di kickboxing e il mio corpo iniziava a risentirne, dovevo trovare al più presto una palestra per poter riprendere l'allenamento, almeno riuscivo a tenermi impegnata in qualche modo durante le giornate anziché passarle al computer rispondendo alle migliaia di email e gironzolando per la città fingendomi ancora una turista. Ormai conoscevo ogni palmo di San Diego, dovevo smetterla di vestire i panni della turista che si perdeva per la città solo perché mi annoiavo. Lasciandomi cadere con le ginocchia nella sabbia tiepida cercai di riprendere fiato facendo i miei soliti esercizi di respirazione.

La musica delle cuffie venne interrotta dallo squillare fastidioso del cellulare, sì ce l'avevo fatta a recuperarne uno nuovo. Pigiai il dito su una cuffia per poter rispondere senza neanche vedere chi fosse.

«Pronto?»
«Oh finalmente! Signorina sto prontando a chiamarti da giorni! Ho dovuto fare il giro di telefonate tra i tuoi fratelli per scoprire che eri senza cellulare.»

Ridacchiai sentendomi quasi in colpa per non aver avvisato i miei genitori del piccolo disagio che avevo avuto per due giorni.

«Ciao anche a te mamma, sempre la solita esagerata vedo. Come mai mi chiami? È successo qualcosa? Tu e papà state bene?»

L'ansia mi assalì mentre nella mia mente si prospettavano i peggiori scenari, un malore, un ladro in casa, un incidente, qualsiasi cosa di brutto. La sua risata allegra vibrò nelle mie orecchie attraverso le cuffie scaldandomi.

«Smettila stella, volevo solo ricordarti che il prossimo weekend vi aspettiamo tutti qui.»

Un attimo di buio totale mi offuscò la mente. Il prossimo weekend? Perché avevo come l'impressione di star dimenticando qualcosa di estremamente importante? Mentalmente feci un calcolo di tutte le date di compleanno dei mie familiari ma il prossimo ci sarebbe stato non prima del dieci Ottobre, ovvero il mio.

Ma quindi... Spalancai la bocca. Sarebbe stato l'anniversario dei miei genitori, venticinque anni di matrimonio! Come avevo fatto a
dimenticarlo? Le poche ore di sonno iniziavano a farsi sentire.

«Non dirmi che lo hai dimenticato Vega?»

Il tono di rimprovero sporcato da quella punta di rancore mi fece sprofondare ancora di più nella sabbia fino a farmi sedere completamente.

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