Capitolo Sessantasei

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                 Matthew

«Sei silenzioso, non che mi dispiaccia dato che ciarli a caso tutto il giorno, ma oggi sei troppo silenzioso.»

Sbuffai sentendo Claire blaterare mentre imboccavo Joy con quella schifosa pappetta di frutta che puzzava da morire.

«Voglio dire, non hai ancora insultato neanche una volta l'outfit di mia figlia, devi avere qualcosa che non va. Febbre? Ebola? Trauma cranico non dichiarato? Dai Matthew è vestita da iguana e non hai fatto una piega!»

Già, Joy indossava un costume da iguana regalatole da Sirio e Alya, quei due avevano una brutta influenza sulla bambina soprattutto perché la piccola nana mi stava guardando ridendo con pezzi di frutta sparsi sul viso colorato di verde per farla somigliare di più ad un'iguana.

Forse avrei dovuto avvertire gli assistenti sociali, quello era bullismo se non maltrattamento a tutti gli effetti.
Con un sospiro le pulii il faccino con il tovagliolo.

«Sono preoccupato Claire, non sento Vega da ore, ho provato a chiamarla ma non risponde.»

Mia sorella mi strinse le spalle infondendomi un po' di coraggio e positività.

«Forse starà riposando, con lei c'è Phoenix non le accadrà niente fin quando sarà con lui.»

Lo sapevo, eppure quella brutta sensazione alla bocca dello stomaco e quello strano formicolio dietro il collo non mi lasciavano in pace rendendomi inquieto.

«Prova a chiamare lui se vuoi esserne sicuro. Non lasciare che la preoccupazione ti soffochi.»

Facile a dirsi.
Spostando il piatto ormai vuoto prese in braccio Joy vestita in quel modo ridicolo e salì al piano di sopra per lavarla e cambiarle quel coso per fortuna.
Dovevo riuscire a rintracciare Vega, avevo urgenza di parlarle e non solo perché ero preoccupato ma per avvertirla che sarei dovuto tornare a New York.

Come suo editor e agente i dirigenti
avevano chiesto la mia presenza per delle riunioni riguardanti la produzione del film non potevo rifiutare, sarebbe stata questione di una settimana al massimo poi sarei tornato in California.
Era stato spiegato che lei si sarebbe assentata per un po' dalle visite in presenza e che io sarei stato il suo delegato.

Agitato come mai prima le scrissi l'ennesimo messaggio senza risposta.

SuperMatt:
Che fine hai fatto Veggy? Spero per te che il tuo silenzio sia dovuto ad attività fisiche parecchio interessanti.
Chiamami appena puoi, sono preoccupato.

Era brutto non esserle accanto durante tutto quel casino.
Avevamo vissuto insieme il periodo più brutto della sua vita, mi ero preso cura di lei e le ero stato vicino in ogni minuscolo passo e adesso saperla lontana e non poterla tranquillizzare mi angosciava.

L'unica nota positiva era sapere che Phoenix era con lei e la consapevolezza che lui non avrebbe permesso che le accadesse niente acquietava un po' il mio animo in subbuglio.
Era al sicuro.
Non c'era niente di cui avrei dovuto preoccuparmi se non di farle una bella lavata di capo per la scorrazzata a Sacramento.

Il citofono suonò nel mentre che sistemavo il casino di pappa sputata da Joy in giro per la cucina, con ancora il panno in mano andai a controllare aprendo direttamente la porta.
Salutai con un cenno della mano Simon, l'agente addetto alla nostra sicurezza, ci avevo stretto amicizia in quei giorni.

A dire il vero era stata Joy a stringerci amicizia portandogli ogni tanto uno dei suoi giochi come segno di pace per la volta in cui gli aveva fatto una pernacchia in faccia.
Adesso la sua auto era piena di paperelle, peluche e blocchi di lego.

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