MIRAGE'S POV
L'asfalto a contatto con le mie scarpe da ginnastica nere; il sudore che scorre lentamente dalla mia fronte fino ad arrivare al mio mento arrotondato e scivolare via dal mio viso, ormai madido di sudore; il sole che batte sulla mia pelle lievemente abbronzata, tutte queste cose mi fanno sentire viva; infatti tutti questi elementi, che solitamente provocano fastidio, non mi impediscono di proseguire questa corsa, che per me è diventata una terapia. Sono già passati diversi minuti da quando ho spento la musica che rimbombava nelle mie orecchie impedendomi di fondermi con il mondo circostante; spegnendola, invece, ho permesso alla realtà che mi circonda di subentrare e di rendermi partecipe. Piano piano inizio ad aumentare la velocità della mia corsa, per sfuggire dalla mia mente che è simile a una prigione, per sfuggire dai miei pensieri, dalle mie paure, da tutto. La corsa per me è una via di fuga, è un modo per mettere in pausa senza però scappare dalla realtà. Una volta raggiunta la via familiare che conduce alla mia abitazione rallento il passo fino a fermarmi. Mi piego sulle mie ginocchia sfinita, ma allo stesso tempo soddisfatta di aver corso per tre chilometri senza fermarmi. Dopo aver fatto cinque respiri profondi mi rimetto dritta e mi dirigo verso i cancelli dell'abitazione. Dopo che le inferriate sino state aperte dall'interno mi dirigo a passo svelto verso la porta che è ancora chiusa, busso un paio di volte prima di sentire dei passi sommessi che si avvicinano e finalmente la porta viene aperta da mia madre che oggi indossa dei semplici jeans blu e una maglietta bianca con su scritto "Best mom ever" che le abbiamo regalato io e papà quando avevo dieci anni per la festa della mamma.
<<Tesoro, non capisco perché ti ostini a correre così tanto>>
Mi dice lei con un tono di finto rimprovero
<<Lo sai che mi piace>>
Le rispondo entrando in casa.
<<Vuoi che ti prepari qualcosa mentre ti vai a fare una doccia che puzzi?>>
Mi schernisce lei rivelando una dentatura perfetta
<<Ah ah. Non sei affatto divertente. Comunque una spremuta d'arancia e un po' dei tuoi biscotti al cioccolato sarebbero ottimi>>
Le dico dirigendomi a passo svelto verso la mia stanza al piano di sopra. Entrata nel mia camera dalle pareti color lilla, mi siedo sul mio letto pieno di cuscini per togliermi le scarpe da ginnastica, la mia maglietta arancione fluorescente e i mie pantaloncini neri ,e una volta rimasta nuda mi dirigo nel bagno presente nella mia stanza. Prima di entrare nella doccia mi soffermo allo specchio per vedere le condizioni in cui verto: il mio viso è tutto arrossato, i miei capelli color carbone sono così in disordine che sembra che sia uscita da uno scontro con un leone e le mie labbra carnose sono così rosse che sembra che io abbia mangiato delle ciliegie. Devo dire che l'unica cosa decente qui sono i miei occhi grandi e rotondi che rendono il mio aspetto attuale meno orribile. Mi lancio un'ultima occhiata allo specchio prima di entrare nella doccia e sciogliere la mia folta chioma scura, che si libera accarezzandomi le spalle e la schiena nuda. Mi lavo da capo a piedi, compresi i capelli, e una volta che sono fuori mi sento rinata e pronta per affrontare il mondo. Mi infilo un paio di pantaloncini grigi che mi arrivano al ginocchio e una maglietta bianca aderente che lascia scoperto il mio ombelico. Non appena sento il lieve brontolio della mia pancia lascio la stanza e mi dirigo nella spaziosa cucina al piano di sotto. Entrando nella stanza noto mia madre seduta al piano della cucina, concentrata a leggere quella che sembra una lettera. Inizialmente non ci faccio tanto caso, perché vengo immediatamente attratta dalla vista invitante della mia merenda, che afferro al volo. Dopo essermi sistema su uno degli alti sgabelli azzurri alzo lo sguardo verso la figura assorta di mia madre.
<<Cos'è?>>
Bofonchio con la bocca piena di biscotti
<<Quante volte ti ho detto di non abbuffarti? Mica il cibo ti scappa se non lo mangi tutto insieme>>
Mi rimprovera cercando di trattenere un sorriso divertito.
<<Sai, da piccola per costringermi a mangiare tu e papà appena mi servivate un piatto e quando vedevate che non avevo intenzione di mangiarlo ve lo pappavate in men che non si dica, quindi non puoi biasimarmi se ora sono così>>
Ribatto assumendo un'aria soddisfatta e drizzando la schiena con aria superba.
<<Non puoi continuare a tirare fuori questa storia>>
Sbuffa questa volta roteano gli occhi.
<<Va bene va bene. Comunque che leggi?>>
<<È una lettera d'invito a una festa di beneficenza>>
<<E da chi? Quando? E chi è che manda ancora le lettere quando esistono le email>>
<<La famiglia Evans e sono sicura che ad aver avuto quest'idea sia stata proprio Chantel>>
Afferma mia madre scuotendo leggermente la testa con un sorriso a fior di labbra.
<<La famiglia Evans? Chantel? Ma non erano partiti anzi spariti? Da dove spuntano?>>
Chiedo ricordando che da un giorno all'altro sia Cole che Micòl non erano più venuti a scuola e che della loro famiglia non si è più saputo niente da quel giorno.
<<A quanto pare sono ritornati. Pronti a riprendersi la scena>>
<<Già...>>
Rispondo perdendomi nei miei pensieri.
<<Comunque non trovo il motivo per cui non dovremmo andare>>
Aggiunge mia madre sollevando le spalle.
<<COOOSA?>>
Le domando sconvolta.
<<Che c'è, qual è il problema?>>
<<Verrà tutta la città e non ho la voglia matta di rivedere tutti i miei compagni di scuola in una volta sola>>
<<Non ho mica detto che devi parlare con loro>>
<<Ma poi ci saranno tutte persone false, compresa Chantel>>
<<Mirage>>
<<È vero, non fa altro che sfoggiare e vantarsi di tutto. Sarà pure la donna più ricca in città ma dentro è vuota>>
<<Mirage, non puoi dire una cosa del genere. È da maleducati e irrispettosi>>
<<Va bene, ma sappi che non avrei problemi a dirglielo in faccia>>
Rispondo non pentendomi comunque della mia constatazione.
<<Comunque l'idea di passare tutta la serata in mezzo a tutte quelle persone false proprio non mi va>>
Sbuffo mordendo un altro biscotto.
<<Non sono tutti falsi>>
<<Ma la maggior parte sì>>
<<Comunque ne parlerò con papà e poi vedremo>>
<<Lo sai che papà odia queste cose>>
Rispondo afferrando l'elastico che ho al polso per raccogliere i miei folti capelli mossi, che non fanno altro che solleticarmi il collo, in una specie di crocchia.
<<Tesoro mio, noi non andremo lì per divertirci ma per collaborare con la raccolta di soldi per gli enti di beneficienza>>
<<Si si si>>
Rispondo annoiata per poi aggiungere
<<Ma tu oggi non lavori?>>
<<Oggi no. Ho ferie fino a lunedì>>
<<Come fanno i chirurghi ad andare
in pausa?>><<Non siamo macchine tesoro>>
Mi risponde lei appoggiando le sue dita affusolate sul tavolo per sollevarsi e uscire dalla cucina, lasciandomi da sola nella spaziosa cucina illuminate da piccole, ma numerose finestre sparse sulle pareti celesti.
STAI LEGGENDO
FATE
RomanceCosa succede se il destino è più forte di qualsiasi nostro tentativo di cambiarlo? I nostri protagonisti saranno costretti a fare i conti con la realtà dei fatti.