Parte Prima - La Ballata della Morte

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Oslo a novembre era tremendamente fredda, il termometro non superava i -10°C da almeno una settimana e la neve era scesa quasi incessantemente mangiandosi gli unici raggi di sole che avevano fatto capolino tra le nubi nel mese di dicembre.
La signora Larsen si stava aggirando tra gli scaffali della Deichmanske Bibliotek chiedendosi se sarebbe riuscita a vivere a lungo per poter vedere l'inaugurazione della Future Library, all'anagrafe aveva ottantadue anni ma per tutti coloro che la conoscevano, non superava i sessanta da almeno vent'anni.
Era una osloenser pura, non aveva mai lasciato la città e non aveva mai viaggiato se non con la fantasia, amava il freddo e gli abiti pesanti, non sopportava l'estate e la sua avanzata età non le dava di certo una mano. La signora Larsen non era molto alta, aveva i capelli grigi e portava vestiti giovanili con un grande paio di occhiali da vista con la montatura nera, per avere ottantadue anni era piuttosto in forma e a differenza delle sue coetanee, non aveva bisogno di un bastone per camminare o di essere scarrozzata in giro dai figli o dai nipoti, era autosufficiente e sapeva perfettamente come chiamare un Førerløs bil.
L'anziana donna, stava scegliendo un libro da prendere in prestito ma era indecisa sul da farsi: i grandi classici li aveva letti tutti senza tralasciare nemmeno un genere, era convinta che una volta nella vita bisognasse portare a termine i libri dei grandi maestri indiscussi della storia, qualsiasi genere letterario fossero, e così aveva fatto. Aveva amato alla follia Edgar Allan Poe, ma anche George Orwell, Nabokov, Boccaccio e Victor Hugo, aveva letto avidamente Le Mille e Una Notte, con fatica era riuscita a concludere Il Conte di Montecristo e una volta finito di leggere alcuni libri del maestro indiscusso dell'orrore aveva pensato che fosse sopravvalutato, ma non lo disse mai a nessuno. Aveva letto anche libri particolari come S. La Nave di Teseo o In Balia di una Sorte Avverta, aveva sfogliato il Codex Seraphinianus e a ricomporre lo scritto La Mascella di Caino ma sapeva che era arrivata l'ora di un libro che l'aveva sempre angosciata: Casa di Foglie.
La signora Larsen stava cercando l'opera di Danielewski tra gli scaffali quando il trillo di un cellulare riempì prepotentemente lo spazio: le ci vollero pochi secondi per realizzare che il telefono che aveva disturbato la quiete era proprio il suo.
«Pronto?» sussurrò dopo aver premuto il tasto verde sul touch screen.
«Ciao.» Dall'altra una voce maschile la salutò garbatamente.
«Cosa c'è?»
«Abbiamo finito il caffè!» rispose l'uomo.
«Va bene, andrò a comprarlo domani» concluse poi l'anziana riattaccando.

La signora Larser era uscita entusiasta dalla biblioteca insieme al suo libro di letteratura ergodica. La neve era attecchita a terra rendendo tutta la città candida, strade e marciapiedi compresi, creando un'atmosfera fiabesca ed incantata. L'anziana aveva fatto qualche passo nella neve lasciando dietro di sè una scia di impronte fresche con la greca ondeggiante delle suole come firma, poi era salita sulla prima autovettura autonoma che trovò e solamente dopo aver inserito l'indirizzo di casa, si accucciò accanto al finestrino coccolata dal tepore dell'abitacolo.

«Sono tornata» annunciò la donna mentre richiudeva la porta d'ingresso proprio dietro le sue spalle.
L'appartamento della signora Larsen era grande e spazioso, il parquet dominava l'intera abitazione ad eccezione del bagno dove delle immense piastrelle marmorizzate ricoprivano pareti e pavimento. Al centro del salotto, proprio accanto al divano di pelle nero, vi era un caminetto in stile barocco di color avorio e ricamato con una moltitudine di decorazioni.
Il signor Harris la aspettava seduto in cucina su una sedia di legno senza fronzoli: sembrava un uomo d'altri tempi, elegante - anche se indossava dei jogger e un maglioncino leggermente infeltrito - e curato, i capelli canuti erano fissati all'indietro e il volto era rasato.
«Cosa hai trovato di bello?» chiese Harris alla sua compagna mentre sorseggiava una tazza di caffè.
«Guada!» disse Larsen porgendogli Casa di Foglie come se fosse un manoscritto antico che andava protetto.
L'uomo prese il libro tra le mani e iniziò a sfogliarlo, rimanendo impressionato da come era stato scritto. Il romanzo era piuttosto lungo, più di ottocento pagine, e il volume era più pesante del previsto.
«Non avevi detto che era finito il caffè?» gli chiese poi la donna guardando prima la tazza che era appoggiata sul tavolo e poi la moka sporca ancora appoggiata sul gas.
«Ho chiesto al signor Moen, è stato così gentile da regalarmi un pacchetto intero.»
«Che gentile che è stato, domani gliene comprerò uno nuovo.»

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