Emi_2808

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Autrice: Emi_2808, buona fortuna!

Per un attimo esitai. Ebbi paura, paura di non riuscire a fare quello che avrei voluto se avessi risposto. Nonostante tutto, una parte di me sapeva benissimo che non sarei stata in grado di andarmene senza averlo salutato e così portai il cellulare all'orecchio.

Lui parlava, sembrava mi stesse chiamando con forza, urlava credo, ma non riuscivo a sentirlo, a visualizzarlo lì al telefono con me e all'improvviso tutto d'un fiato glielo confessai: «Blue fa freddo ma è stupendo così. Mi sento libera ora più che mai. Dobbiamo separarci e andare ognuno avanti per la propria strada. Ormai non dovremmo più rivolgerci la parola sai? Smettila di telefonarmi». Riattaccai.

Volevo aggiungerci un «ti amo, perdonami, ricordati di me» ma non potevo dirglielo. Non doveva saperlo. Avrebbe fatto troppo male ad entrambi.

Non avevo più tempo per ripensarci. Dovevo farlo. Dovevo andarmene da qui immediatamente. Questa piccola cittadina in cui sono cresciuta mi stava opprimendo, mi stava togliendo pian piano le forze, mi stava distruggendo.

Improvvisamente, nonostante le lacrime e la pioggia che mi offuscavano la vista, riuscii ad intravedere in lontananza i fari di una macchina.

Il mio ultimo pensiero fu per lui. Meritava di più.

***

Giungiamo per puro caso durante la nostra passeggiata verso l'ignoto ad un grande parco tappezzato di alberi, cespugli, panchine e in fondo si intravedono anche i giochi per i bambini.

«Voglio andare sull'altalena! Non ci vado da quando sono piccola!» grido euforica e subito parto in corsa per raggiungerla.

Ne trovo due, ma controllando meglio noto che una di queste è rotta. Mi siedo su quella integra e dico a Blue «L'altra è rotta. Se vuoi siediti su quella panchina laggiù a riposare».

«È rotta? Pazienza, spingerò la tua e ti farò salire fino alle stelle» ridacchia.

Lo guardo torvo cercando di incenerirlo con lo sguardo. «Non ci provare».

Lui continua a ridere e si posiziona dietro di me. Dopodiché sento una mano che mi spinge delicatamente, quasi mi stesse accarezzando e al contatto mi viene subito un brivido.

«Hai freddo?».

«No. È che sono felice».

«Ah sì? Di cosa?».

«Di questo» rispondo sorridendo.

Mi guarda confuso ma non mi importa, continuo a ridere allegramente.

***

«Non mi saluti piagnucolona?» domanda con un sorriso mentre avvicina il suo viso al mio accorciando pericolosamente la distanza tra di noi.

D'istinto scatto indietro e gli lancio un'occhiataccia. «Non chiamarmi così, idiota».

«Chi è che ieri sera ha pianto peggio di una fontana? A momenti pensavo stessi per morire disidratata» ride e si porta una mano sulla pancia per continuare la sua scenetta. «Sto male al solo ricordo».

«Non sei simpatico Blue» lo fisso facendo il broncio.

Si avvicina e abbassa il viso per parlarmi all'orecchio, sussurrando: «Sei molto carina quando piangi, e anche quando non piangi ovviamente».

Avvampo immeditamente e mi sembra che l'orecchio stia per prendere fuoco.

«Idiota» riesco a rispondere semplicemente.

***

Lui mi tiene salda per le braccia e dalla mia faccia contorta in una smorfia capisce che non riesco a camminare. Si stacca dal lavandino e si posiziona di fianco a me, si abbassa e dopo avermi messo un braccio dietro le ginocchia e uno dietro la schiena, mi alza da terra in un abbraccio da 'principesse'.

«Mettimi giù Blue» urlo mentre cerco di divincolarmi. Lui, dal canto suo, non mi bada minimamente e mi porta fuori dal bagno sistemandomi sulla sedia accanto al tavolo.

«Dove ti fa male?».

«La caviglia» rispondo indicando la zona del piede dove sta iniziando a gonfiarsi.

Mi prende il piede sinistro a mia insaputa e se lo adagia sulla gamba mentre apre il tubicino di crema.

Lo osservo mentre prende più volte la crema dal tubicino e soffia sulla gonfiatura per alleviarmi il bruciore. Dopo tutte le emozioni che ho provato oggi, gli occhi mi si riempiono subito di lacrime e nonostante tutta la mia buona volontà, non riesco a trattenermi e inizio a piagnucolare come una bambina davanti a lui.

«Ehi. Cosa succede?».

«Arrivo subito» dice dirigendosi verso il bagno per lavarsi le mani.

Quando ritorna, mi solleva di nuovo dalla sedia per mettermi questa volta sul mio letto. Mi adagia piano e si siede accanto a me.

Mi abbraccia ma subito si stacca e mi guarda nervoso passandosi la mano tra i capelli. Non capisco il perché di questo improvviso cambiamento e lo guardo con occhi interrogatori.

«Sei... sei troppo sexy in accappatoio, non riesco ad abbracciarti senza resisterti» confessa in un sussurro prima di togliersi la felpa e mettermela addosso chiudendo la cerniera.

«Va già meglio» dice piano abbracciandomi di nuovo appoggiando il suo mento sulla mia testa.

«Adesso te ne andrai?» chiedo con voce roca ancora scossa da alcuni singhiozzi.

Non voglio che se ne vada, stranamente penso di avere bisogno di lui.

«No. Rimango qui» mi rassicura infilando le sue grandi mani nelle tasche della felpa per tenermi più stretta.

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