Autrice: Raindrops91
"Come preferisci morire?" Fu Caia Thompson a pormi quella domanda. La ragazza più dark della scuola.
Onde di capelli rosso fiamma. Pelle diafana e occhi verde trifoglio. Eravamo seduti sul pavimento della sua stanza. Sulla gonna a quadretti rossi e neri aveva adagiato una terrina piena di erbe, bergamotto e giglio, che schiacciava con un pestello.
"Stupiscimi" risposi alquanto scettico.
Mio padre era morto anni prima in un incidente stradale. Era stato l'ultima persona a cui avevo voluto bene. E quella meravigliosa fan della stregoneria mi aveva offerto il suo aiuto per contattarlo.
Tirò fuori un taglierino.
"Dammi la mano." Non protestai. Ci voleva ben altro per terrorizzarmi: ero passato da una famiglia adottiva all'altra. Un ragazzo turbolento, duro come il marmo.
Caia intagliò una mezzaluna sul mio palmo. Tre gocce di sangue colarono nella terrina.
In quel momento provai un brivido. Il mio sguardo interrogativo incrociò il suo, pregno di boria.
"Finito!" asserì improvvisamente.
"Tutto qui?" replicai. "Un po' di sangue e un paio di foglie secche?"
Lei sorrise senza rispondere.
Incazzato per quella presa in giro, me ne andai. E lei mi urlò dietro: "Stai attento a dove vai a morire."
"Fottiti!"
Sbattei l'uscio. Un corvo gracchiava sulla staccionata del macabro giardinetto. E un cielo improvvisamente plumbeo raggiunse il mio sguardo.
M'incamminai verso casa, ma ad ogni passo divenivo sempre più debole. Brancolai sul marciapiede finchè non crollai sul prato di un parco. Sentivo gli organi accartocciarsi e perdevo sangue dal naso. Ripensai alle ultime parole di Caia... Prima di allora non avevo mai creduto alla magia, ma quando chiusi gli occhi inspirando il profumo dell'erba dovetti ricredermi.
Riaprendoli, stentai a credere a quello che vedevo. Ero su una pira. E mi circondavano fiamme alte come grattacieli, alimentate da un prato simile a quello su cui m'ero accasciato.
Era la fine. E fu allora che, attraverso le fiamme, fluttuò una figura incappucciata. Puntò verso il cielo una bacchetta d'argento. Il cappuccio le scivolò di dosso e i suoi capelli rossi esplosero fuori. Era Caia.
Squarciò l'aria gridando: "Pluere corde!"
L'incantesimo provocò un acquazzone che spense l'incendio.
Quando finì, Caia mi sciolse dalla pira.
"Dove siamo?" chiesi. Ero sconvolto. Fradicio.
Lei spalancò le braccia candide sul disastro attorno a noi. "Nel tuo cuore, Tayler. Un cuore piuttosto rabbioso... Ho dovuto spegnerlo, per farti morire."
"Sono morto?" esclamai.
"Solo tecnicamente... Io sono una Portatrice. Traghetto le anime fino all'Altra Parte, e dopo che avrai trovato tuo padre, ti riporterò indietro."
Le chiesi perchè facesse questo per me.
Perché era stanca di accompagnare le anime fino alla loro rinascita, mentre la sua vita restava statica. "Ti aiuterò perché non ho nient'altro per essere felice."
E allora ebbi l'idea che stravolse il mio destino. "E se diventassi io il nuovo Portatore?" E ci scambiammo uno sguardo d'intesa: diventando il Portatore, io avrei potuto rivedere mio padre e lei avrebbe potuto rinascere e decidere del suo futuro.
Caia afferrò un carbone. Me lo lanciò. "Portalo con te. Così ricorderai questo momento, mio Prescelto." Sorrise sghemba.
Per andare via, prendemmo un treno che attraversava il cielo. Sorvolammo New York, librandoci nel notturno. Con noi, c'erano anche altre anime che andavano dall'Altra Parte e ci guardavano torvi, come se sapessero che stavamo per sconvolgere gli equilibri dell'universo.
Caia mi addestrò per dieci anni in un Harem sui monti Shildrein. Studiai i libri di magia. La meditazione. Il latino. Moderai la mia indole furente come il cuore che avevo lasciato. E divenni uomo, perché l'età dei fantasmi non si fissa con la morte, mentre lei restava sempre la stessa ragazza punk. Eppure c'era qualcosa che la turbava, tanti pensieri di cui mi teneva ben all'oscuro. Ma tutto era destinato a finire.
Ci recammo in India, sulle sponde del Gange. Caia avrebbe dovuto immergervisi e, alla sua morte, avrei ereditato i suoi poteri.
C'era una vecchia imbarcazione, provvista di un solo remo fatto d'argento.
"Si chiama Fluviente. Spetta al Portatore. Solo lui può toccarlo" disse. Poi lo brandì tra le mani e aggiunse: "Ed io non ti permetterò di farlo, Tayler... Sono troppo affezionata a te per cederti questo peso."
Ed ero pronto a farle cambiare idea, a scontrami con lei se necessario; ma accadde qualcosa: il mare iniziò ad agitarsi e dell'ombre nere, con artigli affilati, spuntarono dagli abissi. Erano Neressenze: demoni divoratori di anime, bramose della mia energia.
Grazie al Fluviente, Caia ne trafisse una che si era gettata sulla barca. Ma poi un mostro arraffò il mio piede, trascinandomi sul fondo. Gridavo bolle sott'acqua. E lei non esitò a tuffarsi. Puntò il Fluviente contro la Neressenza e ne balenò una luce accecante, che investì il nemico, distruggendolo.
La corrente ci condusse fino all'Altra Parte. Era una riva piena di conchiglie e palme ombrose, che i capelli rossi di Caia rendevano ancora più calda.
Ridevo. Le dissi: "Siamo stati grandi!" ma lei mi rivolse uno sguardo senza emozione: era stata ferita, e una scia di sangue macchiava la sabbia sotto di lei.
Ed io la strinsi a me. Sussurrò: "Non possiamo scegliere chi siamo, ma possiamo scegliere chi diventare." L'accarezzai. E il suo corpo scomparve tra le mie braccia, trasformandosi in una rosa rossa sul bagnasciuga.
Mentre la perdevo, in lontananza, vidi la figura di uomo sfumare all'orizzonte.
Da anni sono il Portatore, ma continuo a cercare quelli che amo. E quando li avrò trovati, chissà, forse farò come loro. Forse li raggiungerò anch'io.
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Concorso scrittura {ISCRIZIONI CHIUSE}
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