Capitolo 49

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Erik si chiese se tutte quelle pagine componessero il libro che stava cercando o erano semplicemente appunti presi a caso. Il ragazzo si guardò attorno ma non sapeva da che parte cominciare a raccogliere indizi, quando per terra, nascosto tra i fogli nuovi, trovò una mappa concettuale dove delle date si intrecciavano tra di loro. Provò a leggerle e a trovargli un senso ma era molto difficile non avendola fatta lui e non conoscendone il significato, ma decise di piegare il foglio e infilarselo nella tasca del pantaloni.

Prese la sedia che era a gambe per aria e la rimise nella posizione per cui era stata pensata e, spazzando con il piede un po' di carta, liberò un fazzoletto di pavimento per non farla scivolare e tenerla dritta. Vi si sedette sopra e rimase a fissare la parete mentre le parole si intrecciavano nella sua mente. Si stava chiedendo se i fogli avevano una successione logica ed erano già appesi nella corretta sequenza o se ogni pagina fosse a sé stante.

Erik era immerso nei suoi pensieri quando all'improvviso sentì un rumore provenire dal piano superiore.

L'uomo si alzò di scatto e rimase in ascolto, preoccupato che la sua immaginazione gli stesse giocando un brutto scherzo.

Lo sentì di nuovo.

Era reale.

Qualcuno era entrato in casa sbattendo la porta. Si era sentito sbattere un'antina e il ragazzo pensò che l'intruso si fosse diretto in cucina per cercare qualcosa.

Erik doveva pensare velocemente. Aveva lasciato la porta socchiusa quando era sceso nello scantinato ma la luce era talmente forte che sarebbe filtrata da sotto l'uscio e ci sarebbero voluti pochi minuti prima che l'estraneo se ne accorgesse. Si guardò attorno con i piedi ben puntati a terra. Prima di muoversi e fare rumore calpestando i fogli, avrebbe voluto avere in mano qualcosa per difendersi ma non vedeva niente che facesse al caso suo.

L'ansia stava iniziando a divorarlo da dentro ma un particolare catturò il suo sguardo: il manico di un cacciavite sembrava spuntare proprio da dietro la macchina da scrivere. Cercò di avvicinarsi senza fare troppo rumore e quando ne ebbe la conferma, afferrò l'utensile e tornò su i suoi passi cercando di stropicciare meno carta possibile. Arrivato ai piedi della scalinata, guardò verso l'alto: non vedeva nessuna ombra comparire da sotto l'uscio e i rumori si erano fermati.

Erik non poteva essere sicuro al cento per cento che l'intruso se ne fosse andato. Non gli rimaneva che andare a controllare e ringraziò una potenza superiore per aver permesso a quei gradini di non scricchiolare salendo lentamente ed indisturbato, passo dopo passo.

Il ragazzo trattenne il respiro ad ogni scalino e arrivato in cima alla scalinata, spense la luce con l'interruttore che gli aveva permesso di accenderla poco prima. I suoi occhi dovevano abituarsi al buio e aspettò qualche secondo prima di estrarre il cellulare dalla tasca e accendere la torcia. Quando decise che era giunto il momento di scoprire chi era entrato in casa Ezelstain, accese la pila sull'intensità più bassa e fece un respiro profondo.

E se finalmente fosse rientrato lo scrittore?

L'uomo non aveva più tempo. Allungò la mano sinistra dove stringeva il cacciavite proprio davanti al suo naso e appoggiò la destra sulla maniglia.

Spalancò la porta senza pensarci e, nella penombra, si trovò difronte l'intruso.

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