CAPITOLO 63

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MIRAGE'S POV
Dopo quello che era successo a natale non sono riuscita più a riprendermi, rivivo i suoi baci ogni volta e nonostante non cambi niente provo sempre una fiamma viva dentro di me. Mia madre ha notato che c'è qualcosa di diverso in me, perché mi ha fatto notare più volte di essere distratta e poco presente mentalmente. Per cercare di distrarmi ho guardato film con mia madre e mio padre, aiutato nel preparare i pranzi di natale, disegnato, letto e cercato di studiare, ma nessuno di queste distrazioni è riuscito a distogliermi dal proiettare i momenti che abbiamo condiviso in quel giorno. Alla fine ho deciso, nonostante sia il trentuno dicembre e la temperatura è sotto lo zero, di andare a correre.
<<Io esco>>
<<Dove vai?>>
Mi domanda mio padre rivelando nel suo tono di voce una lieve preoccupazione
<<A correre>>
<<Se tua madre viene a sapere che ti ho fatta uscire con queste temperature>>
<<Non lo saprà tranquillo>>
Tento di rassicurarlo indossando cappello e guanti.
<<Solo tu comunque hai il desiderio di andare a correre in questo periodo dell'anno>>
Sorrido anche se non mi può vedere e, dopo averlo salutato un'altra volta, esco di casa. Fortunatamente la macchina adibita a togliere la neve è passata, perciò ho meno possibilità di inciampare e cadere. Decido di percorrere la strada che conduce al parco, dove non metto piede da settimane. Quando arrivo vengo accolta dalle risate di alcuni ragazzi che si lanciano palle di neve come fossero bambini. Mi sono sempre chiesta come sarebbe la nostra città se ci fossero bambini e non solo adolescenti e adulti, ma non credo avrò una risposta a questa mia domanda. Faccio il giro del parco due volte prima di uscire dai cancelli e prendere un'altra strada per tornare a casa. Per puro caso, assolutamente per puro caso, mi ritrovo davanti alla villa degli Evans e sempre per puro caso mi ritrovo a suonare al  loro citofono. Se ci fossero dei modi per maledirmi lo farei. Mi ritrovo qui, davanti alla loro casa, con il rischio di fare la figura di una disperata e l'unica cosa a cui riesco a pensare è la possibilità di poterlo vedere.
Non avrei dovuto
<<Chi è?>>
Mi domanda una voce dal citofono riportandomi alla realtà dei fatti.
<<Un'amica di Micòl>>
Anche questa volta passano dei minuti prima che i cancelli si aprano rivelandomi un viale ciottolato con due macchine scure parcheggiate davanti alla porta di casa. Non so per quale motivo, ma mi mettono un po' a disagio e sto seriamente ripensando di andarmene via a gambe levate.
<<Mirage>>
Mi saluta Micòl dalla porta con i capelli avvolti in un panno.
<<Ehi>>
Saluto imbarazzata
<<Vieni entra che fuori fa freddo. Per caso sei andata a correre?>>
Mi domanda squadrandomi sorpresa
<<Già e ho pensato di venire a riprendere i miei appunti che ti ho dato poco prima dell'inizio delle vacanze>>
<<Giusto, scusa. Ho avuto parecchie cose da fare ultimamente che non ci ho pensato>>
<<Fa niente>>
Rispondo facendo scorrere lo sguardo nell'ambiente in cui mi trovo.
<<Dammi un attimo che vado a prendere i tuoi quaderni. Di là c'è Cole che suona, aspettami lì>>
Appena dice il suo nome il mio cuore perde un battito e mi prometto, dopo oggi, di tenere le distanze da lui per cercare di alleviare la potenza di questi sentimenti che mi fanno fare cose stupide e mi fanno sentire altrettanto stupida. Entro nell'ampia sala da pranzo infondo alla quale c'è Cole seduto su uno sgabello posizionato davanti al piano.
<<Ti mancavo così tanto che hai sentito il bisogno di venire qui?>>
Non pensavo avesse percepito la mia presenza, ma quando si volta e fissa i suoi occhi nei miei non riesco a mantenere il contatto visivo perché ha perfettamente ragione. Ho resistito solo sei giorni prima di presentarmi da perfetta ebete davanti casa sua.
<<No>>
Dico cercando di suonare convincente.
<<Immagino>>
Risponde con un sorriso divertito stampato in volto mentre si alza avvicinandosi a me.
<<Dillo che ti sono mancato>>
Afferma cingendomi in vita con una naturalezza che mi fa perdere ancor di più ogni mia capacità di raziocinio.
<<No>>
Rispondo con più sicurezza guardandolo negli occhi senza nessuna intenzione di cedere. Quello che succede dopo, però, prova che sto mentendo, infatti si avvicina a me a tal punto da sfiorarmi le labbra senza però baciarmi e io mi protendo in avanti per poterlo baciare.
<<Non ti sono mancato eh?>>
<<Zitto e baciami>>
Gli dico decidendo di lasciar perdere i giochini. Si china su di me accontentandomi all'istante, in breve mi ritrovo con la parte inferiore della schiena appoggiata al pianoforte e le sue labbra che premono sulle mie.
<<Hm hm, cioè vi lascio soli due minuti e succede questo>>
Lo scanso di getto sentendo la voce divertita di Micòl.
<<Potevi rimanere in camera tua per un altro po'>>
<<Perché cosa volevi fare?>>
Decido di interrompere la loro conversazione in modo da non precipitare nella più totale vergogna.
<<Quelli sono i miei quaderni?>>
<<Cole, vai a prepararti o per colpa tua stasera arriveremo in ritardo>>
<<Dove andate di bello?>>
Domando intromettendomi.
<<Da nessuna parte>>
Risponde prontamente Cole rivolgendomi uno sguardo che vuole impedirmi di continuare con le domande.
<<Non credo>>
<<Mirage. Ci sono certe cose che è meglio non sapere fidati>>
Interviene Micòl senza lasciar trasparire nulla
<<Ora vai a prepararti Cole, a Mirage ci penso io>>
Senza guardarmi se ne va lasciandomi con il desiderio più vivo che mai di lui.
<<Non pensavo che. Beh, tu e mio fratello foste così...>>
Dice picchiettandosi il mento alla ricerca della parola giusta.
<<È meglio se vado, mio padre mi starà aspettando. Buona serata>>
Dico precipitando alla porta dopo aver afferrato i miei quaderni. Dopo essere ritornata in strada mi prometto di usare più il cervello e meno il cuore che fino ad ora mi ha fatta apparire come una disperata.

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