Capitolo Quattordici

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                        Phoenix

Pugno, pugno, calcio, pugno, calcio.
Pugno, pugno, calcio, pugno, calcio.
Poi pugno, pugno, pugno.
Sempre più veloce.
Sempre più forte.
In una sequenza perfetta e distruttiva.

Ancora.

Pugno, pugno, calcio, pugno, calcio.
Pugno, pugno, calcio, pugno, calcio.
Pugno, pugno, pugno.

Il respiro sempre più corto e affannato.
I polmoni che bruciavano stanchi.
Le braccia mi dolevano e la contrazione dell'addome lanciava fitte lancinanti ogni volta che alzavo la gamba.

«Basta Phoenix!»

Il sacco venne bloccato all'improvviso, tenuto lontano da me che rimasi con un pugno sospeso, trucidai con lo sguardo Viktor che aveva fermato senza il mio permesso il mio allenamento distruttivo.

Proprio quello che mi ci voleva per togliermi dalla testa la fottuta immagine di Vega che lasciava casa mia disperata, in lacrime e in preda al senso di colpa.
Quella visione era diventata il mio incubo ricorrente. Anche a occhi aperti. La rivedevo in un loop infinito che non faceva altro che farmi sentire sempre peggio.

«Hai intenzione di massacrarti per caso?»

Con i denti slacciai i guantoni gettandoli malamente sulla panca, presi la bottiglia di acqua bevendo e bagnandomi poi la testa e il torace sudato.
Coglione. Ero stato un grandissimo coglione.
Avevo esagerato portandola al limite.
Il labbro sul quale faceva bella mostra di sé un taglio contornato da un alone violaceo pulsava ancora.

L'avevo meritato, mi ero comportato in maniera disdicevole, avevo sbagliato i modi e i toni, ma era l'unica alternativa che avevo per scuoterla. Per farle capire la situazione tragica in cui la sua famiglia era finita... e anche lei.

«Fatti i cazzi tuoi Viktor.»

Con un moto di rabbia lanciai la bottiglietta ormai vuota in un cestino lì vicino.

«Che ti prende? Sono due giorni che sei intrattabile.»

«Niente. Riprendiamo l'allenamento.»

Feci per avvicinarmi nuovamente al sacco ma la sua mano me lo impedì poggiandosi sul mio petto.
La guardai e quasi mi aspettai prendesse fuoco da un momento all'altro.

«Non riprendiamo un bel niente. Che diavolo avete tutti? Tu sei intrattabile, Cassiopea in ufficio è peggio di una iena, non la si può neanche guardare che rischi di essere decapitato. Che cazzo avete combinato?»

Attaccare per non essere colpito.

«La osservi bene eh?»

Gli occhi di ghiaccio di Viktor si fecero vitrei così come il suo volto, serrò la mascella togliendo finalmente la mano dal mio petto.

«Phoenix, sei il mio migliore amico, capisco quando qualcosa non va. Tu e Cassiopea al momento avete lo stesso umore, è successo qualcosa?»

Scrocchiai le dita delle mani indolenzite. A quanto pareva l'allenamento era finito, non per mio volere.

«Niente di cui tu debba preoccuparti. Pensa a Cassiopea più che altro, mi servite concentrati entrambi.»

Tornai alla mia borsa prendendo un asciugamano passandolo sul viso madido di sudore.

«Io sono l'unico concentrato qui!»

Gli voltai le spalle e senza rispondere mi chiusi la porta pesante dello spogliatoio alle spalle. Mi lavai velocemente lasciando i capelli bagnati, volevo evitare che Viktor tornasse all'attacco. Non ero dell'umore per le spiegazioni né per dialogare.

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