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Capitolo 39

La Guardia Nazionale Norvegese aveva arrestato Erik per effrazione e furto con scasso nonostante la porta fosse aperta e non avesse rubato niente, o quasi.

Il romanzo non conta, si disse.

Erik non aveva aperto bocca da quando l'avevano caricato sull'auto della polizia. Non aveva chiamato nessun avvocato ma era stato obbligato a consegnare i propri documenti dopo non poca resistenza.

Nell'aria aleggiava uno strano ronzio, un rumore bianco che Erik non sentiva da moltissimi anni. Il profumo del caffè americano annacquato era inconfondibile e si mischiava all'odore insopportabile di calzini e sudore.

Le guardie che lo avevano arrestato indossavano delle tute intere blu, confezionate con nanotubi di carbonio che le rendevano più leggerie del 50% rispetto ai vecchi giubbotti antiproiettile usati da qualsiasi forza dell'ordine e venivano realizzati con il Kevlar.

Erik era seduto in una delle camere per gli interrogatori. Nel 2114 gli specchi bidirezionali poco utilizzati e sostituiti da delle microtelecamere in grado di trasmettere direttamente ad un monitor dove, con un solo gesto della mano, era possibile ingrandire la faccia di chi era seduto nella stanza per controllare le sue emozioni e le sue espressioni. Nessuno si avvaleva più della macchina della verità - o il test del poligrafo - ma istruivano gente all'accademia militare per diventare dei Sentiment Etterforskere, veri e propri investigatori delle espressioni di mimica facciale ed emozioni umane.

L'odore di muffa entrò nelle narici del ragazzo ancora prima che lui potesse accorgersene. Si domandava perché una stazione di polizia puzzasse così tanto nonostante tutti i prodotti green che avevano inventato per tenere un luogo pulito e profumato senza inquinare.

Sembrava che nessuno pulisse dall'anteguerra, e per anteguerra Erik intendeva il 1902.