Autrice: MammaesmeSalvatore
Il suo cuore pulsava vibrando contro i timpani, facendole ronzare le orecchie.
Sentiva tangibile quell'ombra alle sue spalle strisciare contro il muro, allungarsi alla luce fredda dei lampioni.
Da quando lavorava al nuovo caso, Carla aveva la costante sensazione di essere seguita.
Girò l'angolo e si appostò dietro un bidone della spazzatura, in attesa.
Un randagio proseguì la sua camminata lenta, facendola sorridere dei suoi timori.
"Stai diventando paranoica" si rimproverò.
Uscì dal suo nascondiglio e riprese la via verso casa.
Respirando l'aria satura di afa, ripensò al dossier sulla sua scrivania, alle foto macabre che aveva dovuto osservare fin nei minimi particolari per trovare indizi che la portassero ad entrare nella mente dell'ennesimo serial killer.
Essere la profiler della omicidi di una grande metropoli era un lavoro che riservava sempre nuove sfide. Quando pensava di aver già visto di tutto, un orrore più atroce riusciva a smentirla.
Non c'era mai fine alla perversione umana.
Il "Principe azzurro" – così in centrale avevano denominato il serial killer – uccideva le proprie vittime con un pugnale che lasciava infilato in fondo al loro cuore. I cadaveri delle ragazze, tutte con i "capelli neri come l'ebano, dalle labbra rosse come il sangue e dalla pelle bianca come la neve", venivano ricomposti nei loro letti, nella classica posa della fiaba, con una rosa posta in mezzo al petto.
I pugnali erano cesellati a mano e ognuno riportava sulla lama il nome della vittima, segno che l'assassino non le sceglieva a caso.
Non c'era nessun collegamento apparente tra le quattro ragazze uccise, se non il modus operandi con cui la loro vita era stata stroncata.
Quando Carla entrò stremata nel suo appartamento, l'orologio indicava le ventidue.
Davide era steso sul divano e stava guardando la televisione.
"Vado a farmi una doccia" lo informò, senza nemmeno salutarlo.
Lui grugnì senza staccare gli occhi dal video, mentre un abile chef sfilettava un branzino con un coltello affilato.
Una volta in bagno, buttò sul pavimento i vestiti pregni dell'odore di città e s'infilò sotto la doccia fredda, lasciando che l'acqua trascinasse nello scarico le schifezze della giornata.
Avvolta nell'accappatoio, andò direttamente in camera: non aveva voglia di tornare da un uomo che non l'amava più.
Si sdraiò al buio e lasciò che la mente si liberasse dai soliti schemi per seguire vie sconosciute: sarebbe dovuta entrare nella mente di uno psicopatico e le strade della logica non conducevano in quella direzione.
Nonostante le vittime non presentassero segni di stupro, l'istinto le diceva che l'assassino non poteva che essere un uomo. Prima di pensare al "Principe azzurro", Carla aveva considerato l'ipotesi che dietro ai delitti ci potesse essere la matrigna cattiva ma il pugnale, la rosa e una certa dolcezza nel ricomporre il corpo non coincidevano con il profilo di una donna narcisista e invidiosa.
Cercò di dimenticare i volti delle ragazze e si concentrò su ogni minimo particolare che le accomunasse.
Le ragazze, tutte intorno ai venticinque anni, abitavano sole ed erano fidanzate.
Tutte avevano trovato il loro "Principe azzurro".
In quel pensiero scovò il bandolo della matassa. Si alzò di scatto e andò a prendere il suo portatile.
"Non mangi nulla?" le domandò Davide, vedendola attraversare il soggiorno nuda.
L'accappatoio era rimasto sul pavimento, i vestiti nei cassetti.
Afferrò una mela dal cesto della frutta e gliela mostrò prima di ributtarsi sul letto.
Aprì il file del caso e cercò i profili dei fidanzati: tutti belli, curatissimi e palestrati.
Davide entrò e senza preavviso si sdraiò accanto a lei.
"Hai ancora un culo bellissimo ... mi hai fatto venire voglia".
Spostò il computer e, senza gentilezza alcuna, la fece sdraiare a pancia in giù.
Le sue intenzioni erano ovvie e resero ovvia la soluzione del caso.
Quell'assalto indesiderato mise in ordine tutti i pezzi del puzzle.
Ora sapeva dove cercare, chi cercare.
Era sicura che, se avesse indagato sulla vita dei fidanzati, avrebbe scoperto la comune passione per le arti marziali.
Stessa palestra, stesso maestro d'armi, probabilmente esperto cesellatore.
Le dita di Davide si fecero audaci e andarono a scavare là, dove non gradiva essere posseduta.
L'assassino non era la regina cattiva, non era il principe.
Semplicemente il cacciatore non voleva che il principe sposasse Biancaneve.
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Concorso scrittura {ISCRIZIONI CHIUSE}
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