MammaesmeSalvatore

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Autrice: MammaesmeSalvatore, buona fortuna!

La prima volta che la vidi, in quel frammento di fine estate, era seduta con le gambe incrociate sotto un ombrellone blu.

Dalla terrazza del bar guardavo l'orizzonte confondersi col mare. L'acqua cristallina s'increspava pigra contro la barriera corallina e la risacca non aveva voglia di raggiungere la spiaggia.

Frammenti di corallo e schegge di conchiglie rilucevano sulla spiaggia, accarezzati da un sole violento, che spandeva i suoi raggi senza il filtro di una nuvola.

Incurante di ciò che la circondava, isolata dagli auricolari infilati nelle orecchie, la ragazza sotto l'ombrellone cercava di domare la sua chioma fiammeggiante, tentando inutilmente di imbrigliare le ciocche vermiglie, che ondeggiavano al vento, con una matita. Sulle ginocchia un libro aperto, gli occhi nascosti dietro un paio di lenti scure.

Con quel suo corpo esile, i pantaloncini di felpa arrotolati e una leggera camicetta bianca a riparare la pelle diafana tipica delle rosse, sembrava una ragazzina troppo giovane per quel luogo, totalmente fuori posto, come un pesce rosso in una vasca di barracuda.

Le donne.

Avrei voluto eliminarle dalla mia esistenza ma, visto che ci dovevo convivere, le usavo prima che loro usassero me, nel modo più appagante possibile per i miei sensi ed il mio ego.

Ottenuto il mio scopo, sparivo lasciandomi dietro solo una scia di brina ghiacciata.

Tutte mi scaldavano il letto.

Nessuna riusciva a sciogliermi il cuore.

Una notte e chiuso. Chiusa la porta, chiuse le finestre.

Nessun numero di telefono o contatto facebook, nessun aggancio o fraintendimento.

Ci si divertiva e poi ognuno per la propria strada.

Tornai ad appoggiare i gomiti alla balaustra della terrazza affacciata sulla spiaggia e lo sguardo si posò ancora su quella piccola mosca bianca che sembrava rinchiusa in una bolla di vetro.

Continuava imperterrita a leggere il suo libro, battendo ritmicamente un piede, totalmente disinteressata a ciò che le accadeva intorno.

Che cosa stava leggendo di tanto interessante?

Che cosa stava ascoltando?

Perché mi facevo tutte queste domande?

Come uno spillo che buca un palloncino un'altra ragazza, con una brasiliana mozzafiato e due triangoli striminziti a coprire piccole porzioni di pelle, invase quello spazio incantato, contaminandolo.

Sopra al costume indossava una lunga camicia viola trasparente, aperta sul davanti; i capelli erano raccolti sotto un copricapo di paglia a larghe falde dello stesso colore sfacciato, unica nota un po' démodé in un'immagine da copertina di Vogue.

Voltandomi le spalle, si sedette sulla stessa sdraio della ninfa bianca, strappandole il libro dalle gambe e iniziando in discorso fatto parole enfatizzate da gesti plateali.

Le alzò la testa e rivolse lo sguardo all'ospite invadente: con un movimento che pareva irritato riprese il libro, mentre un sorriso le curvò le lebbra all'insù, rendendo la sua espressione ancora più sbarazzina. Inclinando la testa, alzò gli occhiali da sole per guardare meglio colei che le stava di fronte.

Finalmente le vidi gli occhi, anche se ero troppo lontano per indovinarne il colore. Il volto, finalmente libero da orpelli, rimandò l'immagine di una ragazzina, anche se qualcosa nel movimento della testa, nella postura delle spalle, rivelò una femminilità che non aveva nulla di adolescenziale.

Non più una bambina, non ancora una donna.

Il contrasto tra la sua semplicità e l'eleganza altezzosa di colei che le sedeva accanto era di un'evidenza quasi fastidiosa.

Ogni particolare era costruito, studiato per sedurre, e rifletteva l'immagine di una pantera sicura di sé, felina e predatrice.

Non l'avevo ancora vista in volto, ma le sue movenze rivelavano un carattere volitivo e invadente, tipico delle donne abituate a prendersi tutto ciò che vogliono, quando vogliono.

Ero certo che fosse lo stereotipo di donna che adoravo smontare, l'esemplare di femmina perfetto da spogliare di abiti e orpelli che davano quell'effimera sicurezza e di cui mi dilettavo a spargere i pezzi su un letto sfatto.

La voce di Seth, il suo accento newyorkese strascicato, richiamò la mia attenzione.

- Conosco quell'espressione: hai mirato la preda? – mi chiese, sistemandosi accanto a me a guardare lo stesso orizzonte.

- Forse: la tipa sotto il terzo ombrellone a bordo piscina sembra quasi voler sfidare la fortuna. -

- Quale? La rossa in bianco o la vamp in viola? -

- Secondo te? La piccola rossa me la mangerei come una tartina all'happy hour. Ma non la vedi? È troppo giovane, indifesa, insipida.-

- L' altra mi sembra una mantide, - osservò Brio.

- Ed io sarò il ragno che se la mangerà per cena, – lo sfidai.

- Anche l'agnellino candido non è male, - insistette evidentemente colpito da quella bellezza eterea.

- Siamo a Luglio, Pasqua è passata da un pezzo: non è il momento giusto per sacrificare gli agnelli, – lo schernii.

Con un movimento fluido, l'agnello fece scivolare le gambe alla sua destra, appoggiando i piedi sopra gli infradito.

Contemporaneamente, anche si girò anche l'altra ragazza, sistemandosi di fianco a quella che supponevo fosse una sua amica.

In perfetta sincronia, rivolsero entrambe il viso verso il sole che splendeva alle mie spalle. Strizzai gli occhi, incredulo: lo stesso viso, gli stessi lineamenti, la copia esatta dello stesso D.N.A., distorta da un trucco diverso, da una diversa acconciatura.

Era come vedere la stessa fotografia modificata con Photoshop, la medesima immagine prima e dopo un trattamento in un centro estetico.

Gemelle. Omozigote. Perfettamente uguali . Assolutamente diverse.

Non risposi e mi avvicinai alle due ragazze che avevano gli occhi ancora chiusi verso un sole che non accennava tramontare.

-Posso avere il piacere di conoscere i vostri nomi? – esordii senza preamboli.

Due paia di occhi verdi si aprirono contemporaneamente.

Due paia di occhi identici, due sguardi opposti.

Lo stesso mare tropicale: uno calmo e cristallino, l'altro in preda alla tempesta.

La stessa natura rigogliosa: un bosco accogliente, una foresta insidiosa.

Lo sguardo di due tigri: l'una fiera e indifferente, l'altra altera e aggressiva.

Imperscrutabile il primo, ammaliante il secondo.

Sentii l'adrenalina fluire nelle vene insieme al desiderio di conquista e dominio.

Da chi cominciare?

Quale sfida accettare per prima?

L'indolente disinteresse o l'ostentata provocazione?    

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