COLE'S POV
Un'intera settimana passata ad aiutare Mirage per il test di matematica e finalmente il giorno è arrivato.
<<Spero tu sia pronta>>
Le dico guardandola dall'alto del muretto su cui sono seduto.
<<Lo spero, spero vada bene oppure, io->>
Decido di interrompere i suoi farfugliamenti posando le mie mani sulle sue.
<<Andrà bene>>
Cerco di rassicurarla mentre le mie dita accarezzano la sua mano liscia. Negli ultimi giorni ci siamo avvicinati di più e ho iniziato a cogliere alcune sfumature del suo carattere che non fanno altro che aumentare la mia attrazione per lei.
<<Che c'è, ho qualcosa in faccia?>>
Mi domanda iniziando a toccarsi le labbra. Solo ora mi rendo conto che mi ero perso a guardarla, perciò le rispondo
<<No, stai a posto>>
Il suono della campanella la fa irrigidire sul posto e proprio in quel momento veniamo raggiunti da Dafne
<<Ehi piccioncini. Scusami Cole se ti rubo la mia migliore amica che non vedo quasi più perché passa tutto il suo tempo con te>>
La risata imbarazzata di Mirage infrange l'occhiataccia che Dafne mi stava rifilando.
<<Ci vediamo dopo>>
Mi saluta Mirage prima di seguire la sua amica verso l'edificio scolastico.
<<Vedo che te e Mirage>>
<<Cosa?>>
Domando infastidito ad Alexander
<<Sei innamorato, non ti ho mai e dico mai visto stare con la stessa ragazza per così tanto tempo e non hai mai guardato nessuna come guardi lei>>
<<È arrivato l'esperto>>
Lo prendo in giro scendendo dal muretto pronto ad entrare a scuola.
<<Almeno io ho ammesso sin da subito di provare qualcosa per Micòl, mentre tu no>>
Non gli rispondo mentre ci aggiriamo per I corridoi insieme ad altri studenti. Le lezioni passano in fretta e quando arriva l'ora di matematica mi dirigo nell'aula senza perdere troppo tempo. La trovo seduta al solito banco e noto che il banco alla finestra è libero, perciò mi siedo al suo fianco.
<<Vorrei urlare, saltare e piangere allo stesso tempo>>
Si sfoga mantenendo lo sguardo davanti a sè
<<E va bene, però non ora che hai l'interrogazione>>
<<Non ora>>
Ripete meccanicamente, mentre l'insegnante insieme ad altri studenti fanno il loro ingresso nell'aula.
<<Prego sedetevi>>
Ci invita posizionando le sue cose sulla cattedra.
<<Signorina Mirage, venga pure>>
La invita il professore una volta che si è accomodato. Le stringo velocemente la mano per incoraggiarla. Mentre l'insegnante la interroga, mi perdo a guardare la sfilza di cose che mio padre mi ha inviato da controllare da non so quale parte del mondo.
Oltre a non avere una famiglia normale mi tocca svolgere dei compiti altrettanto non normali per un padre che sparisce per intere settimane senza dare spiegazioni. Non mi rendo conto di essermi perso nelle mie cose fino a quando non sento il suono della campanella e la figura di Mirage che si avvicina, sollevo lo sguardo verso di lei per vedere un sorriso raggiante e le spalle, prima sollevate per la tensione, ora rilassate.
<<Grazie>>
Mi dice rimanendo a guardarmi dalla sua posizione in piedi.
<<Tutto merito tuo>>
Le dico sentendomi patetico per come questa ragazza mi sta riducendo.
<<Andiamo a mensa?>>
Le chiedo speranzoso che accetti di venire anche questa volta, da questa settimana ad oggi, a sedersi al nostro tavolo.
<<Non sto a tavola con Arthur e gli altri da un po'>>
Mi dice continuando a mantenere il contatto visivo
<<Capito>>
Rispondo cercando di trattenere l'irritazione. Pensavo avesse deciso di abbandonare quel biondino, ma così non è stato. Mi alzo dalla mia postazione e senza aggiungere altro mi allontano.
Durante il pranzo riesco a seguire la conversazione di Alex e gli altri che passano da un argomento a un altro riuscendo al tempo stesso a finire di mangiare in poco tempo.
Finite le lezioni, decido di dirigermi nell'aula di musica che so essere vuota per suonare un pezzo qualsiasi pur di liberare la mia mente. Opto per Liszt anche se in questo momento la sua musica non rispecchia il mio umore, ma per sfogarmi aggiungo maggiore pressione sui tasti ed elimino qualsiasi forma di delicatezza.
<<Qui qualcuno è incavolato>>
La sua voce, la riconoscerei tra tante e ogni volta riesce a calmarmi. Si avvicina e, dopo essersi posizionata alle mie spalle, mi circonda in un abbraccio. Mi volto verso di lei e affondo la testa pochi centimetri al di sotto del suo petto. La sua mano che accarezza i miei capelli mi culla mentre la tempesta che ho dentro si dirada.
<<Che cosa siamo noi?>>
La domanda mi lascia di stucco tanto che sono costretto ad allontanarmi da lei per guardarla negli occhi e capire se abbia veramente pronunciato quella domanda.
Che significa cosa siamo, le vorrei chiedere, ma sarebbe una delle frasi peggiori con cui potrei risponderle. Non posso neanche dirle che non la amo e che non sono neanche innamorato di lei, ma che mi piace solo il contatto fisico con lei e la spensieratezza che è in grado di trasmettermi. Non posso neanche dirle che non ho intenzione di iniziare un qualsiasi cosa con lei per poi trascinarla nel vortice nero che è la mia vita, perciò opto per il silenzio, l'unica forma che ho imparato a pieno nella mia vita.
Noto un velo di dispiacere calare sul suo sguardo, ma passa in fretta e dice invece
<<Non ho voglia di relazioni ora, né di niente di serio, però sinceramente non ho voglia neanche di incertezze o niente di indefinito. Forse tra noi un'amicizia potrebbe funzionare>>Io, amico con lei?
Penso mentre una risata divertita mi sgorga improvvisa dalle labbra
<<Fa così ridere la cosa?>>
<<Sì perché avrò tante incertezze su quello che siamo, ma di certo amici no. Quel che provi tu per me va al di là di questo e quello che provo io con te va al di là di questo>>
Le dico prima di raccogliere le mie cose.
<<È meglio se torno a casa>>
Aggiungo infine, congedandomi e lasciandola nell'aula di musica.
Quando finalmente giungo nella mia abitazione, esausto e frastornato vengo però accolto da un silenzio inquietante. Mi dirigo cauto verso la sala e quel che vedo mi lascia spiazzato tanto che temo di svenire, ma la parte più fredda di me subentra e in breve intervengo staccando le mani di mio padre dal collo di mia sorella.
<<Che cazzo fai?>>
Urlo mentre soccorro Micòl che nell'urto è caduta a terra e tossicchia massaggiandosi il collo.
<<Questa puttana di tua sorella ha rifiutato tutti i pretendenti che le ho presentato per un comune ragazzo di scuola>>
Dice sistemandosi i polsi della camicia con una freddezza che mi ricorda perché è riuscito a sottomettere molte persone.
<<E tu>>
Prosegue puntandomi il dito contro, avvicinandosi a me e mia sorella che stringo maggiormente a me stesso come a farle da scudo da quello che dovrebbe essere un padre.
<<E tu figlio mio, si può sapere cosa hai fatto in queste settimane d'assenza? Mi è stato riferito che non sei quasi mai stato a casa e tutto il lavoro che ti ho inviato è ancora incompleto. C'entra quella ragazza vero?>>
Serro i denti per cercare di trattenere tutta la rabbia che serbo nei suoi confronti per aver osato toccare Micòl.
<<Se vengo a sapere ancora che tu e tua sorella vi perdete dietro altre persone che vi fanno distrarre dall'obiettivo principale li faccio fuori>>
Dice con una serietà tale che dubito che menta e visto le cose a cui ho assistito so che ne sarebbe capace. Esce dalla stanza lasciandoci soli, carico in braccio Micòl che porto nella sua stanza, ma con grande sforzo mi dice
<<Ho paura a rimanere sola, non mi lasciare>>
Decido allora di portarla nella mia stanza e dopo averla coperta mi soffermo a guardare i segni violacei attorno al suo collo.
<<Cazzo>>
Impreco consapevole che non ho il controllo della mia vita come ho pensato nelle ultime settimane, mio padre è sempre un passo avanti e ora è anche una minaccia concreta per mia sorella. Penso lasciandomi cadere a terra esausto.
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FATE
RomanceCosa succede se il destino è più forte di qualsiasi nostro tentativo di cambiarlo? I nostri protagonisti saranno costretti a fare i conti con la realtà dei fatti.