CAPITOLO 47

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MIRAGE'S POV
Come al solito in casa non c'è nessuno, perciò non devo rispondere alle domande dei miei genitori . Salgo in camera dove impiego troppo tempo per scegliere dei vestiti. So che dovrei vestirmi comoda, ma non vorrei sembrare certo una barbona davanti a lui. Alla fine opto per dei pantaloni neri dell' adidas  e una felpa blu. Raccolgo poi i miei capelli in una coda e infilo le mie scarpe da ginnastica. Vado in cucina a riempirmi la borraccia e scelgo uno zainetto a caso dove riporre le mie cose. Mi guardo un'ultima volta allo specchio e prima che mi salgano dei dubbi sul mio aspetto mi allontano dal mio riflesso.
Infondo uscire con lui sarà un modo per dimenticarmi dei miei problemi almeno per qualche minuto.
Quando scendo al piano di sotto chiudo a chiave la porta e imposto il sistema di sicurezza e una volta fuori dal cancello noto con piacere che lui è già arrivato e questa volta a bordo della sua macchina. Il modo in cui mi squadra quando salgo in macchina mi mette un po' in soggezione e al tempo stesso mi piace. Senza dire una parola avvia il motore e parte.
<<Hai dovuto aspettarmi a lungo?>>
Gli chiedo dopo un po'
<<No>>
Risponde secco mantenendo fisso lo sguardo sulla strada.
<<Dove andiamo?>>
<<È una sorpresa >>
<<Un indizio?>>
<<No, sei così intelligente che sono sicuro lo capiresti in poco tempo>>
Cerco di trattenermi dal sorridere come un ebete davanti al suo complimento.
<<E se non fossi così intelligente da capirlo?>>
<<Meglio non rischiare>>
Risponde mettendo un punto a questo argomento.
<<Come hai ottenuto il mio numero?>>
Gli chiedo cercando di colmare il silenzio che altrimenti mi costringerebbe a pensare.
<<Te l'ho detto che so tutto di tutti>>
Dice mentre un mezzo sorriso gli compare in volto
<<Proprio di tutti?>>
Gli chiedo in tono di sfida
<<Mettimi alla prova>>
<<Dimmi quello che sai di Dafne>>
In risposta mi rivela varie informazioni su di lei di cui persino io non ero a conoscenza. Sparo allora altri nomi di persone che non conosco personalmente, ma lui è in grado di fornirmi dati più o meno dettagliati su di loro.
<<E su Cole che mi sai dire?>>
Il sorriso soddisfatto che aveva stampato in faccia scompare sostituito da uno sguardo più cupo.
<<Cosa vorresti sapere?>>
<<Ad esempio perché non ti iscriverai all'università di medicina>>
Gli domando ricordandomi della volta in cui mi disse che avrebbe voluto fare il medico
<<A volte nella vita non siamo noi a decidere>>
<<Lo so, ma su certe cose possiamo e questa è una di queste>>
Un sorriso malinconico gli sfugge dalle labbra facendomi intuire che c'è qualcos'altro dietro.
<<A meno che non te lo impedisce qualcuno>>
Dice in tono ironico, ma la cosa sembra disturbarlo e infatti serra la mascella e stringe con più forza il volante
<<Direi che questo gioco può finire qui>>
Aggiunge duro mettendo fine anche a questa conversazione.  Sorpresa da questo suo cambiamento d'umore mi chiedo cosa mi attragga di lui e perché mi ritrovo sempre ad accettare la sua compagnia, ma mentre ci penso cado in un sonno profondo, forse dovuto alla stanchezza della mattinata.
<<Siamo arrivati>>
La sua voce mi raggiunge delicata mentre sento la sua mano che mi accarezza il viso. Sollevo leggermente la testa e mi ritrovo una scia di bava uscita mentre dormivo, mi affretto a pulirmi e piena di vergogna abbasso lo sguardo. Mi aspetto che si metta a prendermi in giro e infatti si mette a ridere e la sua risata mi riempie il cuore, ma allo stesso tempo mi fa montate un po' di rabbia dentro.
<<Grazie della comprensione>>
Dico irritata aprendo lo sportello della macchina. Una volta fuori mi sorprendo nel vedere che ci troviamo nello stato giardino, uno dei parchi più famosi e belli del New Jersey.
<<Bello vero?>>
Mi chiede affiancandomi
<<Direi>>
<<Faremo una breve passeggiata>>
<<Io non sono mai venuta qui da sola e non so orientarmi>>
<<Ci sono io>>
<<Allora sì>>
Rispondo ironica
<<Se vuoi ritornare indietro vai pure>>
Mi esorta incamminandosi verso l'interno. Lo seguo senza pensarci due volte non volendo rimanere qui da sola.
<<Come mai qui?>>
<<Ci venivamo spesso io e la mia famiglia quando io e Micòl eravamo piccoli>>
Dice immergendosi nei ricordi. Lo lascio nella sua mente mentre mi prendo del tempo per assimilare la bellezza del posto.
<<E perché mi hai portata qui?>>
<<Per non farti pensare>>
Dice fermandosi e voltandosi nella mia direzione, mi arresto e intreccio il mio sguardo al suo.
<<Non...>>
Sospira prima di riprendere a parlare
<<Non so, ma averti vista in quello stato oggi...>>
Dice interrompendosi e riportando lo sguardo su di me.
Gli interessa come sto, penso mentre sorrido con il cuore.
<<Quindi, forse un pochino ti importa di me>>
Lo stuzzico avvicinandomi a lui
<<No, adesso ripartiamo>>
Dice voltandosi e incamminandosi a passo più veloce.
<<Non tutti hanno delle gambe chilometriche>>
Gli dico cercando di mantenere il suo passo.
Lui non mi degna minimamente di uno sguardo.
<<Certo che tu normale non sei. Prima fai il simpatico, poi mi zittisci, poi mi dici che ti importa di me e infine mi rieviti>>
Dico fermandomi.
<<Siamo quasi arrivati>>
<<Arrivati dove>>
Mi prende la mano cogliendomi di sorpresa e continua dritto fino a quando non ci troviamo in un punto dove gli alberi si sono fatti più fitti. Ci sediamo su un albero caduto a terra e finalmente riesco a riposarmi. Nel silenzio si odono i suoni prodotti dagli uccelli.
<<Questo è il canto dei passerotti>>
Mi spiega chiudendo gli occhi beato prima di riaprirli e fare un approfondimento su di essi. Rimango ancora una volta incantata dalla sua intelligenza e un po' lo invidio perché sembra sapere tutto. Terminato il discorso, rimaniamo in silenzio avvolti dai rumori della natura che mi permettono di rilassarmi completamente.
Dopo vari minuti di silenzio decido di ritornare a fargli domande per conoscerlo meglio e per accquietare sopratutto la mia sete di sapere.
<<Venivate spesso qui da piccoli?>>
<<Sì, quasi tutti i fine settimana. I miei genitori si sedevano da una parte e io e Micòl ci mettevamo a cercare i passerotti che ogni tanto scovavamo, mentre altre volte no. È stato un bel periodo della mia vita>>
L'ultima frase lo dice con un tono di rammarico come se i bei tempi fossero stati sostituiti da altro.
<<E ora?>>
<<E ora è già tanto se riusciamo a volerci bene>>
Annuisco non sapendo che altro dire.
<<Un tuo ricordo felice?>>
<<Ne ho tanti, credo>>
Dico immergendomi nella mia memoria nel tentativo di scovare qualcosa.
<<Uno che quando ci pensi sorridi>>
<<I viaggi con i miei genitori quando ancora avevano del tempo libero>>
Poi continuo
<<Ora sono sempre al lavoro e quindi mi tocca passare il tempo libero a casa>>
<<Vorresti viaggiare di più?>>
<<Sì, però dopo l'università. Ora devo solo studiare>>
Lui annuisce semplicemente puntando il volto verso l'alto e scrutando tra gli alberi.
<<Eccone uno>>
Dice puntando verso un punto, mi avvicino a lui e grazie a lui riesco a scorgere il passerotto. Quando l'uccello se ne va mi accorgo della vicinanza dei nostri corpi e mi volto verso di lui che mi stava già guardando. Vorrei chiedergli se la nostra è solo un'attrazione fisica o se potrebbe diventare di più e se ogni volta che ci baciamo sente le stesse cose che provo io. Non riesco a porgergli queste domande, ma almeno posso riassaporare le sue labbra e riavere la sua mano sul mio viso. Quando però sento la sua lingua dentro la mia bocca cerco di stare al ritmo e fortunatamente non combino alcun disastro. Poco dopo ci stacchiamo, lui con le labbra rosso fuoco e gli occhi che brillano, io con un cuore che non vuole saperne di calmarsi. Forse sto iniziando a riprovare la sensazione di innamorarsi dopo anni in cui il mio cuore sembrava incapace di provare una tale sentimento verso qualcuno.
<<È meglio se andiamo. Si è fatto tardi>>
Afferma a pochi centimetri dal mio viso. Annuisco e insieme ci alziamo, mi afferra la mano e con passo più calmo ci dirigiamo verso la macchina. Lui, diversamente dal solito, mi racconta alcune avventure di quando era piccolo e di come passavano il tempo lui e Micòl. Il quadro che mi dipinge sembra stonare con la persona che è ora, la quale è più riflessiva, calma e priva di eccessive dimostrazioni di quello che prova. Una volta in macchina mi accascio sul sedile felice di poter riposare i miei piedi stanchi.
<<Tieni>>
Mi dice porgendomi una busta bianca che ha appena afferrato dai sedili posteriori. Dall'interno proviene un odore buono e appena lo apro scorgo due panini con la mortadella.
<<Hai pensato a tutto>>
Dico mentre mordo il panino invitante.

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