Capitolo 40

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Un uomo entrò nella stanzina dove si trovava il ragazzo. Prese l'unica sedia malandata che c'era davanti ad Erik e, con un movimento lento e studiato, si sedette davanti al ragazzo con un sospiro.

Il poliziotto doveva avere una cinquantina d'anni, era basso e tarchiato. Aveva il volto tagliato in stile Edward Mani di Forbice e i capelli rasati che lasciavano intravedere una cicatrice che andava da un orecchio all'altro. Gli occhi verdi brillavano, gli angoli della bocca erano rivolti verso il basso e ai piedi portava degli stivaletti neri che facevano pensare ad un militare prossimo alla pensione.

«Buongiorno» disse può l'uomo.

«Che ci faccio qui?» chiese Erik anche se lo sapeva benissimo.

«Ha fatto irruzione in una casa non sua.»

«La porta era aperta e avevo il permesso di entrare» spiegò il ragazzo sapendo che non gli avrebbe creduto, ma ci provò lo stesso.

«E questo chi lo dice? Lei?»

Erik fece spallucce chiudendo la bocca prima di fregarsi con le sue stesse mani, mise le braccia conserte e guardò l'uomo davanti a lui dritto negli occhi.

«Non abbiamo prove che confermino la sua tesi.» L'uomo indossava una maglietta verde militare e dal colletto gli spuntava un tatuaggio, sembrava un numero seguito da una stellina: il ragazzo capì subito di avere di fronte a sé un sergente dell'esercito. La situazione doveva essere davvero complicata se avevano scomodato anche un soldato di un grado così alto per andare ad arrestarlo in un'abitazione desolata nel mezzo del nulla.

«Ha qualcosa da dichiarare?»

Erik scosse la testa in un no alzando lo sguardo verso il soffitto.

«Ha chiamato il suo avvocato?»

No.

«Vuole contattarlo?»

No.

«Lo sa che è un suo diritto?»

Sì.

«Cosa ha intenzione di fare?»

Erik scosse la testa per comunicare che non lo sapeva nemmeno lui.

«Ha intenzione di rimare sempre in silenzio?»

Sì.

«Bene!» concluse il militare alzandosi di scatto facendo così ribaltare la sedia. Erik sbuffò, si sciolse sulla sua seduta allargando le gambe e allungando i piedi.

Il sergente scosse la testa esausto e fece per uscire dalla camera quando si scontrò con un altro agente della polizia che gli sussurrò qualcosa in un orecchio. 

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