UN ANNO PRIMA
Stranamente la presenza esuberante e viva di Micòl non si è fatta ancora sentire; è da questa mattina, dopo scuola, che non si fa vedere, ma sarà sicuramente da Charlotte o a fare compere con le sue amiche, anche se il mio istintomi dice il contrario. Una volta al piano di sotto trovo, come sempre, Margaret ad attendermi davanti alla porta della cucina.
<<I tuoi genitori ti aspettano in sala per cenare>>
<<Di già? Sono solo le cinque e Micòl non è ancora tornata a casa>>
<<Tuo padre ha voluto così, aspetterò io Micòl>>
Annuisco semplicemente, contento di avere almeno una figura amorevole nella famiglia. Quando entro nella stanza trovo i miei genitori posizionati nei loro soliti posti, entrambi con un'aria rilassata in viso.
<<Micòl sta per arrivare>>
<<No che non lo farà, siediti>>
Aggrotto le sopracciglia spaesato non capendo la sua allusione.
<<Micòl è stata rapita dalla famiglia mafiosa degli Sveva come vendetta per aver intralciato loro nell'esportazione di armi all'estero>>
Sbianco di colpo tentando di impedire alla mia mano di tremare e alle mie emozioni di trapelare.
Perché sembrano così rilassati come se niente fosse, quando sanno benissimo di che cosa sono capaci i malavitosi; eppure parlano del rapimento di mia sorella, loro figlia, come se fosse una cosa da nulla.
<<E cosa avete intenzione di fare?>>
<<Aspetteremo domani mattina all'alba per intervenire.>>
<<Domani mattina? E Micòl come sta?>>
Chiedo nel tentativo di cogliere almeno uno straccio di preoccupazione
<<È uno strumento utile per finire quello che avevo iniziato, ci permetterà di ridurre il numero di componenti dentro la banda>>
E in quel momento ho l'ennesima prova del fatto che a lui non importa niente di Micòl, tanto che la considera uno strumento per raggiungere i suoi scopi.
<<Non provare a fare nulla o ti giuro sul mio nome che la lascio marcire assieme a loro>>
Prosegue con la sua solita pacatezza.
<<Cole, non ti preoccupare tuo padre sa cosa sta facendo>>
<<Tu non osare parlare così che a me e Micòl non hai mai mostrato un minimo di affetto e protezione da quando nostro padre è cambiato>>
La accuso sollevandomi di scatto dalla sedia ormai fuori di me e pronto ad attaccare chiunque mi si trovi davanti.
<<Cole, siediti e mangia>>
Mi ordina mio padre con sguardo severo, l'unico sguardo che conosce.
<<Oppure?>>
Lo sfido iniziando a pensare ad un modo in cui liberare mia sorella.
<<Non mi sfidare Cole, non avrei alcun problema a sacrificare tua sorella. È già tanto che invierò degli uomini a salvarla>>
Trattengo a stento tutta la rabbia che mi sta montando dentro, mentre mi prometto di non rivelare a mia sorella i reali sentimenti di nostro padre nei suoi confronti.
<<È tua figlia>>
<<Avevo solo bisogno di un figlio maschio>>
Mi siedo in silenzio capendo che sarebbe totalmente inutile continuare a insistere. Mentre ceniamo in silenzio, nella mia mente si presentano vari scenari orripilanti su quello che potrebbero star infliggendo a mia sorella, tanto che sono costretto a mandare giù a fatica la cena.
<<Buonanotte Cole, vedi di riposarti e prepara le tue valigie>>
<<Le mie valige?>>
<<Dopo che verrà liberata tua sorella uno dei miei autisti porterà te e tua madre all'aeroporto>>
<<E dove andiamo? E la scuola?>>
<<Direi che se non volete farvi ammazzare tutti sarebbe meglio sparire dalla circolazione per un po' e poi mancano solo pochi mesi alla fine>>
Aggrotto le sopracciglia contrariato osservando in cagnesco mia madre che si alza dopo poco seguendo a ruota mio padre.
<<Cole?>>
Mi volto verso Margaret che mi guarda con aria preoccupata
<<Che succede?>>
<<Hanno preso Micòl>>
Uno sguardo di terrore si impossessa della sua aria solitamente tranquilla, senza aggiungere altro la sorpasso e mi dirigo in camera mia. Mi cambio indossando dei pantaloncini e i guantoni da boxer, scendo poi nella palestra dove do sfogo a tutta la mia rabbia, frustrazione e senso di impotenza, fino a quando non riesco più a reggermi in piedi. Nonostante tutti i miei sforzi le lacrime calde solcano il mio viso ricordandomi quanto alla fine certe volte i sentimenti non si possano controllare. Erano anni, forse decenni, che non versavo una lacrima e sentire il loro calore sul mio viso mi dà una sensazione strana e nuova. Una volta che mi riprendo, risalgo in camera dove riempio la mia valigia e afferro il pacchetto di sigarette, ne sfilo una che inizio a fumare sul balcone fuori dalla mia stanza osservando assorto il fumo disperdersi nell'aria. Per sfogarmi del tutto ne fumo altre due prima di sentire la stanchezza invadermi la mente. Quando raggiungo il letto cado in un sonno pieno di incubi tanto che per le quattro sono di nuovo in piedi. Dopo essermi fatto una doccia veloce scendo al piano di sotto per vedere se qualcosa si è smosso e sono felice di vedere mio padre e alcuni dei suoi uomini all'opera.
<<Ci vediamo direttamente all'aeroporto>>
Mi saluta avviandosi verso l'esterno.
<<Cole, questa è la valigia di tua sorella>>
Mi informa Margaret avvicinandosi con un grande baule al seguito. Le ore non passano mentre vago nella casa nella speranza di ricevere qualche notizia, di mia madre nessuna traccia e non ho avuto neanche la forza di rispondere alle chiamate dei miei amici. Quando finalmente mia madre si degna di scendere è ora di salire a bordo del veicolo preparato da nostro padre.
<<Posso sapere perché non sembri preoccupata?>>
Le chiedo non capendo la freddezza totale di mia madre
<<Non ho mai voluto diventare madre, ma tuo padre ha insistito e quando siete nati, l'unica cosa che mi legava a voi era l'amore che vostro padre sembrava nutrire per voi e soprattutto per me. Dopo che, però, siete cresciuti è cambiato tutto e ora non ho più l'obbligo di darvi affetto.>>
Dice infilandosi gli occhiali da sole accentuando il suo disinteresse verso tutto ciò che sta accadendo. Un brivido mi percorre tutta la schiena e solo ora ho la conferma di tutti i miei pensieri: per i nostri genitori siamo solo degli strumenti.
Una volta in aeroporto troviamo mia sorella già ad attenderci con un braccio ingessato e diverse ferite sul viso, senza esitazione le corro incontro stringendola a me.
<<Pensavo che non ti avrei più rivisto>>
<<Cosa ti hanno fatto?>>
Le chiedo osservandola meglio
<<Non sono ancora pronta a parlarne, abbracciami e basta>>
Assecondo la sua richiesta, felice di poterla avere ancora con me.
<<Ti voglio bene Micòl>>
Le dico rendendomi conto di non averglielo detto da troppo tempo.
<<Anch'io Cole>>
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FATE
Roman d'amourCosa succede se il destino è più forte di qualsiasi nostro tentativo di cambiarlo? I nostri protagonisti saranno costretti a fare i conti con la realtà dei fatti.