Capitolo Ventuno

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Qualcosa mi premeva contro la guancia schiacciandola contro i denti. Qualcosa di morbido e fastidioso.
Aprii piano un occhio, poi l'altro. La stanza immersa nella penombra delle tende tirate e la luce della lampada ancora accesa sul comodino.

La cosa sulla mia guancia altro non era che il piedino di Joy.
Aveva la brutta abitudine di dormire nelle posizioni più assurde e infatti mente un suo piede era sulla mia guancia l'altro era poggiato sulla spalla. Era stesa in orizzontale al centro del letto e la sua testa si posava sul petto di Phoenix coperto dalla maglietta nera.

Rimasi incantata a osservare la scena di quei due profondamente addormentati, nel mio letto.
Phoenix era nel mio letto.
Aveva dormito con me.
Era stato sveglio per la maggior parte della notte a controllarmi.

Con un moto di tenerezza e un sentimento che non riuscii a definire all'altezza dello stomaco, sollevai una mano posandola sul suo viso, leggera tracciai il contorno della sua mascella definita con le punte dei polpastrelli avvertendo il pizzicore della barba pungermi l'epidermide.
Joy si mosse, lamentandosi, alzò la testa aprendo poco gli occhi, mi fece un sorriso addormentato e poi ricadde come un sasso sul petto di Phoenix facendolo sussultare.

Gli occhi ambrati si spalancarono all'improvviso guardandosi intorno disorientato.
Poi la sua attenzione fu calamitata sulla pupattola stesa comodamente con mezzo corpo sul suo petto.
La consapevolezza prese forma sul suo viso quando seguendo il corpicino di Joy i suoi occhi si scontrarono finalmente con i miei.

Erano così luminosi, le pupille ridotte a punte di spilli lasciavano spazio a tutte le iridi simili a due gemme.
Un sorrisetto pigro prese forma sulle sue labbra mandandomi il cuore in visibilio.

«Ciao.»

Mormorai a voce bassa per non svegliare Joy.

«Ciao a te, come ti senti?»

Con la mano accarezzava la testa della piccola giocando con i suoi riccioli.
Morsi il labbro osservando la scena.
Accidenti era bravo anche con i bambini.

«Come se fossi entrata in una centrifuga. Ho mani e gambe che bruciano e so che mi aspetta l'inferno appena uscirò da questa stanza.»

Nascosi il viso nel cuscino emettendo un piccolo lamento.
Non avrei lasciato quella stanza. Mai. Mi ci sarei murata dentro piuttosto che scendere di sotto ed essere assediata dalle domande dei miei fratelli.

«Non devi affrontarlo per forza da sola.»

Inclinai di poco la testa, il giusto per liberare un occhio e osservarlo scettica.
Lui però era concentrato su Joy che sbadigliando e stiracchiandosi gli finì completamente addosso mugugnando qualcosa nel sonno.
Era peggio di un ghiro quella bambina, non si svegliava neanche con le bombe.

«E con chi dovrei farlo? Matthew?»

Il mio tono ironico non gli sfuggì infatti il suo sguardo tornò su di me che nel frattempo avevo preso a giocare con quella ridicola coda da unicorno che aveva Joy.

«Avete discusso.»

Non era una domanda, ma una semplice affermazione, corretta.

«Per questo non era con te ieri sera?»

Mi limitai ad annuire continuando ad essere concentrata sul mio gioco.

«E Joy e sua madre quando non arrivate? Non mi è sembrato di sentirle, me la sono ritrovato davanti che mi chiedeva di cantarle una canzone.»

Ecco, quello non lo sapevo neanche io.
Un attimo... Phoenix aveva cantato per far addormentare Joy?
Potevo morire liquefatta in quel momento dalla troppa tenerezza di quello che mi stava dicendo.

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